1/ «“Nella coscienza scientifica contemporanea rimane profondamente radicata un'idealizzazione della scienza come forma superiore di attività”. Il pericoloso compiacimento di quest'idea è messo in evidenza dalla storia della scienza tedesca sotto il nazismo. Dovrebbe risultare ovvio persino da un'analisi affrettata dell'argomento che l'impostazione razionale non ha dato qui alcun vantaggio. Mentre varie figure religiose, scrittori, artisti, industriali e politici si opposero con forza al regime nazista correndo grandi rischi e a volte pagando con la vita, non ci fu niente di paragonabile nelle scienze». Philip Ball dinanzi a Peter Debye, Max Planck e Werner Heisenberg. Breve nota di Andrea Lonardo 2/ Wernher von Braun e l’operazione Paperclip. Dalle V2 al Saturno V. Breve nota di Andrea Lonardo
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1/ «“Nella coscienza scientifica contemporanea rimane profondamente radicata un'idealizzazione della scienza come forma superiore di attività”. Il pericoloso compiacimento di quest'idea è messo in evidenza dalla storia della scienza tedesca sotto il nazismo. Dovrebbe risultare ovvio persino da un'analisi affrettata dell'argomento che l'impostazione razionale non ha dato qui alcun vantaggio. Mentre varie figure religiose, scrittori, artisti, industriali e politici si opposero con forza al regime nazista correndo grandi rischi e a volte pagando con la vita, non ci fu niente di paragonabile nelle scienze». Philip Ball dinanzi a Peter Debye, Max Planck e Werner Heisenberg. Breve nota di Andrea Lonardo
Per approfondimenti, cfr. la sezione Scienza e fede.
Il Centro culturale Gli scritti (27/1/2016)
«“Nella coscienza scientifica contemporanea rimane profondamente radicata un'idealizzazione della scienza come forma superiore di attività”. Il pericoloso compiacimento di quest'idea è messo in evidenza dalla storia della scienza tedesca sotto il nazismo. Dovrebbe risultare ovvio persino da un'analisi affrettata dell'argomento che l'impostazione razionale e impersonale necessaria in ambito scientifico non ha dato qui alcun vantaggio per quanto riguarda la morale. Anzi, il comportamento dei fisici tedeschi negli anni Trenta mostra che la situazione è potenzialmente anche peggiore. Mentre varie figure religiose, scrittori, artisti, industriali e politici si opposero con forza al regime nazista correndo grandi rischi e a volte pagando con la vita, non ci fu niente di paragonabile nelle scienze».
Così scrive Philip Ball nel suo studio Al servizio del Reich. Come la fisica vendette l’anima a Hitler[1]. Il suo intento non è, ovviamente, di demonizzare la scienza, ma molto più semplicemente di mostrare che la responsabilità morale è una dimensione diversa dal rigore scientifico e dall’adesione ai metodi razionali propri della ricerca chimica e fisica.
Ball studia il percorso scientifico e politico di Debye, Planck e Heisenberg:
«Le tre figure approfondite in questo libro, […] gettano luce, nei punti in comune e nelle differenze, sui vari modi in cui la maggioranza degli scienziati (e dei cittadini in genere) situata nella zona grigia tra complicità e resistenza si adeguò al regime nazista. E proprio perché Peter Debye, Max Planck e Werner Heisenberg non furono né eroi né malfattori che le loro storie sono istruttive, sia sullo stato delle cose nel Terzo Reich che più in generale sul rapporto tra scienza e politica. I ruoli di Planck e di Heisenberg sono stati esaminati dagli storici in modo particolareggiato, mentre in passato Debye veniva considerato una figura minore e quasi accessoria, ed è proprio per questo che il recente scoppio del caso Debye è significativo. Eppure, nonostante l'enorme mole di studi sulla comunità fisica tedesca sotto il nazismo, gli storici sono ancora in dissenso profondo e acceso sul verdetto da darne.
