Utero in affitto, India e Nepal frenano (da Avvenire)
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Il Centro culturale Gli scritti (12/10/2015)
Uno dei bambini ottenuti con maternità surrogata (pagando cioè una madre nepalese perché li gestasse con fecondazione artificiale, recuperati dai genitori paganti subito dopo il terremoto del Nepal lasciando spesso tra le macerie le madri "affittate")
Le corti supreme del Nepal e dell'India sono intervenute in questi giorni per esaminare possibili restrizioni della pratica dell'"utero in affitto" allarmate per il moltiplicarsi dei casi che coinvolgono donne locali "assoldate" da coppie straniere.
A Kathmandu il massimo tribunale del Nepal ha diramato una ordinanza con cui pone uno stop provvisorio a tutte le attività che implichino l'utilizzazione di donne nepalesi per mettere al mondo figli da assegnare a coppie straniere. In particolare la Corte vuole non solo verificare l'opportunità di proteggere meglio le madri surrogate, spesso sfruttate, ma anche determinare se l'accesso ai bambini nati con questo processo possa essere aperto anche alle coppie omosessuali, che arrivano in Nepal da Israele, Francia e Stati Uniti.
Intanto in India, altro Paese dove l'utero in affitto è ampiamente praticato in migliaia di cliniche non sempre autorizzate a farlo, il giudice della Corte suprema Ranjan Gogoi ha fissato per il 15 settembre un'udienza in cui si dibatterà se limitare, o addirittura proibire, la materità surrogata. L'avvocato indiano Jayashree Wad ha presentato una istanza in cui chiede che la Corte abolisca un regolamento del 2013 utilizzato da quanti operano nel business delle madri surrogate in assenza di appropriate leggi per un settore che, solo in India, muove due miliardi di dollari l'anno.