Il sesso [tra maschile e femminile], di Mariolina Ceriotti Migliarese

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 20 /09 /2015 - 17:27 pm | Permalink | Homepage
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Mettiamo a disposizione sul nostro sito alcuni brani del volume di M. Ceriotti Migliarese, La Coppia Imperfetta. E se anche i difetti fossero un ingrediente dell'amore?, Edizioni Ares, Milano 2012, pp. 45-60, con una nostra nota introduttiva sull’autrice. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.

Il Centro culturale Gli scritti (20/9/2015)

N.B. di Andrea Lonardo
Ho conosciuto Mariolina Ceriotti Migliarese nel corso di una tavola rotonda nella quale eravamo intervistati insieme ed è stata una piacevole scoperta. Mi ha subito colpito la semplicità con la quale è entrata nella difficile questione del maschile e del femminile, spiegando in quell’occasione che non si tratta semplicemente di una differenza, quanto di una reciprocità nella quale ognuno è se stesso proprio nell’aiutare l’altro a maturare.
Affermava con grande sapienza che è nella generazione di un figlio che si può cogliere in maniera chiara tale differenza reciproca. Non è per niente vero - affermava - che padre e madre sono equivalenti, perché è assolutamente evidente che nei primi giorni, mesi e anni è la figura femminile ad essere quella decisiva, perché l’allattamento prosegue quel rapporto unico che si è creato quando la madre e solo la madre ha portato nel grembo il bambino. Non ha senso parlare del femminile e del maschile senza parlare della maternità e della paternità.
La Ceriotti Migliarese spiegava ai presenti che il ruolo della donna è così preponderante nella maternità al punto da avere il potere di nascondere all’uomo il concepimento ed abortire senza metterlo nemmeno al corrente. Può, insomma, nascondere la paternità del padre, senza che egli possa neanche saperlo.
Dopo il primo periodo di vita del figlio è lei a “presentare” il padre al bambino, mostrando al nuovo nato che quella figura è preziosa. Ma, ancora una volta, se la donna si chiude e decide di squalificare la figura del padre e di interdire un rapporto positivo fra figlio e padre, questo le è psicologicamente possibile. Ovviamente, sua vocazione è quella opposta, cioè quella di favorire il rapporto fra figlio e padre.
Ci fa piacere oggi presentare alcune sue considerazioni sulla sessualità, scritte non in astratto, ma a partire da storie di vita incontrate nel suo lavoro di neuropsichiatra e psicoterapeuta.

«Che cosa c'è di male?»

Alessia è una ragazza bellissima: 17 anni, slanciata, occhi verdi e capelli scuri. Mi ha chiesto un appuntamento al termine di un incontro organizzato nella sua scuola.

Da sei mesi esce con un ragazzo che le piace moltissimo: è la sua prima storia importante e finora tutto è andato per il meglio. Ma da qualche settimana il suo ragazzo ha iniziato a farle pressione per avere rapporti sessuali e lei si sente confusa: ha sempre pensato che sarebbe arrivata vergine al matrimonio e pensava che questa fosse una convinzione solida, maturata anche attraverso le discussioni e i confronti avvenuti in parrocchia con gli amici.

Ora però non è più così sicura: è molto innamorata di Carlo, e lui sembra così sereno su questo punto... «Che male c'è nel sesso?» le dice. «Se ci amiamo, questa è l'espressione più autentica del nostro amore». Sta iniziando a credere che forse il suo è un modo di pensare poco libero, troppo condizionato dalla famiglia, dalla Chiesa, dall'educazione ricevuta. Del resto, la maggior parte delle sue amiche hanno già fatto sesso e la considerano un po' «una sfigata e una complessata». Nel fondo poi un altro dubbio: e se Carlo si stancasse di queste sue remore e la lasciasse?

Già: che cosa c'è dunque di male? Che cosa c'è di più bello dell'incontro erotico e affettivo tra due corpi giovani, tra due ragazzi che si sono innamorati, che si sentono attratti uno verso l'altra e vogliono esprimere attraverso il sesso la forza delle loro emozioni? Come si può considerare sbagliata una cosa in sé stessa buona e che risponde a un desiderio così forte? Se poi entrambi lo vogliono, se non c'è imbroglio né sopraffazione, se le intenzioni sono oneste e rivolte all'espressione di un sentimento autentico, non è per niente facile capire perché si dovrebbe rimandare l'incontro sessuale, solo per rimanere fedeli a princìpi astratti e fuori moda...