Nelle situazioni e decisioni ben diverse di Debye, Planck e Heisenberg possiamo trovare un contesto in cui affrontare la questione. Le vite di questi tre uomini si incrociarono e interagirono in molti modi. Debye e Heisenberg ebbero lo stesso mentore e lavorarono fianco a fianco a Lipsia all'inizio degli anni Trenta. Planck incoraggiò entrambi, e loro lo videro come una figura paterna e un faro morale. Debye insistette, contro la volontà dei nazisti, perché si intitolasse a Planck l'istituto di fisica che presiedeva a Berlino. Quando Debye partì per gli Stati Uniti dopo lo scoppio della guerra, gli succedette Heisenberg.
Questi uomini ebbero personalità molto diverse. È chiaro che nessuno di loro fu entusiasta del regime hitleriano, eppure furono in posizioni di preminenza nella scienza tedesca - come organizzatori, come studiosi e come ispiratori - e ognuno svolse un ruolo importante nell'impostare il tono della reazione della comunità fisica al nazismo. Tutti e tre servirono il Reich tedesco, sia prima che durante il nazismo, e anche se non è la stessa cosa che servire Hitler, e tanto meno accettarne l'ideologia, nessuno di loro sembra aver vagliato con cura se e quale fosse la differenza. Planck era un conservatore tradizionalista, un esponente della vecchia élite guglielmina che si considerava depositaria della cultura tedesca. Era composta da patrioti, sicuri della propria posizione all'interno della società e consci che il loro primo dovere era di servire con obbedienza lo Stato. Heisenberg condivideva il patriottismo e il senso del dovere civico di Planck, ma non i presupposti sui codici della tradizione. Riteneva che la speranza di rinascita dello spirito tedesco dopo l'umiliazione della Prima guerra mondiale sarebbe venuta da un movimento giovanile che esaltava un attaccamento romantico alla natura e al cameratismo e un approccio schietto ai problemi filosofici. Così come non ebbe scrupoli a impostare la rivoluzionaria teoria quantistica, che Planck aveva contribuito con riluttanza ad avviare, sino a farne una visione del mondo che metteva in dubbio tutto ciò che l'aveva preceduta, Heisenberg non sentiva una particolare devozione al conservatorismo della cultura prussiana. E Debye era l'esterno, colui che si costruì una carriera insigne in Germania pur rifiutando costantemente la cittadinanza tedesca. Di fronte alle interferenze e alle pretese dei nazisti, Planck si affliggeva e tergiversava. Heisenberg cercava l'approvazione ufficiale ma al contempo rifiutava di ammettere le conseguenze dei suoi compromessi. Debye è da molti punti di vista il più ambiguo dei tre, non perché fosse il più astuto, ma forse proprio perché era un uomo più semplice, meno riflessivo: lo «scienziato con la S maiuscola», veramente «apolitico», nel bene e nel male, per quanto riguardava la sua devozione alla ricerca.
I casi di questi tre uomini hanno molto da dirci sui fattori che spiegano lo strapotere dello Stato nazista. Un regime del genere è reso possibile non dal fatto che si sia impossibilitati a prevenirlo, ma che non si intraprendono azioni concrete - e anzi neppure se ne percepisce il bisogno - finché non è troppo tardi. E per questo che nel giudicare Planck, Heisenberg e Debye non interessa se il curriculum di un personaggio sia sufficientemente «pulito» da fargli meritare medaglie, ritratti ufficiali e l'intitolazione di strade. Il problema è se riusciamo a capire a sufficienza le nostre stesse forze e vulnerabilità morali. Come scrisse Hans Bernd Gisevius, funzionario pubblico sotto Hitler e membro della Resistenza tedesca:
“Una delle lezioni fondamentali che dobbiamo trarre dal disastro tedesco è la facilità con cui le persone possono farsi risucchiare nel pantano dell'inazione; basta che, come individui, si lascino prendere dal sentirsi più furbi degli altri, dall'opportunismo o dalla codardia, e sono perduti irrimediabilmente”[2]»[3].
