L'importanza di saper riposare, di Carlo De Marchi
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Riprendiamo dal sito dell’Opus Dei un articolo di don Carlo De Marchi pubblicato il 18/11/2015. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (20/12/2015)
“Non ho mai tempo per leggere. Quando ho tempo, non ho voglia. E quando ho tempo e voglia, ho mal di testa”. Molti di noi si ritrovano in questo sfogo anche quando pensano al tempo che vorrebbero dedicare ai famigliari, agli amici, alla preghiera. Figuriamoci se ho il tempo di riposare!
Proprio per questo è urgente pensare al riposo. Non è un problema da rimandare al fine settimana o alle vacanze estive. Dante ha scritto la Divina Commedia soltanto dopo essersi “riposato de la lunga via”. Perché il riposo fa parte del lavoro, dell’insieme delle “cose da fare”. Se pensiamo che sia una questione da relegare ai ritagli di tempo finisce che non riposiamo mai. E meno riposiamo più sentiamo il bisogno di farlo, e viviamo un circolo vizioso che ci appesantisce sempre più.
“Com’è difficile imparare a riposare!”, dice Papa Francesco ai sacerdoti di Roma. Magari i preti hanno un problema speciale a riposarsi la domenica, ma in realtà tutti coloro che hanno un lavoro intenso e tante responsabilità devono fare i conti con “la tentazione di riposare in un modo qualunque, come se il riposo – continua il Papa – non fosse una cosa di Dio”.
La prima scoperta è proprio questa: Dio è interessato al mio riposo e non soltanto al mio lavoro e ai risultati che ottengo. Se il Signore ha dedicato a riposarsi un settimo del tempo necessario per creare l’universo, figuriamoci se noi creature non siamo chiamati a dare spazio al riposo. Uno spazio reale e misurabile.
Siamo forse un po’ titubanti a lasciar entrare Dio nel nostro riposo. Ma se lo facciamo cambia tutto: “non perdiamo il nostro tempo libero se lo offriamo a Dio. Se Dio entra nel nostro tempo, tutto il tempo diventa più grande, più ampio, più ricco” (Benedetto XVI). È rivoluzionario pensare al tempo che trascorro con Dio, alla preghiera, come tempo libero. Non una “cosa in più da fare” ma un tempo che mi riposa e mi libera.
Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’, dice il Signore agli Apostoli appena tornati da un periodo intenso di lavoro. Non si rivolge a un individuo isolato. Venite, non “vieni tu da solo”. Ancora meno “riposati da solo”, magari chiuso in camera tua a vedere una serie televisiva. Come a dire che il mio riposo ha sempre a che fare con gli altri (e se proprio vuoi vedere The Walking Dead, fallo con qualcuno!).
La seconda scoperta è che ci si riposa nelle relazioni con le persone che abbiamo intorno. Il riposo va cercato in famiglia, al lavoro, in giro. Spesso bisogna imparare ad accontentarsi di momenti brevi e non ideali, senza aspettare di stare insieme un pomeriggio intero, cosa improbabile per un professionista, per un genitore, per qualsiasi persona impegnata. Una colazione rapida la mattina presto, una telefonata, un caffè, un momento di gioco con un figlio, una piccola sorpresa che fa piacere a un amico.
“La conversazione è la cosa più umana e umanizzante che possiamo fare”, dice Sherry Turkle. E forse anche la più riposante. E un grande nemico della conversazione è l’intermittenza, le continue interruzioni delle mille notifiche che ci assediano e che ci rendono difficile stare davvero con le persone che abbiamo accanto.
C’è almeno un’altra scoperta: esiste un riposo compatibile con i nostri andirivieni quotidiani, con le continue interruzioni e con il multitasking al quale spesso siamo obbligati. Si tratta di imparare a godersi alcuni brevi momenti di contemplazione “nel bel mezzo della strada”, come dice san Josemaría Escrivá. Cercare la presenza di Dio nella realtà che ci circonda, rivolgendo al Creatore un pensiero di gratitudine, di lode, di richiesta di aiuto, di semplice saluto mentre facciamo le cose e non solo in una pausa prima o dopo. Questo sguardo contemplativo può essere decisivo per riconciliarsi con il lavoro, con la famiglia, con se stessi (e con l’agenda spesso strapiena). E per scoprire che ogni situazione può essere vista con un po’ di amore. Perché in definitiva “solo l’amore dà riposo. Ciò che non si ama, stanca male, e alla lunga stanca peggio” (Papa Francesco).
Gesù vuole prendersi cura della mia stanchezza: venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi. Non vuole offrirmi soltanto un sollievo momentaneo. Infatti aggiunge: troverete ristoro per la vostra vita. Vuole farmi vedere che il carico che porto nella mia settimana è più leggero di quello che a volte mi sembra, se lo porto con Lui. Se mi riposo in Dio e nelle persone che Dio mi mette accanto, tutto diventerà più vivibile.
Probabilmente sant’Agostino voleva dire anche questo scrivendo: “Ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.