Ancora una volta, l'unico modo per arrivare a dare una risposta credibile a domande come queste è quello di allargare lo sguardo per cercare di collocare la questione all'interno di un orizzonte più ampio. Isolare le cose, rimuovere i possibili collegamenti di senso, considerare ogni gesto solo per sé stesso come se non avesse sempre uno stretto rapporto con ciò che lo precede e con ciò che lo segue, tutto questo costituisce oggi l'imbroglio più grande.

In realtà, nella vita delle persone ogni decisione e ogni gesto si collocano sempre all'interno di una storia: niente può venire compiuto che non abbia in sé il germe delle proprie conseguenze. Ci sono, tra quelli che possiamo compiere, gesti che hanno conseguenze reversibili, e ci sono gesti definitivi, da cui non si può tornare indietro. Il rapporto sessuale è per essenza uno di questi: quello che avviene non può più essere cancellato, quello che ho dato non può più essere ritirato. Se il rapporto con l'altro dovesse interrompersi, rimarrà in me il disagio di aver consegnato la mia intimità a qualcuno che finirà per connotarsi come un estraneo.

Nel tempo in cui al rapporto sessuale poteva conseguire in modo imprevedibile una gravidanza non desiderata, la percezione del peso «definitivo» del sesso si manifestava spesso come una difficile evidenza, soprattutto per la donna. Nella parola «definitivo» è contenuto anche il senso di qualcosa che obbliga a definire: obbliga per esempio a interrogarsi per definire il valore della relazione, e a domandarsi se ci sia la possibilità reale e concreta di trasformarla in un rapporto tale da poter accogliere in sé anche una eventuale vita nuova.

Il collegamento evidente del sesso con la generatività rendeva in qualche modo più facile percepire che nell'atto sessuale noi diamo all'altro l'accesso alla nostra più profonda intimità, e che ciò che abbiamo consegnato non può più essere cancellato né ritirato: l'altro sarà in qualche modo per sempre proprietario di qualcosa che prima apparteneva solo a noi.

La nostra cultura, però, non ama ciò che è definitivo e che impegna, e definisce come noioso e pesante tutto ciò che genera legame e sembra ostacolare il cambiamento; ha perciò progressivamente lavorato per scollegare il sesso da ogni possibile conseguenza, perché sia possibile viverlo come un atto reversibile, non definitivo, non impegnativo, e perciò stesso «leggero» e divertente, con valenze di tipo esclusivamente espressivo e ludica.

Eppure anche oggi, malgrado tutto, la percezione profonda dell'uomo e della donna è che il sesso non sia poi una cosa così banale; per la donna, soprattutto, accogliere l'uomo dentro di sé mantiene il sapore di un gesto definitivo, che si giustifica in relazione alla presenza di un affetto autentico. Ma anche la presenza di un affetto sentito come autentico non è di per sé condizione sufficiente.

Sara ha 21 anni e frequenta il secondo anno di lettere. Da un anno e mezzo esce con Mattia, che ha due anni di più e viene da esperienze molto diverse dalla sua: come la protagonista della prima storia, Alessia, anche Sara è cattolica praticante e non ha mai avuto esperienze sessuali, mentre Mattia ha già avuto rapporti ed è pienamente convinto che il loro amore sia maturo per questa esperienza.

Quando Sara viene da me è molto preoccupata: lei e Mattia stanno provando ad avere rapporti completi, ma ogni volta il suo corpo involontariamente si contrae rendendo impossibile la penetrazione. Ha cercato su internet e ha capito di soffrire di «vaginismo». Ha già fissato un appuntamento in un consultorio per sentire il parere di una ginecologa, ma prima ha voluto venire a chiedere il mio parere: che ci sia anche un problema psicologico? Questa situazione la fa sentire strana, malata, diversa, e sente che sta deludendo Mattia, al quale tiene moltissimo.