Solo per ricordare quanto siano stati importanti i fisici in questione basti ricordare che fu Heisenberg ad enunciare il fondamentale Principio di indeterminazione, che afferma - sia detto semplificando - che non è possibile conoscere contemporaneamente con precisione la velocità e la posizione di una particella. Durante la seconda guerra mondiale fu a capo della sezione civile dell'avanzatissimo programma nucleare nazista. Il timore che i nazisti riuscissero a costruire la bomba fu il motivo principale per il quale gli alleati misero in piedi il Progetto Manhattan, realizzandola loro con gli effetti devastanti che ne seguirono[4].
Nella conclusione al volume Ball sottolinea come il legittimo desiderio di dedicarsi in maniera “neutrale” alla ricerca scientifica abbia esposto gli scienziati tedeschi del periodo nazista alla tentazione di non opporsi al disegno politico del Reich:
«Lo storico della scienza Joseph Haberer concludeva nel 1969: “Nella coscienza scientifica contemporanea rimane profondamente radicata un'idealizzazione della scienza come forma superiore di attività”[5], La stessa affermazione si può tranquillamente formulare anche oggi.
Il pericoloso compiacimento di quest'idea è messo in evidenza dalla storia della scienza tedesca sotto il nazionalsocialismo. Dovrebbe risultare ovvio persino da un'analisi affrettata dell'argomento che l'impostazione razionale e impersonale necessaria in ambito scientifico non ha dato qui alcun vantaggio per quanto riguarda la morale. Anzi, il comportamento dei fisici tedeschi negli anni Trenta mostra che la situazione è potenzialmente anche peggiore. Mentre varie figure religiose, scrittori, artisti, industriali e politici si opposero con forza al regime nazista correndo grandi rischi e a volte pagando con la vita, non ci fu niente di paragonabile nelle scienze.
E ciò, nel complesso, non avvenne perché gli scienziati provassero simpatia per il regime, anche se come molti progressisti del ceto medio inizialmente potrebbero averne condiviso alcuni dei principi generali, come il nazionalismo, una guida e una politica estera forti e una riduzione dell'influenza degli ebrei nella vita pubblica. In ogni caso il fatto che gli scienziati definirono come aberranti, mediocri o pazzi i colleghi che sostennero con convinzione il Terzo Reich va visto come tentativo di “ripulire” la professione scientifica da una contaminazione ideologica. Ma come ha scritto Haberer:
“...La vera questione è come sia possibile che uomini con una formazione scientifica, come Lenard e Stark, potessero diventare nazionalsocialisti fanatici. Se anche i premi Nobel possono venire infettati così, che protezione danno la cultura e la pratica scientifiche contro gli eccessi di una condotta personale, economica, sociale o politica irrazionale? La maggior parte degli scienziati tendeva a dar per scontato che fossero loro (più di qualsiasi altra professione) a seguire la via del comportamento razionale, disinteressato e addirittura umanitario. I fatti dimostrano sempre più che gli scienziati nel complesso non sono più immuni degli altri ai mali dell'uomo politico”[6].
Qui non diciamo solo che gli scienziati, da un punto di vista morale, non sono meglio di tutti gli altri, conclusione che non dovrebbe sorprendere nessuno, nonostante le illusioni di alcuni di loro che la ragione e la virtù morale vadano mano nella mano. Infatti, anche se Stark e Lenard erano effettivamente in minoranza, molti scienziati trovarono nella propria professione una giustificazione per evitare i problemi riguardanti la giustizia sociale e la probità: il loro unico dovere era nei confronti della propria disciplina. Quindi, fa capire Haberer, oltre a non esserci un motivo per aspettarsi che le scienze siano più dotate di principi rigorosi di altre aree dell'agire umano, è possibile che lo siano di meno. Ha scritto di recente un gruppo di storici:
“Che sostengano o no il regime, la maggior parte degli scienziati, o per dirla forse meglio, delle comunità scientifiche farà tutto quello che deve pur di potersi dedicare alla scienza”[7].
