La via degli angeli, di Ada Colesanti [Gli angeli del Bernini con gli strumenti della passione su Ponte Sant’Angelo a Roma]

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 20 /09 /2015 - 17:25 pm | Permalink | Homepage
- Tag usati: ,
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo sul nostro sito un articolo scritto da Ada Colesanti nel 1998. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sezione Roma e le sue basiliche.

Il Centro culturale Gli scritti (20/9/2015)

Ponte Sant'Angelo (foto Riccardo Aperti)

Al Giubileo del 1300 partecipò anche Dante che, da esperto "ufficiale di strade, ponti e piazze" qual era stato a Firenze, osservò l'ordinato traffico della moltitudine dei pellegrini sull'unico ponte che univa la zona di San Pietro con la città.

Come i Roman per l'essercito molto,
l'anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto, 

che da l'un lato tutti hanno la fronte
verso 'l castello e vanno a Santo Pietro,
da l'altra sponda vanno verso il monte.

(Inf. XVIII, 28-33) 

Per regolare il traffico si era dunque escogitato l'espediente che i pellegrini che andavano a San Pietro camminassero da un lato del ponte, avendo la fronte verso il Castello, e quelli che tornavano camminassero dall'altro lato, con la fronte rivolta a Monte Giordano. Era il Ponte per antonomasia, da cui prese nome il rione al di qua del Tevere, divenuto nei secoli XV e XVI zona dei Banchi per il commercio, il deposito e il cambio delle valute dei forestieri. Ed è il più bello dei ponti dell'antica Roma, che ne vantava già cinque quando l'imperatore P. Elio Adriano lo fece costruire nel 136 d.C. per l'accesso al suo mausoleo sulla sponda destra del Tevere. Fu detto allora Ponte Elio.

Nel Medio Evo si chiamava Ponte San Pietro. Dalla rampa verso la destra del fiume si passava infatti per una porta della città, detta Porta San Pietro, unita alla basilica vaticana mediante la portica che conduceva i romei alla tomba dell'Apostolo. L'odierna denominazione di Sant'Angelo si deve  alle vicende  del Castello al quale è naturalmente collegato.

Stando alla Legenda aurea di Jacopo da Varazze, a Gregorio Magno che guidava, in prossimità del Ponte, una solenne processione penitenziale per implorare la cessazione della pestilenza che ammorbava la città, apparve sopra il Castello l'Arcangelo Michele nell'atto di riporre la spada nel fodero. Era il segno della fine del flagello.

Un'attestazione del culto che legò fin dai secoli dell'Alto Medio Evo la figura dell'Arcangelo al Castello si ha nel Martyrologium Romanum parvum del IX secolo. Alla data del 29 settembre, festa di San Michele Arcangelo, si ricorda l'esistenza di una cappella dedicata a San Michele, che gli archeologi situano con molta probabilità nella parte più alta della torre centrale, quella che adesso è la Sala del Tesoro. E le fonti parlano anche di una benedizione data da Leone IV, al termine delle nuove mura della cittadella vaticana (852), al castello "Sancti Angeli".

Dopo il tragico Sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi di Carlo V (1527), l'incubo della peste entrata con la soldataglia, e il feroce assedio del Castello, rifugio estremo di Clemente VII salvato dalle guardie svizzere, il successore Paolo III fece solennemente issare sul coronamento della mole nel 1544 la statua di marmo dell'Arcangelo difensore, opera di Raffaello da Montelupo.

Castel Sant'Angelo divenne allora  il nome della fortezza; e anche il Ponte fu definitivamente denominato Ponte Sant'Angelo. Di straordinaria solidità, non è stato mai travolto o danneggiato gravemente da nessuna piena del Tevere; ed è rimasto non solo nella storia, ma soprattutto nella iconografia della nostra città con un eccezionale valore simbolico, accentuato in modo insuperabile dalla  decorazione ideata dal Bernini nel 1668. Il suo intervento ha trasformato il Ponte da semplice collegamento in percorso di contemplazione.

La scenografica parata delle dieci statue di Angeli librati nel cielo di Roma sul fondale del fiume e  della Cupola di San Pietro, recanti con delicatissima grazia gli strumenti della Passione di Gesù, è una monumentale via Crucis di grande suggestione. 

All'ingresso del Ponte le epigrafi sulle statue dei due Apostoli del Lorenzetto e di Paolo Romano ammoniscono che da qui vi sarà perdono per gli umili, giusta paga per i superbi. Poi sono gli Angeli a guidare l'elevazione della mente e del cuore, ognuno con un detto della Sacra Scrittura appropriato al Mistero che rappresenta.