Situazioni come questa vengono spesso lette come segno di una nevrosi legata alla presenza di un super-io troppo rigido, conseguenza di un'educazione nella quale il sesso è stato vissuto come qualcosa di vietato. Nella logica del sesso come espressione libera dell'istinto e dell'affettività, Sara appare come una ragazza problematica. Ma il suo sintomo in realtà non esprime necessariamente un problema nevrotico: come è emerso dai nostri colloqui, Sara esprime invece attraverso il corpo una ambivalenza che non sa riconoscere con la mente, e che riguarda il non sentirsi ancora pienamente pronta per questa esperienza che ha deciso di fare soprattutto per rispondere alle aspettative di Mattia e per non deluderlo. Sara vive una grave contraddizione interiore: con una parte di sé vorrebbe aderire a Mattia, e insieme con lui giudica sé stessa come una persona repressa e inibita sul piano sessuale per colpa della propria storia e della propria formazione; con un'altra parte di sé invece sente che vorrebbe arrivare a fare l'amore solo quando si sentirà davvero pronta, e vorrebbe che Mattia non le facesse pressione, ma accettasse di aspettare, proprio perché le vuole bene... Paradossalmente Sara non può sentirsi libera di chiedere al suo ragazzo un amore sufficiente a rispettare i suoi tempi, e si sente in colpa di non sapergli dimostrare quanto lo ama.

Benché sia diventato possibile e persino ovvio scollegare il sesso dalla generatività, il fatto stesso di dover ricorrere alla contraccezione con l'inizio dell'attività sessuale è lì a ricordare al nostro inconscio che il collegamento c'è ed è strutturale e profondo, e ci invita perciò a domandarci che cos'è davvero «fare l'amore»...

Ci sono allora solo due possibilità; la prima è quella di vivere il rapporto sessuale come persona intera, corpo, psiche e anima, con ciò che di irreversibile questo significa. In questo caso è possibile immaginare di dare il via a un rapporto di vera conoscenza, nel quale impareremo poco alla volta senza menzogna chi è l'altro, anche nelle sue aree di vulnerabilità, e ci lasceremo conoscere nello stesso modo.

La seconda possibilità è quella di vivere il rapporto sessuale come una delle tante forme di scambio piacevole tra persone, una forma reversibile perché non ha conseguenze definitive e non impegna profondamente la nostra intimità, e considerarlo allora come un'esperienza tra le tante possibili, un gioco avvincente ed emozionante che nulla comporta, nemmeno l'impegno nei confronti dell'altro, che sarà sempre possibile lasciare quando e se l'esperienza perde di significato ai nostri occhi.

In questo caso, però, non si potrà dare il via a un rapporto di intimità, ma sarà piuttosto necessario stare bene attenti a non consegnarsi troppo all'altro per non correre il rischio che la scoperta delle nostre vulnerabilità lo induca a lasciarci per trovare qualcuno che sia ai suoi occhi meglio di noi.

Nel mondo di oggi ci troviamo immersi in opposte difficoltà; c'è da un lato, ormai prevalente, questo modo di considerare il sesso esclusivamente nelle sue valenze affettivo-biologiche: la nostra cultura ritiene che, a partire dall'adolescenza, per maturare pienamente sia necessario essere capaci di affrontare l'incontro sessuale con scioltezza, senza inibire gli impulsi, ma piuttosto imparando a esprimerli «liberamente». Lo scambio sessuale tra coetanei viene considerato dagli adulti come una sorta di «addestramento» che prepara alle relazioni future: si pensa anzi che l'aver fatto diverse esperienze renderà possibile fare poi una scelta più sicura, più matura e potenzialmente più stabile.

In questa logica (il sesso-addestramento, il sesso-gioco, il sesso come libera espressione di sé) è indispensabile però, come dicevo, renderlo «leggero» togliendo da questa esperienza tutto ciò che può rivelarne la potenziale drammaticità, in primissimo luogo le gravidanze, in secondo luogo eventuali malattie. Il mondo degli adulti colloca oggi la sessualità dei propri figli prevalentemente in questo territorio, e si prodiga per creare le condizioni necessarie di disimpegno e di non-pericolosità.