Ciò nonostante le scienze hanno effettivamente una tradizione progressista. Oggi gli scienziati di quasi tutte le nazionalità tendono a essere più internazionalisti, più tolleranti, più di sinistra e tendenti verso il progresso rispetto a uno spaccato della società di cui fanno parte. Ma ciò è probabilmente dovuto più alla cultura evolutasi nelle scienze dopo la guerra, e tra le classi più istruite in generale, che alla preparazione scientifica di per sé. Analogamente, furono la formazione e la pratica professionale dei fisici tedeschi, non la scienza di cui si occupavano, a determinare le loro reazioni al regime nazista: il loro conservatorismo, patriottismo e senso del dovere»[8].
Ball conclude ricordando che per opporsi al male occorre coraggio morale, poiché si può restare confinati nel campo della ricerca e decidere di non venire allo scoperto nell’affrontare la storia:
«La lezione non è che i fisici tedeschi, nel loro insieme, non contrapposero un'opposizione sufficiente a Hitler. Questa è una conclusione difficile da negare, ma bisognerebbe essere molto coraggiosi per dichiarare senza esitazione che ci saremmo comportati meglio, ci saremmo mostrati più assennati, avremmo osato di più, avremmo avuto una visione più nitida di dove portavano le nostre decisioni. Anziché limitarsi ad accusarli di essere in difetto dal punto di vista morale, Haberer traccia un giudizio più valido e molto più generale:
“Il fallimento degli scienziati risiede nella loro ottusità morale, nella loro incapacità di definire, delineare o anche solo riconoscere la natura del problema della responsabilità. Tipicamente la responsabilità venne riconosciuta solo nel senso più ristretto. Gli scienziati accettavano benissimo di essere ritenuti responsabili per la qualità del loro lavoro scientifico; o, quando ricoprivano posizioni amministrative, per il loro lavoro in termini di responsabilità formali connesse alla loro posizione. Al di là di questa responsabilità metodologica e burocratica, almeno fino a tempi molto recenti, gli scienziati non si sono avventurati”[9].
Io non giudico Debye, Planck e neppure Heisenberg severamente come fanno altri. Ma è davvero molto difficile assolverli dal fallimento che descrive qui Haberer. Da questo punto di vista furono rappresentativi della maggior parte degli scienziati del loro tempo»[10].
2/ Wernher von Braun e l’operazione Paperclip. Dalle V2 al Saturno V. Breve nota di Andrea Lonardo (con documentazione da Wikipedia)
Il Centro culturale Gli scritti (27/1/2016)
Gruppo di 104 scienziati tedeschi a Fort Bliss in texas nel 1946, fra i quali Wernher von Braun, Ludwig Roth e Arthur Rudolph. Immagine catalogata da uno dei centri della National Aeronautics and Space Administration (NASA) degli Stati Uniti d'America con il Photo ID: NIX MSFC-8915531 ET Alternate ID: MIX 840 e disponibile nel pubblico dominio negli Stati Uniti d'America poiché opera del Governo Federale degli Stati Uniti secondo i termini del titolo 17, capitolo 1, sezione 105 del Codice USA. Nel nostro caso è stata ripresa da Wikipedia. |
L'Operazione Paperclip (anche conosciuta come Progetto Paperclip - il termine inglese "paperclip" equivale all’italiano "graffetta") era il nome in codice di un'operazione dell'Office of Strategic Services (OSS) statunitense. Essa aveva come fine il reclutamento di scienziati tedeschi dalla Germania nazista, nelle fasi finali della seconda guerra mondiale.
L'operazione, secondo il governo USA, fu avviata anche al fine di evitare che le conoscenze scientifiche naziste finissero nelle mani dell'Unione Sovietica: ebbe inizio nel novembre 1945 e consistette nell'importazione di ex-nazisti, circa 2.000 fra scienziati tedeschi e loro familiari.
