«La superstizione, che è il contrario della religione, ricerca innanzitutto la sopravvivenza e il potere mondano e riduce qualsiasi rituale a pratica utilitaristica, fatta non per onorare e imitare gli dei ma per acquistarne i favori». Fra tecnologismo e superstizione, meglio la magia di Harry Potter, di Fabrice Hadjadj
Riprendiamo da Avvenire del 14/2/2016 un articolo di Fabrice Hadjadj. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri articoli di Fabrice Hadjadj, cliccare sul tag fabrice_hadjadj.
Il Centro culturale Gli scritti (28/2/2016)
Sicuramente il “tecnologismo” attiene di più alla superstizione che alla scienza e regredisce a uno stadio precedente a quello del pensiero magico. Non sto dicendo che il “tecnologismo” non si serva della scienza. Dico precisamente che se ne serve: lungi dall'accordarle la sua libertà, riconoscerle un valore in sé e celebrare la sua gratuità contemplativa, la tiene in schiavitù con l'intento di un sostanzioso profitto. Perché, nella sue motivazioni più profonde, il “tecnologismo” non è scientifico ma superstizioso.
Secondo Cicerone infatti, la superstizione, che è il contrario della religione, ricerca innanzitutto la sopravvivenza e il potere mondano e riduce qualsiasi rituale a pratica utilitaristica, fatta non per onorare e imitare gli dei ma per acquistarne i favori…
Quanto alla magia, devo fare qui una rettifica. Per molto tempo ho creduto alla similitudine tra l'utopia tecnicista e il pensiero magico. In entrambi casi uno cerca di ottenere risultati ad effetto senza sforzo. Il jet privato e la domotica trovano il loro precursore comune nella scopa della strega che è essa stessa la negazione dell'umile scopa della casalinga. Gli Ogm imitano l'albero che cresce allo schioccare delle dita e gli avatar informatici funzionano come l'abracadabra che trasforma il principe in rospo e viceversa. Da una parte e dall'altra, dicevo, si celebra lo stesso culto dell'immediatezza contro i ritmi della natura. E per questo nutrivo grandissime riserve su Harry Potter.
Ma mi sbagliavo, per almeno quattro ragioni. La prima è che la magia, nei racconti, mantiene gli uomini a contatto con la terra in tutto il suo spessore. Si tratta sempre di raccogliere bava di rospo, coltivare la mandragola, strappare una piuma al gufo durante il plenilunio… I suoi entusiasmi si concentrano sul lupo mannaro e non sull'androide e la vera ragnatela possiede più virtù della rete web.
Seconda ragione: gli strumenti magici farebbero bella mostra in un museo dell'artigianato. Sono paioli di rame e alambicchi. La vecchia scopa di saggina, che poco sopra guardavo con sospetto, appare come uno strumento insuperabile e più degno del robot-aspirapolvere. E i colpi di bacchetta di magica non sono altro che colpi di mestolo.
Se il gusto del mago si orienta verso le vecchie pergamene indecifrabili e non verso gli ultimi gadget, è perché – terza ragione – la trasmissione del suo savoir-faire resta tradizionale. Nessuna ingegneria sovvenzionata dalle multinazionali, ma ricette della nonna, trasmesse di generazione in generazione, da tempi immemorabili.
Infine, e questa è la ragione numero quattro, lo scopo della magia rimane quello di agire su una materia esterna, su realtà molto tangibili, il piombo che si trasforma in oro per esempio. Che ingenuità, in un'epoca in cui il denaro è elettronico e ci preoccupiamo soltanto di oggetti digitali, né reali né irreali, e che ci abitano più dei fantasmi di una volta!
Alla fine di Harry Potter e la Camera dei Segreti, il bravo mago Arthur Weasley spiega a sua figlia che è stata vittima di un quaderno il quale, grazie alla magia nera, poteva entrare in comunicazione e manipolare chiunque scrivesse su di esso – cosa che oggigiorno qualunque tablet fa infinitamente meglio –: «Che cosa ti ho sempre detto? Di non fidarti mai di qualcosa capace di agire e di pensare se non vedi dove si trova il suo cervello». Questa è la dimostrazione che l'immaginario della magia è ormai più vicino al mondo contadino che a quello di Internet, e che accanto alle centrali nucleari, la pietra filosofale appare meravigliosa non per il suo potere ma perché rimane una pietra.