Sul versante opposto, nel tentativo di conservare o restituire alla sessualità tutto il suo spessore, valore e bellezza, il mondo cattolico ha spesso sottolineato da un lato la dimensione dell'impegno e dall'altro quella più difensiva del pericolo, oppure ne ha privilegiato una dimensione «spiritualistica», lasciando uomini e donne soli nell'affrontare praticamente la realtà complessa e contraddittoria della sessualità umana.

Nel nostro mondo di «leggerezza» questo tipo di messaggio, soprattutto se mal compreso, è molto difficile da sostenere, soprattutto per le persone più giovani, immerse come sono in una cultura che vede con sfavore tutto ciò che è impegno, stabilità e rimando della soddisfazione.

Ecco allora che ragazzi e ragazze, anche se convinti almeno per principio del valore alto della sessualità, si trovano in seria difficoltà quando si tratta di passare al terreno pratico della propria esperienza affettiva: diventa infatti indispensabile una convinzione profonda e ben maturata per vivere la castità non come una rinuncia avvilente e forse un po' vile, fonte di imbarazzo e vergogna, ma piuttosto come una scelta consapevole e una competenza forte della quale andare fieri.

Eppure, nessuno più di un cattolico potrebbe restituire al corpo e al sesso tutto il loro liberante valore e viverli con la gioia di chi sa che il corpo sessuato è un grande dono tutto da riscoprire.

Abbiamo anche in questo caso bisogno di superare una certa sudditanza culturale e di uscire dalla confusione indotta da alcune affermazioni discutibili.

A ben vedere, per esempio, l'affermazione tanto accattivante e a prima vista convincente secondo cui bisogna «essere liberi di seguire l'istinto» contiene in sé una contraddizione terminologica: come era ben evidente alle grandi culture che ci hanno preceduto non è infatti necessaria alcuna particolare capacità né esercizio di libertà per seguire i propri istinti, che sono biologicamente determinati e che biologicamente ci determinano. L'istinto sessuale così come l'istinto di conservazione o quello di sopravvivenza possiedono una forza intrinseca tale che il seguirli non richiede alcun esercizio di libertà.

Il vero, difficile esercizio risiede semmai nello sviluppare la capacità di dominare gli istinti, per essere, allora sì, davvero liberi di seguirli quando e come riteniamo buona cosa farlo.

Attenzione però: la libertà dell'essere umano non è chiamata a esercitarsi su ciò che spontaneamente si verifica in lui in risposta a uno stimolo sessuale. L'eccitazione sessuale può manifestarsi in noi spontaneamente, anche senza averla cercata o provocata e non deve destare ansia o preoccupazione perché non ha in sé alcuna valenza morale, ma è solo un segno della normalità del nostro funzionamento psico-biologico. Il desiderio sessuale che si mette in moto nei confronti della persona di cui ci innamoriamo è ricchezza da capire, non pericolo da temere.

Ciò su cui siamo chiamati a prenderci delle responsabilità riguarda invece quel che noi volontariamente facciamo in risposta a queste sollecitazioni e a questi desideri: questo è il vero campo nel quale esercitare in modo intelligente la nostra libertà.

Mi torna alla mente a questo proposito l'efficace slogan pubblicitario di una marca di pneumatici che recitava: «La potenza è nulla senza controllo». Mi sembra uno slogan molto azzeccato e molto ben applicabile alla potenza dell'istinto sessuale: ricchezza da non disperdere, forza che acquista la sua migliore capacità di esprimersi e arricchirci quando siamo in grado di non dissiparla per soddisfare in modo immediato il bisogno, ma impariamo a incanalarla verso il mondo assai più ricco, complesso e soddisfacente del desiderio.

Come in un film

Una delle cose che colpiscono oggi lo psicoterapeuta nell'ascolto delle esperienze intime dei suoi pazienti è il frequente senso di grave inadeguatezza e insoddisfazione riportato dalle persone riguardo alla propria vita sessuale. Questo vissuto non riguarda prevalentemente, come forse si potrebbe credere, le persone sposate, ma è molto diffuso e comune in chi, vivendo per scelta deliberata oppure per difficoltà relazioni prevalentemente occasionali, deve continuamente misurarsi con un partner differente. In queste situazioni l'eccitazione e il piacere della novità si scontrano con un gran numero di insuccessi e con un frequente stato di tensione, legata nell'uomo soprattutto ai dubbi sull'efficienza della propria prestazione e nella donna alla paura del giudizio sulla propria avvenenza fisica.

