Lezioni di sesso alla danese: “Fate figli presto”. Svolta nei corsi scolastici per arginare il crollo del tasso di natalità. Ora si insegna che è meglio non aspettare a procreare, di Andrea Tarquini
Riprendiamo da La Repubblica del 24/9/2015 un articolo scritto da Andrea Tarquini. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Vita nella sezione Carità, giustizia e annunzio.
Il Centro culturale Gli scritti (4/10/2015)
Care ragazze, cari ragazzi, fate pure sesso se vi piacete o vi amate, o anche solo se ne avete semplicemente voglia. Ma per favore fate solo sesso sicuro, e non solo per non contrarre malattie: pensate alla contraccezione, non diventate mamme né papà troppo presto. Finora, in tutto il mondo, o almeno in ogni paese dove l’educazione sessuale è materia scolastica o prassi familiare e sociale diffusa, il suo principale messaggio è stato questo.
Ma nell’avanzata, civilissima Danimarca adesso hanno deciso di cambiare musica: l’educazione sessuale deve anche insegnare ai giovani che il fine del sesso è la procreazione, e che se si decide troppo tardi di avere figli le probabilità di metterli al mondo scendono, perché cala la fertilità. Insomma, arriva un nuovo capitolo di quella storia infinita chiamata rivoluzione sessuale, cominciata ben prima del Sessantotto. E non a caso, arriva dal Grande Nord. Più precisamente, dal piccolo prospero paese definito da statistiche e indagini Onu come il più felice del mondo.
Che cosa è successo a Copenhagen, tanto da spingere a una svolta apparentemente così radicale? Semplice: non bastano né il welfare, tra i più generosi del mondo, né la prosperità, né un’economia postindustriale e di eccellenze tecnologiche e una crescita economica inferiore a quella della vicina potenza regionale, la Svezia, però molto più lusinghiera che quasi ovunque altrove in Europa. Non bastano le certezze che lo Stato ti offre dalla culla alla tomba, passando dall’assegno mensile equivalente a minimo 700 euro a ogni giovane studente. Il tasso di natalità, anche nel bel regno nordico, è calato e continua a calare. È “appena” di 1,9 bimbi per donna, per quanto fredde e assurde possano suonare queste statistiche. Esperti indipendenti e governativi avvertono: ci vuole un tasso d’incremento delle nascite di almeno 2,1 bambini per ogni cittadina.
Questione di vita o di morte per il futuro del modello danese, tra i più efficienti nel Grande Nord. Perché se non si riuscirà ad alzare il tasso di natalità — avverte Sex & Samfund (Sesso e società, l’organizzazione indipendente che fornisce ad asili scuole e comunità i materiali e i programmi per l’educazione sessuale) in futuro la Danimarca avrà troppo pochi cittadini in età lavorativa. Troppo pochi contribuenti per il fisco e per le ritenute indispensabili a rendere sostenibile welfare, pensioni, ogni capitolo dello Stato sociale danese. Poco importa che alcuni mesi fa Copenhagen abbia avuto a livello politico una svolta a destra, con la bella, elegante e spregiudicata premier socialista Helle Thorning- Schmidt sconfitta dal leader della destra Loekke Rasmussen: su certi temi il consenso tende a essere bipartisan.
E allora che succede? Semplice: i programmi e i materiali per l’educazione sessuale, che appunto comincia al più tardi alle elementari, si adeguano.
Come si fa sesso, quali differenze fisiologiche e non solo esistono tra uomo e donna sono temi che continuano a essere insegnati ai bimbi nel modo più spregiudicato: modelli di organi femminili, corsi su come s’indossa un profilattico o come si usa la pillola, filmati e disegni più che espliciti. Sempre continuando a lanciare il messaggio sui pericoli della gravidanza precoce, problema sociale gravissimo, ad esempio, negli Stati Uniti a cui tutte le società di cultura scandinava guardano ogni giorno. Ma adesso Sex & Samfund corregge anche il tiro: dire solo che è male restare incinte troppo presto è un falso segnale. Allora gli insegnanti e i programmi dovranno spiegare che altrettanto sbagliato è rinviare troppo il momento in cui si deciderà di avere figli.
Non si parla di “bimbi per la patria” di triste memoria, ma di futuro sostenibile del modello nordico, spiegano fonti vicine al governo. Perché sia i maschietti danesi sia le loro mogli, compagne o fidanzatine, come quasi ovunque in Europa (con poche eccezioni, vedi la Svezia grazie a un’economia robustissima, all’apertura senza uguali ai migranti, al superwelfare) rinviano sempre di più il momento di mettere al mondo bimbi. Sia lei che lui privilegiano la carriera. E la maggioranza delle famiglie, dice un sondaggio dell’organizzazione, ha in media uno o due figli anche se ne sognava tre o più. Pochi figli, insomma, avverte Copenhagen, significa welfare e società solidale non più sostenibili, un pericolo per il futuro di quella scarsa pattuglia di bambini. E allora via, facciamo partire dalla scuola una nuova èra dei baby-boomers. Se l’iniziativa avrà successo o no, in una società scettica quanto libera come tutte quelle del Nord, resta questione aperta.