Dio di misericordia, di don Fabio Rosini
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Riprendiamo sul nostro sito una catechesi scritta da don Fabio Rosini per il Sussidio sul Giubileo della Misericordia realizzato dalla diocesi di Roma in corso di pubblicazione. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sezione Sacra Scrittura.
Il Centro culturale Gli scritti (24/11/2015)
Cosa è la misericordia per la Bibbia? Capire bene la misericordia vuol dire intendere o non intendere l’amore di Dio. Non è poco. È diffuso il pensiero che la misericordia sia un sentimento, bello, nobile ed interiore. Questa visione è incompleta e fuorviante. Inoltre si può pensare che la misericordia sia una dimensione particolare, legata a determinate occasioni. Dio sceglierebbe in alcune circostanze di esercitare la misericordia come una risorsa "eventuale" (e così dovrebbe fare l'uomo). Vale a dire: l'amore misericordioso di Dio - e quello umano di rimando - sarebbe un evento straordinario, legato alla debolezza umana e limitato alla risposta di Dio a certe specifiche nostre azioni. Dio sarebbe ‘giusto’ e visto che noi spesso non lo siamo, è anche ‘misericordioso’...
Ma il Dio di Gesù Cristo non ha queste dicotomie, perché la Sua natura personale - e l'impronta che dà a tutto ciò che opera e manifesta di sé - è quella della paternità. Quindi non è giusto "o" misericordioso, ma è giusto “perché” misericordioso, ed è misericordioso perché giusto. Non è “un” padre, sottoposto ai parametri di un concetto astratto di paternità, ma è “il” Padre, da cui ogni paternità ha la sua consistenza (cfr. Ef 3,14). E ce lo rivela Cristo, crocifisso e risorto, senza il quale a Lui non abbiamo accesso.
La categoria biblica della misericordia, a partire dalla rivelazione del nome di Dio nel tempo dell'Esodo, ci mette davanti all'equazione, in Dio, fra la misericordia e l'identità:
Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». (Es 34,5-7)
È la rivelazione del nome di Dio, che Mosè riceve nel momento del restauro dell'Alleanza dopo il peccato del vitello d'oro. Dio rivela il suo segreto, un momento assai rilevante.
In questo fondamentale testo Dio si auto-proclama con attributi preziosi fra cui risaltano due termini fondamentali nell'Antico Testamento (AT): Raḥam ed Ḥesed, i due cardini principali del vocabolario della misericordia biblica.
Ḥesed è il termine più usato nell’AT per indicare la misericordia e l'amore; c'è una frase che torna una quantità smisurata di volte in tanti testi: “kî le-olam ḥasdô” - ”perché eterna è la sua misericordia” [o: “il suo amore” - secondo le traduzioni]. Solo alcune citazioni: Sal 100,5; 106,1; 107,1; 118,1.4.29; 136,1-26; 1Cr 16,36.41; Ger 33,11. Questi sono i passi ‘tipici’, ma la stessa frase torna, in modo più o meno esplicito, un po’ ovunque nei testi.
L’esempio più rimarchevole è il Salmo 136, e la sua martellante ripetizione della frase, ben 26 volte (!) nella stesso Salmo…
Ma a cosa è collegata la misericordia di Dio? Vediamo alcuni esempi nel Salmo, spigolando qua e la:
Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre.
Ha creato i cieli con sapienza, perché il suo amore è per sempre.
Ha disteso la terra sulle acque, perché il suo amore è per sempre.
Ha fatto le grandi luci, perché il suo amore è per sempre.
Colpì l'Egitto nei suoi primogeniti, perché il suo amore è per sempre.
Da quella terra fece uscire Israele, perché il suo amore è per sempre.
Con mano potente e braccio teso, perché il suo amore è per sempre.
Egli dà il cibo a ogni vivente, perché il suo amore è per sempre.
Rendete grazie al Dio del cielo, perché il suo amore è per sempre (Sal 136,1.5-7.10-12.25-26).
La stessa attribuzione tocca i temi della creazione, della liberazione e della provvidenza nel presente. L'amore misericordioso di Dio è in azione di certo nella redenzione ma anche nella fondazione del mondo e nel governo attuale. Quindi la misericordia di Dio è presente in ogni fase della sua azione. Il Salmo proclama patentemente che l'amore e la misericordia sono il tratto costante dell’agire di Dio.