Nell'immaginario collettivo contemporaneo il sesso è sempre facile, immediato, subito esaltante come in un film... e il confronto personale con un'esperienza diversa mette rapidamente in crisi la stima di sé e mette in dubbio la scelta dell'oggetto d'amore. Se qualcosa non va come si sarebbe immaginato, infatti, l'errore non viene cercato nella improbabilità delle nostre aspettative quanto piuttosto nella nostra incapacità di essere all'altezza dell'obiettivo, oppure nel fatto di non avere come partner una persona capace di stimolare e sostenere a sufficienza il nostro desiderio.

Il sesso, da sempre potente motore del comportamento umano, appare oggi onnipresente, protagonista indiscusso di innumerevoli vicende private ma anche pubbliche, molla poco segreta di molti comportamenti. Al sesso fanno riferimento la pubblicità, i film, i giornali, le televisioni, internet; al sesso, immaginato come facile strumento dei piaceri più intensi, si orienta fortemente il nostro desiderio.

Eppure la concreta esperienza di ciascuno di noi si confronta spesso con vissuti tutt'altro che esaltanti. Per prima cosa, è facile toccare con mano nel proprio vissuto personale il fatto che il rapporto sessuale non porta sempre con sé il piacere così come ce lo saremmo figurato: soprattutto all'inizio di una relazione, soprattutto con una persona estranea, soprattutto quando siamo preoccupati, stanchi o timorosi di non essere all'altezza delle aspettative, il rapporto sessuale può essere deludente e molto diverso da quell'esperienza fantasmagorica che sembra così naturale e costante quando presentata dai media. Nel mondo reale le cose non stanno così: anche quando viviamo una relazione buona, con la persona che amiamo e che ci ama, il rapporto sessuale non è sempre necessariamente appagante, ed è normale che ci voglia tempo per trovare quell'affiatamento e quella reciproca confidenza che possono portare alla soddisfazione piena di entrambi. Persino poi quando questa tappa è raggiunta, e ci si conosce bene, e ci si ama, lo scambio sessuale non è sempre necessariamente perfetto, perché fare l'amore è una cosa che si impara un po' alla volta e che non riesce sempre bene, né quando si tratta solo di sesso né quando si tratta davvero di amore.

L'uomo e la donna sono molto diversi anche nella loro espressività sessuale, nel modo di sperimentare il desiderio, nel modo di sperimentare il piacere.

È un argomento di cui oggi si parla moltissimo: libri, riviste, esperti, cercano di insegnarci come trarre il massimo piacere dal sesso e che cosa sapere a questo scopo riguardo alle nostre differenze.

Sarebbe perciò naturale aspettarci che uomini e donne, favoriti dalla gran quantità di informazioni tecniche messe a loro disposizione fin dall'età più precoce, siano in grado più che nel passato di scambiarsi un amore davvero soddisfacente.

Eppure credo di poter affermare con certezza che per quanto riguarda la vera conoscenza tra i sessi, e soprattutto la vera competenza ad amarsi attraverso il linguaggio del sesso, siamo generalmente ignoranti almeno come nel passato.

Nel nostro mondo di pillole, spirali, preservativi e sesso sicuro, l'uomo può disinteressarsi completamente della realtà e del funzionamento del corpo della donna esattamente come l'uomo primitivo, che era ignaro del senso della ciclicità femminile e dei meccanismi generativi.

Una ignoranza diversa, mascherata da competenza tecnica, ma sostanzialmente identica nelle conseguenze o forse ancora più tragica, perché tale ignoranza viene condivisa e avallata dalla donna, a sua volta spesso inconsapevole di sé.

Quante sono oggi le donne capaci di dare valore al modo nel quale il corpo esprime il proprio ritmo, di rispettarlo, di amarlo e di insegnare al proprio compagno questo stesso rispetto e amore, senza scorciatoie?

