Crocifisso a scuola, sì o no? Presepe, sì o no? Vacanze per Natale e Pasqua, sì o no? Domenica, sì o no? Tutti al lavoro di domenica, per Natale e per Pasqua, sì o no? San Francesco a scuola solo per chi crede, sì o no? La Bibbia, Dante, Michelangelo e Caravaggio, sì o no? Il Corano per tutti, sì o no? Il 25 aprile e il 2 giugno per tutti, sì o no? Breve nota di Andrea Lonardo
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Il Centro culturale Gli scritti (10/1/2016)
Giovanni Lonardo, I re magi
Agli italiani, fino ad oggi, è sembrato giusto cessare dal lavoro la domenica. Agli italiani, fino ad ora, è sembrato giusto che i bambini venissero aiutati a fare il presepe a scuola e avessero vacanze in concomitanza con il Natale. Agli italiani, fino ad oggi, è sembrato giusto porre il crocifisso nelle classi, così come chiudere le scuole e i luoghi di lavoro per Pasqua.
Non è detto che debba essere così domani, anche se io lo spero e lo credo. Gli italiani potrebbero trasformare questo quadro culturale e a tutt’oggi legislativo con un futuro referendum abrogativo della domenica o anche eleggendo un governo che voglia modificare il ritmo settimanale che contempla il lavoro e il riposo domenicale. Così come potrebbe essere varata una legge che modifichi gli articoli che prevedono la presenza del crocifisso in classe. Può farlo l’elettorato italiano, mentre non può farlo il Parlamento europeo la cui corte si è pronunciata contro un intervento europeo in questioni del genere che sono demandate ai singoli stati (cfr. su questo La sentenza della Corte europea sul crocifisso. Una scelta laica per la libertà religiosa, di Emanuele Rizzardi).
Per questo è bene fermarsi a riflettere su cosa potrebbe essere giusto o ingiusto domani, proprio perché tutti dobbiamo sapere che il nostro Parlamento potrebbe un giorno decidere leggi diverse, potrebbe pronunciarsi anche per leggi ingiuste e inadeguate o, al contrario, migliorare l’assetto esistente.
Che ci sia un crocifisso nelle aule della scuola statale non lo ha deciso la Chiesa, bensì il Risorgimento e più precisamente Cavour con una legge del 1860 (cfr. su questo E Cavour mise la croce in classe, di Giuseppe Dalla Torre). Ora ciò che ha decretato il Risorgimento è legge, ma ogni legge poteva essere modificata con iter parlamentare.
Al momento della nascita della Repubblica italiana, subito dopo la seconda guerra mondiale, furono i leader dei partiti di massa, invece, a confermare le scelte del Risorgimento. De Gasperi e Togliatti, ma anche Dossetti, La Pira e tanti altri, si trovarono davanti ad una nuova decisione sul tema e confermarono le scelte risorgimentali.
Ancora una volta, il fatto che così sia stato deciso negli anni della Costituente non vuol dire necessariamente che ciò debba permanere come se fosse un dato eterno ed ineluttabile.
Si potrebbe, ad esempio, giungere ad un momento nel quale qualcuno ritenga giusto proporre, avendo una maggioranza parlamentare, che sia meglio che gli italiani vivano il giorno di riposo lavorativo al venerdì. Può darsi che ci sia chi chieda che una mezzaluna sia posta sui portoni delle nostre scuole. Oppure che ci sia chi un giorno, sempre avendo una maggioranza alle spalle, decida che qualsiasi religione deve essere irrisa nei libri di testo.
Ma può darsi ancora che qualcuno decida che sia meglio avere un calendario con il giorno festivo alla domenica in una prima settimana, la settimana successiva al sabato, quella successiva ancora al venerdì e la quarta settimana al martedì per ricordare che c’è chi non è credente. Questo non è deciso a priori, perché le nazioni evolvono.
Può darsi ancora che qualcuno, sempre avendo un giorno la maggioranza, decida di reimpostare il mese in tre decadi, rompendo il ciclo settimanale, in maniera da avere il riposo solo ogni dieci giorno e non ogni sette – l’abolizione della settimana e l’introduzione delle decadi iniziò nel 1797 e fu imposta a forza dai rivoluzionari francesi giunti in Italia.
