1/ I jihadisti, con i loro attacchi, cercano di distruggere i due laboratori arabi di pluralismo, di Camille Eid 2/ Orrore Is. Iraq, 80 corpi di donne in fosse a Sinjar
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1/ I jihadisti, con i loro attacchi, cercano di distruggere i due laboratori arabi di pluralismo, di Camille Eid
Riprendiamo da Avvenire del 15/11/2015 un articolo di Camille Eid. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sotto-sezione Islam, nella sezione Cristianesimo, ecumenismo e religioni.
Il Centro culturale Gli scritti (15/11/2015)
Non c’è solo la Francia nel mirino del sedicente Stato islamico (is). Negli ultimi giorni, due nazioni sono state nuovamente colpite dall’aggressività terroristica: la Tunisia e il Libano. Due modelli, anzi, due importanti laboratori arabi di valori internazionalmente riconosciuti: laicità rispettosa delle identità religiose, pluralismo politico, libertà di opinione e pari dignità e diritti per l’uomo e la donna. Quanto di più abominevole possa esistere per i fautori dell’ideologia jihadista.
Di tutti i Paesi che hanno conosciuto la cosiddetta Primavera araba, la Tunisia è l’unica a oggi ad aver compiuto tutti i principali passaggi democratici per rinnovare le proprie fondamenta. E ciò senza cadere nell’abisso della guerra civile. Qui il partito islamico Ennahda, pur essendo emanazione locale dei Fratelli musulmani, ha capito che in una democrazia talvolta si vince e talvolta si perde, e non ha rovesciato il tavolo come hanno fatto i suoi colleghi egiziani.
Eppure, il seme del pluralismo politico non è stato sufficiente per frenare la follia estremista. Anzi, il laboratorio tunisino è più che mai nel mirino. L’ultimo exploit di violenza risale solo a venerdì, quando un gruppo di terroristi ha ucciso un giovane pastore sedicenne nei pressi del monte Mghilla e ha poi ordinato a un altro giovane pastore che l’accompagnava di riportare la sua testa alla famiglia avvolta in un sacco. Il 13 ottobre, scorso la brigata Okba bin Nafia aveva proceduto all’esecuzione di un altro pastore perché colpevole di «aver collaboratocon le autorità».
L’altro modello finito sotto attacco è il Libano, il «Paese messaggio», come lo ha definito nel 1997 papa Giovanni Paolo II. Messaggio di convivenza cristiano-islamica in primo luogo, ma anche di pluralismo per l’Oriente e l’Occidente, e soprattutto messaggio di generosa accoglienza di tutti i perseguitati, sia per motivi politici che religiosi, nel Medio Oriente.
Nulla di strano se si considera che il destino del Libano è quello di essere un insieme di comunità rifugiatesi nelle montagne dalle persecuzioni – basta pensare ai maroniti e ai drusi – preferendo rinunciare alle comodità della vita pur di salvaguardare la propria fede e le proprie tradizioni. L’attentato che giovedì ha seminato morte e distruzione nella periferia sud di Beirut e che portava la “firma” del Califfato ha voluto certamente punire un movimento – l’Hezbollah sciita – per il suo coinvolgimento militare nella guerra in Siria, ma era soprattutto teso ad accendere la miccia dello scontro tra libanesi e palestinesi (due dei tre attentatori sarebbero, secondo la rivendicazione dell’Is, palestinesi mentre il terzo sarebbe siriano), o meglio tra musulmani sunniti e sciiti.
Una scommessa, questa, che i tagliagole di Abu Bakr al-Baghdadi hanno per ora perso. Ma che solo la saggezza dei politici libanesi, abbinata alla vigilanza della comunità internazionale, può definitivamente allontanare.
2/ Orrore Is. Iraq, 80 corpi di donne in fosse a Sinjar
Riprendiamo da Avvenire del 14/11/2015 un articolo redazionale. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (15/11/2015)
Una nuova fossa comune contenente i resti di 80 donne e ragazze della minoranza yazida è stata scoperta dai miliziani curdi peshmerga a Sinjar, nel nord-ovest dell'Iraq, dove sono entrati ieri strappandola al controllo dell'Is. Ne dà notizia il sito curdo Rudaw.
"Uccidere queste innocenti è uno dei crimini commessi dallo Stato islamico contro i curdi yazidi", ha detto Qasim Simo, capo dell'apparato di sicurezza di Sinjar. Le vittime, ha aggiunto, sono state tutte probabilmente uccise nell'agosto del 2014, quando i jihadisti dell'Is si impadronirono di Sinjar, massacrando migliaia di appartenenti a questa minoranza da loro giudicata "eretica" e riducendo a schiave sessuali molte donne.
Un video postato da Rudaw mostra brandelli di vestiti, scarpe, banconote, monili e altri oggetti appartenuti alle vittime e ritrovati nella fossa, tra cui un bastone per aiutarsi a camminare. Secondo Qasim Simo, nell'area potrebbero esservi in tutto una quindicina di fosse come questa. Altre centinaia di cadaveri erano stati trovati già nell'estate del 2014 in fosse scavate nei dintorni di Sinjar.