Ḥesed, infatti, è fondamentalmente ‘tenerezza’, ma una tenerezza intessuta di ‘fedeltà’ e ha il suo luogo d’essere negli eventi che Dio governa, nell’operatività di Dio. È il motore che porta avanti la storia, i fatti, la Creazione, la Liberazione, la Provvidenza.
L’altro termine cardine che compare nell’AT (e in Es 34 tradotto con il termine pietoso) è il verbo Raḥam (dal termine ‘Reḥem’che vuol dire viscera, e corrisponde essenzialmente all’organo capace di gestare la vita, l’utero). Questo termine collega l'opera di Dio alle Sue viscere, con ultimo riferimento a quelle viscere tutte femminili che intessono la vita... per cui la misericordia risulta essere attività rigenerante, che ri-crea. Nel termine italiano 'misericordia' è facile rinvenire la matrice latina della parola 'cuore' - cor, cordis - ma il cuore batte dando ritmo ed emozione alla persona che lo possiede. Invece l'utero è un organo che gesta la vita di un altro.
Un testo tipico in cui appare questa attitudine di Dio è un passo del profeta Isaia in cui il Signore è presentato con attitudini femminili:
“Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49,14-15).
Cosicché nella misericordia abbiamo due aspetti: uno paterno-maschile, se vogliamo, e uno materno-femminile. Quello maschile è una energia tenera ma possente, operativa, provvidente, quello femminile è la generazione, la costruzione, o la ri-costruzione della vita a partire da un legame viscerale.
Va notato uno di quei molti testi in cui Es 34,5-7 viene richiamato quasi letteralmente, il Sal 103, che recita:
7 Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie, le sue opere ai figli d'Israele.
8 Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande nell'amore. 9 Non è in lite per sempre, non rimane adirato in eterno. 10 Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. 11 Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia (hesed) è potente su quelli che lo temono; 12 quanto dista l'oriente dall'occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe. 13 Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero (raham) verso quelli che lo temono, 14 perché egli sa bene di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere (Sal 103,7-14).
Mentre il v.7 ricorda appunto la rivelazione del Suo essere a Mosè e al popolo, i vv.8-10 sono una citazione quasi letterale di Es 34,6 e una parafrasi del verso seguente, e i vv.11-14 sono una spiegazione di quanto appena enunciato. Interessante notare che la misericordia citata al v.11 è la ḥesed mentre la tenerezza del v.13 è descritta con il verbo raḥam, i nostri due termini principali, che vengono spiegati come attività che tiene conto della ‘pasta’ della natura umana, ossia delle nostra miseria su cui Dio opera con la sua onnipotenza e di cui ha tenerezza paterna (descritta usando un termine viscerale-femminile).
Ma la cosa più importante da sottolineare è che, in entrambi i casi, l’oggetto della misericordia è la vita di chi è amato.
Qual è quindi la natura propria della misericordia? Attraverso un’attività oggettiva, generare o ri-generare la vita. L'attitudine divina di creare dal nulla si riflette strepitosamente nell’atto della misericordia, il quale cosa fa? Rigenera, operando nella vita di colui che è oggetto della misericordia. La benevolenza di Dio cambia la vita della persona, non fa solo pervenire il senso di un sentimento di accoglienza; non è qualcuno che ha solo interiore compassione. Nei Vangeli, infatti, vediamo che quando Gesù ha compassione conseguentemente opera, sempre! (Mt 9,36s; 14,14; 15,32; Mc 1,41; Lc 7,13s).
Abbiamo focalizzato così un problema usuale che abbiamo con l’amore. Noi crediamo che l’amore sia solo un sentimento: l’amore è un atto che implica tutta la nostra persona, sentimento, intelligenza, memoria, intenzione, operatività, abilità, tenacia, verifica, e altro ancora. In Dio la misericordia è l’atto del governo della storia, è la Sua natura, che genera, dà la vita, la guida, la ristabilisce.