L'Angelo con la colonna è posto di fronte all'Angelo col flagello. Tronus meus in columna (Eccles. 24,7) - In flagella paratus sum (Salmo 37,18).  

L'Angelo  con la corona di spine ci ricorda il secondo supplizio di Gesù. In aerumna mea dum configitur spina (Salmo 31,4). E il Suo volto insanguinato ci è mostrato dall'Angelo con la veronica. Respice faciem Christi tui (Salmo 83,14).

Il quinto Angelo reca i chiodi. Aspiciant ad me quem confixerunt (Zaccaria, 12,10). Di fronte, è l'Angelo con la veste di Gesù e i dadi. Super vestem meam miserunt sortem (Salmo 21,19).

Segue l'Angelo con la croce. Cuius principatus super humerum eius (Isaia, 9,6). Mentre la condanna di Pilato è recata dall'Angelo con il titolo INRI. Regnavit a ligno Deus (dall'inno Vexilla regis prodeunt).

L'Angelo con la spugna rammenta gli ultimi atroci istanti di Gesù. Potaverunt me aceto (Salmo 68,22). E l'Angelo con la lancia il colpo inferto al Suo costato dal centurione. Vulnerasti cor meum (Cantico dei Cantici, 4,9).

Il Bernini fu l'ideatore unico della scenografia del Ponte, per la quale fornì bozzetti, disegni e progetti ai vari e valenti allievi che seguì da maestro durante l'esecuzione delle statue. Egli scolpì di sua mano l'Angelo con la corona di spine e l'Angelo con il titolo.

Ma Clemente IX non volle che opere così belle fossero esposte alle intemperie. Furono perciò collocate nella chiesa di S. Andrea delle Fratte, dove possiamo tuttora ammirarle, e per il Ponte ne furono commissionate le copie rispettivamente a Paolo Naldini, che aveva già scolpito l'Angelo con i dadi, e a Giulio Cartari.

Così, nell'antico percorso del pellegrinaggio penitenziale alla tomba di Pietro, il Ponte è ormai, per opera dell'artista, la via lungo la quale ci scortano gli Angeli, mentre l'Arcangelo bronzeo di Pietro Van Verschaffelt (1753), che domina  con le ali spiegate la città, ci rassicura del perdono e della pace col suo inconfondibile gesto.

Per la preghiera

1 - L'Angelo con la colonna: Tronus meus in columna (Eccles. 24,4)

La sapienza loda se stessa, si vanta in mezzo al suo popolo.
Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, si glorifica davanti alla sua potenza: «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e ho ricoperto come nube la terra. Ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi. …..
Allora il creatore dell’universo mi diede un ordine, il mio creatore mi fece posare la tenda e mi disse: Fissa la tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele.
Prima dei secoli, fin dal principio, egli mi creò; per tutta l’eternità non verrò meno.
Ho officiato nella tenda santa davanti a lui, e così mi sono stabilita in Sion.
Nella città amata mi ha fatto abitare; in Gerusalemme è il mio potere.
Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore, sua eredità.

2 - L'Angelo col flagello: In flagella paratus sum (Salmo 37,18)

Signore, non castigarmi nel tuo sdegno, * non punirmi nella tua ira.
Le tue frecce mi hanno trafitto,* su di me è scesa la tua mano.
Per il tuo sdegno non c’è in me nulla di sano, * nulla è intatto nelle mie ossa per i miei peccati.
Le mie iniquità hanno superato il mio capo, * come carico pesante mi hanno oppresso.
Putride e fetide sono le mie piaghe* a causa della mia stoltezza.
Sono curvo e accasciato, * triste mi aggiro tutto il giorno.
Sono torturati i miei fianchi, * in me non c’è nulla di sano.
Afflitto e sfinito all’estremo, * ruggisco per il fremito del mio cuore.
Signore, davanti a te ogni mio desiderio * e il mio gemito a te non è nascosto.
Palpita il mio cuore, la forza mi abbandona, * si spegne la luce dei miei occhi.
Amici e compagni si scostano dalle mie piaghe, * i miei vicini stanno a distanza.
Tende lacci chi attenta alla mia vita, trama insidie chi cerca la mia rovina * e tutto il giorno medita inganni.
Io, come un sordo, non ascolto, e come un muto non apro la bocca* sono come un uomo che non sente e non risponde.
In te spero, Signore; * tu mi risponderai, Signore Dio mio.
Ho detto: «Di me non godano, contro di me non si vantino * quando il mio piede vacilla».
Poiché io sto per cadere * e ho sempre dinanzi la mia pena.
Ecco, confesso la mia colpa,* sono in ansia per il mio peccato.
I miei nemici sono vivi e forti, * troppi mi odiano senza motivo,
mi pagano il bene col male, * mi accusano perché cerco il bene.
Non abbandonarmi, Signore,* Dio mio, da me non stare lontano;
accorri in mio aiuto, * Signore, mia salvezza.