In tv la pubblicità fa aperto riferimento al ciclo mestruale o all'igiene intima, ma il funzionamento del corpo femminile è più che mai «un problema di donne»: troppo spesso all'uomo basta sapere che la ragazza con cui farà sesso prende una pillola che ne garantisce l'infecondità.

Le ragazze appaiono certo meno imbarazzate a parlare tra loro del corpo, e sono certamente più a proprio agio con la loro femminilità; a questa maggiore e positiva disinvoltura non sembra però corrispondere una maggiore capacità di vivere «al femminile».

Forse scarseggiano modelli femminili positivi, di donne capaci davvero di avere stima di sé e di appartenersi senza complessi. Non per contrapporsi al maschio come nemiche, né per negarsi in modo ostile, ma nella tranquilla proprietà di sé e nella consapevolezza antica che la donna ha anche la capacità e il compito di aiutare l'uomo a esercitare un miglior controllo su sé stesso e sulle proprie pulsioni, e di orientarle perciò in modo più consapevole e maturo in modo che possano contenere anche amore, tenerezza e responsabilità. L'accesso al pensiero, la civiltà e la cultura nel suo insieme devono molto a questa sapienza istintiva delle donne.

Si tratta però di una consapevolezza che purtroppo è andata perduta: le donne hanno iniziato a temere che questo modo di pensare nascondesse in realtà solo un imbroglio immaginato dai maschi per controllarle, privandole della propria libertà sessuale e di un «diritto al piacere» che era stato troppo a lungo ingiustamente riservato all'uomo.

Le donne non hanno certo tutti i torti a pensarla così: ecco allora che, come spesso succede, dietro a una indiscutibile verità (la donna ha in tutti i campi diritto alla parità con l'uomo, e non può mai essere in nessun caso ritenuta proprietà dell'uomo) si sono incanalate molte falsità, prima tra tutte l'omologazione del femminile al maschile, portatore purtroppo di nuove sopraffazioni.

Mi piace riportare qui un altro pensiero di Fabrice Hadjadj, che condivido pienamente: il problema non consiste tanto nello sforzo di individuare in modo sempre più preciso le differenze uomo-donna, che, oltre a essere spesso discutibili, risentono inevitabilmente di troppe variabili culturali; il vero interesse sta invece nel riscoprire il concetto che l'uomo e la donna sono ordinati l'uno all'altra: «L'uomo diventa tanto più virile quanto più è rivolto verso la donna. La donna tanto più femminile quanto più è rivolta verso l'uomo». Questo significa stare pienamente, serenamente, fieramente nel proprio sesso, aperti al confronto con l'altro e la sua diversità, senza annacquare le differenze se e quando le incontriamo, ma imparando piuttosto a interrogarle senza pregiudizi.

Per questo motivo le donne che, particolarmente consapevoli di sé e del proprio valore, tengono tranquillamente testa all'uomo e lo aiutano a controllare e regolare l'istinto di appropriazione, sono quelle che meglio possono aprire la strada di una sessualità davvero paritaria, soddisfacente e senza sopraffazioni.

Forse i tempi sono maturi perché le giovani donne trovino un equilibrio nuovo: non più timorose dell'uomo né inferiori a lui; capaci di pensare, di esprimere sé stesse in ogni attività come il maschio senza bisogno di confliggere con lui; capaci di riconoscere al proprio corpo il valore che ha e di farlo rispettare senza mai usarlo come merce di scambio.

Perché finalmente la donna sia, come la Bibbia insegna, non sopra l'uomo, né sotto, né davanti, né dietro, ma di fianco a lui come una compagna, perché dal suo fianco è stata tolta.