Può darsi che un giorno una nuova maggioranza decida di sopprimere la festività del 25 aprile e a maggioranza decida che sia festa la ricorrenza del giorno in cui Berlusconi “scese in campo” o Beppe Grillo fondò il suo partito-movimento o Renzi vinse le primarie del PD. In democrazia tutto è possibile, ma deve avvenire per via democratica ed istituzionale.
Può darsi che una nuova maggioranza di italiani decida nel 2035 di festeggiare Id al-adha (la festa islamica del sacrificio nella quale ancora oggi ogni famiglia musulmana sacrifica un animale per ricordare che Dio salvò Ismaele, secondo la tradizione musulmana, quando Abramo lo portò sul monte per il sacrificio al posto di Isacco) al posto del Natale.
O può darsi che si decida di chiedere ai bambini di vivere il digiuno nelle ore del Ramadan, privilegiando questa ricorrenza alle feste per Pasqua.
Questo elenco di possibilità è tutt’altro che accademico: questa rosa di possibilità è sempre aperta in uno stato democratico che deve stabilire quando si svolgeranno le vacanze per la popolazione e perché dare risalto ad alcune e non ad altre. Una scelta è necessaria, perché non si può fare vacanza sia il venerdì , sia il sabato, sia la domenica, sia il martedì.
Novità di questo tipo non possono essere negate a priori in una società democratica: se i riferimenti della maggioranza della popolazione italiana si dovessero modificare nei decenni, ci saranno cambiamenti. Ma, allo stesso modo, in un paese oggi islamico si potrebbe giungere a rendere il Natale una festa celebrata a scuola se evolvesse il sentire della nazione. Questa è la serietà della storia: è affidato alla libertà degli uomini di trasmettere o meno il passato che li ha costituiti.
Allo stato attuale delle cose, comunque, gli italiani ritengono che sia bene che i bambini italiani facciano vacanza di domenica, costruiscano il presepe, e vivano le loro vacanze a Natale.
Gli italiani, in grande maggioranza, ritengano che ciò sia giusto. Lo ritengono giusto non solo perché sanno che la maggioranza delle famiglie celebra il Natale e battezza i propri bambini, ma anche perché ritengono che anche i bambini non credenti possano comunque imparare dal Natale e dalla piccolezza del Bambino Gesù realtà preziose come l’accoglienza, l’umiltà, la povertà, la sobrietà, la carità. Molti genitori non credenti ritengono che il Natale sia comunque prezioso nella formazione alla vita dei loro bambini e, come si è sentito in questi giorni, anche molte famiglie musulmane chiedono che a scuola si festeggi il Natale.
La maggioranza degli italiani ritiene che quel Gesù - il Bambino posto nel presepe e poi la vittima innocente sulla - sia una garanzia di libertà, una risorsa contro il male e contro la violenza, una speranza che illumina anche chi è confuso e non ritiene di credere.
È per questo che il crocifisso nelle classi e nei tribunali è stato difeso anche da persone non cristiane come Marco Travaglio o Natalia Ginzburg.
Io sono contento che così la pensino gli italiani e credo profondamente che abbiano ragione. La domenica, il Natale, il Presepe e il crocifisso sono segni estremamente significativi che nutrono chi crede e chi non crede.
Per questo io capisco gli italiani, credenti e non credenti, che ritengono che sia giusto che la domenica sia giorno di riposo. Capisco gli italiani, credenti e non credenti, che ritengono sia meglio avere le vacanze a Natale e, quindi, parlare del Natale a scuola. Capisco gli italiani, credenti e non credenti, che ritengono che il crocifisso porga una visione diversa della vita che benefica tutti.
Alla scuola spetterà, fino ad una nuova eventuale legislazione, di presentare con passione ciò che lo stato chiede per legge che sia presentato, senza mai obbligare nessuno a credere, ma facendo piuttosto cultura ed operando al contempo per un lavoro inter-culturale (cfr. su questo alcune note sull’inter-cultura al link Scuola ed inter-cultura: il posto della dimensione religiosa. Tre testi di Filippo Morlacchi, Andrea Lonardo e della Congregazione per l'Educazione Cattolica).
Chi ritiene, invece, che la legislazione debba evolvere, elabori un progetto sulle festività da celebrare, sulla riforma della settimana e sui simboli religiosi e lo sottoponga alla nazione per ottenere la maggioranza dei consensi.