3 - L'Angelo  con la corona di spine: In aerumna mea dum configitur spina (Salmo 31,4) 

Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa,* e perdonato il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa alcun male* e nel cui spirito non è inganno.
Tacevo e si logoravano le mie ossa,* mentre gemevo tutto il giorno.
Giorno e notte pesava su di me la tua mano,* come per arsura d’estate inaridiva il mio vigore.
Ti ho manifestato il mio peccato,* non ho tenuto nascosto il mio errore.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie colpe»* e tu hai rimesso la malizia del mio peccato.
Per questo ti prega ogni fedele* nel tempo dell’angoscia.
Quando irromperanno grandi acque* non lo potranno raggiungere.
Tu sei il mio rifugio, mi preservi dal pericolo,* mi circondi di esultanza per la salvezza.
Ti farò saggio, t’indicherò la via da seguire;* con gli occhi su di te, ti darò consiglio.
Non siate come il cavallo e come il mulo privi d’intelligenza; + si piega la loro fierezza con morso e briglie,* se no, a te non si avvicinano.
Molti saranno i dolori dell’empio,* ma la grazia circonda chi confida nel Signore.
Gioite nel Signore ed esultate, giusti,* giubilate, voi tutti, retti di cuore.

4 - L'Angelo col velo della veronica: Respice faciem Christi tui (Salmo 83,14).

Quanto sono amabili le tue dimore,* Signore degli eserciti!
L’anima mia languisce e brama*  gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne* esultano nel Dio vivente.
Anche il passero trova la casa, la rondine il nido,* dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,* Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.
Beato chi abita la tua casa:* sempre canta le tue lodi!
Beato chi trova in te la sua forza* e decide nel suo cuore il santo viaggio.
Passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente,* anche la prima pioggia l’ammanta di benedizioni.
Cresce lungo il cammino il suo vigore,* finché compare davanti a Dio in Sion.
Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,* porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe.
Vedi, Dio, nostro scudo,* guarda il volto del tuo consacrato. 
Per me un giorno nei tuoi atri* è più che mille altrove,
stare sulla soglia della casa del mio Dio* è meglio che abitare nelle tende degli empi.
Poiché sole e scudo è il Signore Dio; il Signore concede grazia e gloria,* non rifiuta il bene a chi cammina con rettitudine.
Signore degli eserciti,* beato l’uomo che in te confida.

5 – L’ Angelo con i chiodi. Aspiciant ad me quem confixerunt (Zaccaria, 12,10).

Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito. In quel giorno grande sarà il lamento in Gerusalemme.

6 - L'Angelo con la veste di Gesù e i dadi. Super vestem meam miserunt sortem (Salmo 21,19).

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza»:* sono le parole del mio lamento.
Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,* grido di notte e non trovo riposo.
Eppure tu abiti la santa dimora,* tu, lode di Israele.
In te hanno sperato i nostri padri,* hanno sperato e tu li hai liberati;
a te gridarono e furono salvati,* sperando in te non rimasero delusi.
Ma io sono verme, non uomo,* infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.
Mi scherniscono quelli che mi vedono,* storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si è affidato al Signore, lui lo scampi;* lo liberi, se è suo amico».
Sei tu che mi hai tratto dal grembo,* mi hai fatto riposare sul petto di mia madre.
Al mio nascere tu mi hai raccolto,* dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
Da me non stare lontano, poiché l’angoscia è vicina* e nessuno mi aiuta.
Mi circondano tori numerosi,* mi assediano tori di Basan.
Spalancano contro di me la loro bocca* come leone che sbrana e ruggisce.
Come acqua sono versato,* sono slogate tutte le mie ossa.
Il mio cuore è come cera,* si fonde in mezzo alle mie viscere.
È arido come un coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola,* su polvere di morte mi hai deposto.
Un branco di cani mi circonda,* mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,* posso contare tutte le mie ossa.
Essi mi guardano, mi osservano: si dividono le mie vesti,* sul mio vestito gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,* mia forza, accorri in mio aiuto.
Scampami dalla spada,* dalle unghie del cane la mia vita.
Salvami dalla bocca del leone* e dalle corna dei bufali.
Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,* ti loderò in mezzo all’assemblea.

7 - L'Angelo con la croce. Cuius principatus super humerum eius (Isaia, 9,6). 

Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

8 - L'Angelo con il titolo INRI. Regnavit a ligno Deus (dall'inno Vexilla regis prodeunt).