Il Presidente Harry Truman autorizzò l'operazione a patto che gli scienziati non fossero stati sostenitori attivi del militarismo nazista. In molti casi, però, il servizio creato appositamente per gestire l'operazione il Joint Intelligence Objectives Agency, (JIOA) - una branca del Joint Intelligence Committee (JIC) - modificò i curriculum degli scienziati per permetterne il reclutamento. Le nuove identità degli scienziati venivano allegate ai fascicoli con delle graffette, da cui il nome dell'operazione.
Tra gli scienziati protagonisti della vicenda figurarono Rudi Beichel, Otto Hirschler, Hermann H. Kurzweg, Gerhard Reisig, Werner Rosinski, Wernher von Braun, Walter Dornberger e Arthur Rudolph per quanto riguarda la missilistica; Alexander Lippisch, Hans Multhopp, Hans von Ohain e Kurt Tank per l'aeronautica; Kurt Blome (che però contravveniva alla regola di Truman, avendo commesso crimini nazisti ed essendo imputato al processo ai dottori); Hans Hollmann per l'elettronica e Reinhard Gehlen per i servizi di intelligence (anche lui, ex nazista e generalmajor della Wehrmacht). Per quanto riguarda il settore della medicina, armi biologiche e chimiche, Hans Antmann, Kurt Blome, Erich Traub, Walter Schreiber e Hubertus Strughold.
Non tutti i dati dell’Operazione Paper clip sono a tutt’oggi noti, poiché si trattò di un’operazione di Intelligence. Il caso più noto è quello degli scienziati che lavoravano alla stazione missilistica di Peenemünde e a Nordhausen.
Da Peenemünde venivano lanciate le V2 contro Londra ed altre città dell’Inghilterra e le operazioni erano dirette da Wernher von Braun. Molti scienziati di Peenemünde erano impauriti dai sovietici e temevano processi o rappresaglie da parte dei britannici (le cui città avevano subito il maggior numero di attacchi con i missili). Così, salendo su un treno munito di documenti falsi, von Braun condusse 500 persone attraverso la Germania distrutta dalla guerra perché l’intero staff scientifico si consegnasse invece agli statunitensi, ritenendo, come di fatto avvenne, che il loro trattamento sarebbe stato migliore.
Von Braun riuscì nell’operazione. Negli USA divenne poi il “padre” del Saturno V, il vettore missilistico che portò, con la missione Apollo 11, l’uomo sulla luna.
Note al testo
[1] Ball P., Al servizio del Reich. Come la fisica vendette l’anima a Hitler, Einaudi, Torino, 2015, p. 260.
[2] H.B. Gisevius, 'Valkyrie': An Insider's Account of the Plot to Kill Hitler, Da Capo, Philadelphia 2009, p. 246 (l'ed.: To the Bitter End, Da Capo, Cambridge [Mass.] 1947).
[3] Ball P., Al servizio del Reich. Come la fisica vendette l’anima a Hitler, Einaudi, Torino, 2015, pp. 6-8.
[4] Di questa breve sintesi su Werner Karl Heisenberg sono debitore a Giovanni Lonardo che ha scritto anche, nell’anniversario del grande fisico su FB: «Da quanto sopra enunciato consegue che: non puoi conoscere contemporaneamente l'Intelligenza (I) di un Essere Umano e le sue Qualità Morali (QM), il manifestarsi di I e di QM è piuttosto rimesso al Gioco del Caso. Da cui consegue che: 1) un essere umano intelligente è più pericoloso di un essere umano stupido. E che 2) la storia della razza umana è la storia di un branco di idioti a cui i rari esemplari intelligenti mettono in mano armi potentissime».
[5] Haberer, Politcs cit., p. 2.
[6] Ibid., pp. 152-153.
[7] M. Walker (a cura di), Science and Ideology: A Comparative History, Routledge, London 2003, pp. 59-60.
[8] Ball P., Al servizio del Reich. Come la fisica vendette l’anima a Hitler, Einaudi, Torino, 2015, pp. 260-262.
[9] Haberer, Politcs cit., p. 311.
[10] Ball P., Al servizio del Reich. Come la fisica vendette l’anima a Hitler, Einaudi, Torino, 2015, p. 267.