Il nostro modo di vivere il sesso cambia molto anche in relazione al trascorrere del tempo, e nel tempo cambia in modo diverso per gli uomini e per le donne. Se gli uomini mantengono una pulsionalità sessuale spesso ancora intensa anche con il passare dell'età, le donne sono più soggette alla ciclicità tipica della loro natura. Con l'apparire della prima fase della menopausa, che coincide con una marcata irregolarità del ciclo mestruale, è molto frequente nella donna una caduta anche molto drastica del desiderio sessuale: forse la natura mette in atto una sorta di protezione spontanea rispetto a gravidanze tardive e pericolose, ancora possibili e imprevedibili. Generalmente a questa fase così improvvisa di segno negativo segue una fase di ritorno del desiderio, vissuto però in modo meno passionale che nella prima parte della vita. Si apre così una nuova, delicata fase della vita di coppia. Spesso capita che le donne abbiano la tentazione di sfuggire semplicemente al rapporto, anche perché gli uomini mantengono un desiderio che si scontra però con la diminuzione della loro prestanza sia fisica sia sessuale. Tutto questo comporta la necessità di nuovi adattamenti, e richiede la capacità di rinnovare l'amore reciproco. Ci vogliono nuovi pensieri, cui conseguono nuovi modi per continuare a esprimere l'amore anche attraverso il corpo, nel rispetto delle esigenze legittime di ciascuno. Si tratta davvero di una sfida all'amore, che ci mette nelle condizioni di crescere ancora un po', di fare un altro passo di maturazione, senza sfuggire al confronto con la realtà del limite e dell'imperfezione in noi stessi e nell'altro.

Il mondo di oggi ha cercato di scavalcare il problema attraverso l'uso di farmaci che mantengono artificialmente il desiderio e l'efficienza sessuale sia nell'uomo sia nella donna, ma il sesso vissuto in questo modo «artificiale» può solo rappresentare un «come se» del quale la nostra sfera più profonda e inconscia mantiene la consapevolezza. Sfuggire il confronto con l'invecchiamento è possibile solo in forza di una negazione, destinata comunque a lasciarci molto soli.

L'argomento è molto affascinante e complesso, e richiederebbe una trattazione molto più ampia che qui non è possibile fare. Desidero però concludere questo breve capitolo con alcuni spunti di riflessione.

Il primo è questo: nel matrimonio dobbiamo imparare ad accettare il fatto che la realtà del sesso, così come ogni altra realtà umana, è soggetta alle regole della carne, che sono il limite, l'imperfezione, la mutevolezza, la difficoltà ad armonizzare il nostro corpo e il nostro spirito. Mai come in questo campo ci troviamo immersi nelle contraddizioni: il sesso infatti è da un lato portatore di una forza potentissima, capace di esprimere la massima intensità dell'amore e della vicinanza tra due persone, ma dall'altro è, contemporaneamente e senza scandalo, anche la risposta a un semplice bisogno istintuale. Può essere il punto altissimo di una comunione tra uomo e donna ed esprimere slancio affettivo e spirituale, ma non cessa per questo di essere nello stesso momento un atto della carne, guidato dai suoi istinti e condizionato dalle sue voglie capricciose e mutevoli. È insieme un trampolino di lancio e una gabbia.

Nelle questioni di sesso la nostra volontà si trova spesso in scacco, almeno per quanto riguarda la risposta spontanea del corpo agli stimoli che lo eccitano: già san Tommaso d'Aquino osservava: «Gli organi genitali non obbediscono, e la ragione, in questo genere di faccende, si trova massimamente sopraffatta» (S. Th., II-II, q. 151, art. 4 ad 3). Il sesso è una realtà complessa e appassionante proprio perché contiene in sé questo affascinante mondo di contraddizioni.

Il secondo spunto è questo: i problemi etici nel campo della sessualità appaiono a prima vista molto spinosi e complessi, forse troppo per le persone comuni che non si sentono talvolta in grado di approfondirli come vorrebbero. Al di là delle apparenze, però, credo sia possibile trovare un filo conduttore semplice che può fornire a tutti noi il minimo comune denominatore di ogni ragionamento successivo. Questo filo conduttore è a mio avviso perfettamente sintetizzato in questa frase di Carol Wojtyla, allora cardinale: «Gustare il piacere sessuale senza tuttavia trattare la persona come un oggetto di godimento, ecco il nocciolo del problema morale sessuale».

Mi sembra una sintesi chiara e altissima, che può fornire un'utile guida al nostro pensiero. L'augurio è naturalmente che ciascuno di noi, individualmente e non solo, senta il desiderio e abbia l'opportunità di approfondire sempre di più il senso ricchissimo di queste parole.