Ecco il vessillo della croce,
mistero di morte e di gloria:
l'artefice di tutto il creato          
è appeso ad un patibolo.

Un colpo di lancia trafigge         
il cuore del Figlio di Dio:
sgorga acqua e sangue, un torrente
che lava i peccati del mondo.

O albero fecondo e glorioso,
ornato d'un manto regale,
talamo, trono ed altare              
al corpo di Cristo Signore.         

Così s’è compiuto l’annuncio
Che David cantò con amore
Dicendo che Dio ha regnato
dal trono che era la croce.

O croce beata che apristi
le braccia a Gesù redentore,     
bilancia del grande riscatto
che tolse la preda all'inferno.

Ave, o croce, unica speranza,  
in questo tempo di passione
accresci ai fedeli la grazia,
ottieni alle genti la pace. Amen.          

9 - L'Angelo con la spugna: Potaverunt me aceto. (Salmo 68,22)

Salvami, o Dio:* l’acqua mi giunge alla gola.
Affondo nel fango e non ho sostegno;+ sono caduto in acque profonde* e l’onda mi travolge.
Sono sfinito dal gridare,+ riarse sono le mie fauci;* i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio.
Più numerosi dei capelli del mio capo* sono coloro che mi odiano senza ragione.
Sono potenti i nemici che mi calunniano:* quanto non ho rubato, lo dovrei restituire?
Dio, tu conosci la mia stoltezza* e le mie colpe non ti sono nascoste.
Chi spera in te, a causa mia non sia confuso,* Signore, Dio degli eserciti;
per me non si vergogni* chi ti cerca, Dio d’Israele.
Per te io sopporto l’insulto* e la vergogna mi copre la faccia;
sono un estraneo per i miei fratelli,* un forestiero per i figli di mia madre.
Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,* ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta.
Mi sono estenuato nel digiuno* ed è stata per me un’infamia.
Ho indossato come vestito un sacco* e sono diventato il loro scherno.
Sparlavano di me quanti sedevano alla porta,* gli ubriachi mi dileggiavano.
Ma io innalzo a te la mia preghiera,* Signore, nel tempo della benevolenza;
per la grandezza della tua bontà, rispondimi,* per la fedeltà della tua salvezza, o Dio.
Salvami dal fango, che io non affondi,+ liberami dai miei nemici* e dalle acque profonde.
Non mi sommergano i flutti delle acque + e il vortice non mi travolga,* l’abisso non chiuda su di me la sua bocca.
Rispondimi, Signore, benefica è la tua grazia;* volgiti a me nella tua grande tenerezza.
Non nascondere il volto al tuo servo,* sono in pericolo: presto, rispondimi.
Avvicinati a me, riscattami,* salvami dai miei nemici.
Tu conosci la mia infamia, + la mia vergogna e il mio disonore;* davanti a te sono tutti i miei nemici.
L’insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno. + Ho atteso compassione, ma invano,* consolatori, ma non ne ho trovati.
Hanno messo nel mio cibo veleno* e quando avevo sete mi hanno dato aceto.

10 - L'Angelo con la lancia: Vulnerasti cor meum (Cantico dei Cantici, 4,9)

Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia.
Vieni con me dal Libano, o sposa, con me dal Libano, vieni!
Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo, con una perla sola della tua collana!
Quanto sono soavi le tue carezze, sorella mia, sposa, quanto più deliziose del vino le tue carezze.
L’odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi.
Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa, c’è miele e latte sotto la tua lingua e il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano.
Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata.

Saluto a Gerusalemme Salmo 121 Canto delle ascensioni.

Quale gioia, quando mi dissero:* «Andremo alla casa del Signore».
E ora i nostri piedi si fermano* alle tue porte, Gerusalemme!
Gerusalemme è costruita* come città salda e compatta.
Là salgono insieme le tribù, le tribù del Signore, secondo la legge di Israele,* per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i seggi del giudizio,* i seggi della casa di Davide.
Domandate pace per Gerusalemme:* sia pace a coloro che ti amano,
sia pace sulle tue mura,* sicurezza nei tuoi baluardi.
Per i miei fratelli e i miei amici* io dirò: «Su di te sia pace!».
Per la casa del Signore nostro Dio, * chiederò per te il bene.

Simbolo «degli Apostoli».

Io credo in Dio, Padre onnipotente,
creatore del cielo e della terra;
e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore,
il quale fu concepito di Spirito Santo,
nacque da Maria Vergine,
patì sotto Ponzio Pilato,
fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo,
siede alla destra di Dio Padre onnipotente;
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna. Amen.