La Beata Vergine Maria, nel Magnificat in Lc 1, legge tutta la storia - con un illuminante "d'ora in poi" al v. 48 che indica la sua consapevolezza di essere al centro di uno snodo definitivo della salvezza - e dopo aver presentato l'Onnipotente e il Suo nome santo come centro del suo canto, passa a sintetizzare la storia:
“...50 di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. 51 Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; 52 ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; 53 ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. 54 Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, 55 come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».” (Lc 1,50-55)
Il v. 55 indica che tutto ciò è il compimento della promessa fatta ad Abramo, ma questa opera si inquadra, fra i vv. 50 e 54, nella misericordia. Questa misericordia “disperde i superbi e innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e svuota le mani dei ricchi”. Ecco che vanno in tilt le nostre categorie: questa noi la chiamiamo giustizia e invece no, è misericordia! Questo ci aiuta ad intendere le strane espressioni di Es 34,7 - che prima non abbiamo rimarcato – dalle quali si può cogliere un altro aspetto della misericordia di Dio:
“...che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione» ” (Es 34,5-7)
Cosa è la misericordia di un buon padre? L'avallo incondizionato agli atti del figlio, o piuttosto la cura e la guida dello stesso verso il meglio di sé anche se ciò implicasse un castigo o una restrizione? Chi mi ama di più? Chi mi da sempre ragione o chi mi sa contestare perché tiene a me, mi conosce, e cerca il mio cuore, la mia verità?
“Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore tuo Dio corregge te“ (Deut 8,5)
Questo è un attributo fondamentale della misericordia biblica: è la cura dell'altro e del suo bene più autentico. Non è il soccorso fine a se stesso: è la vita integrale di colui che è soccorso.
Ciò richiede, fra le altre, scienza, abilità, intuizione e capacità di finalizzazione grandi, enormi, si può dire soprannaturali o divine. E non è un caso a tal proposito che ci siano due verbi nell'AT riservati esclusivamente a Dio, avendo Lui solo come possibile attore: il verbo ‘creare’ [br’] e il verbo ‘perdonare’ [slḥ]. Come abbiamo visto questi sono contenuti essenziali della misericordia. E sono prerogative esclusivamente divine.
Quest’ultima annotazione ci permette di portare il discorso su un altro grande equivoco sulla misericordia, che, passando dall'ambiente dell'AT a quello del NT, possiamo introdurre ponendoci una domanda: da dove sorge la misericordia? Se vogliamo agire in modo misericordioso, da dove prendiamo questa attitudine? Quando si tratta di avere pietà e misericordia per il prossimo, noi cerchiamo in genere di far leva sulla volontà.
Esortiamo alla misericordia, rimproveriamo chi non ha avuto pietà, esecriamo l'indifferenza del cuore rispetto al prossimo facendo appello all'etica, all'imperativo categorico. E così facendo poniamo le basi del comune sentire a proposito del bene, dell'amore misericordioso, della pietà verso poveri e peccatori. Tuttavia questo senso comune avverte queste cose come “faticose ma doverose”, lanciando il praticante di misericordia in una apnea di impegno, tanto da arrivare a fare del perdono un atto titanico, un sovraccarico esistenziale a cui tanti rinunciano.
Ma la misericordia ha ben altre sorgenti! Se l'amore compassionevole e indulgente fosse una nota comunemente disponibile nel nostro equipaggiamento, allora sì, la strada sarebbe quella della volontà, della decisione umana. Ma non era un caso l'esclusività nell'AT del verbo ‘slḥ’, che trova eco nella frase degli scribi davanti alle parole di Gesù al paralitico calato dal tetto:
“5 Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico «Ti sono perdonati i peccati», oppure dire «Àlzati, prendi la tua barella e cammina»? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua». Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!» (Mc 2,5-12).
La frase degli scribi è ineccepibile. Chi può maneggiare questo materiale, ossia il peccato? Chi potrà lavare le macchie che l'uomo porta dentro? Chi potrà togliere via l’inchiostro delle nostre colpe? Chi potrà togliere l’amarezza per gli errori commessi? Sappiamo come si lava un corpo o un indumento, sappiamo mondare le cose, rigenerare i materiali, rimettere in moto ciò che si è rotto. Ma come si lava il cuore? Come si ‘resetta’ l’anima?
Dio solo ha questo potere, perché unicamente chi ha creato può ri-creare. Le persone e le sapienze di questo mondo cercano in tanti modi di ‘ri-fare’ l'uomo, di scuotergli di dosso il passato o le sue tortuosità. Una ricerca vana. L'uomo al massimo potrà dare equilibrio, non vita nuova. Solo Dio ha questo potere.
Infatti Cristo non smentisce gli scribi ma annunzia l'irruzione di ben altra novità, e guarire un paralitico diventa solo un fatto secondario per annunziare questa cosa: il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra! Sulla terra è arrivato il perdono, la misericordia.
La misericordia arriva dal cielo, perché se abbiamo visto che il Suo nome contiene questa identità misericordiosa, Lui, come diceva il testo di Es 34, è ricco di amore e di fedeltà. La misericordia è la sua ricchezza, ed è la sua prerogativa. Tutto ciò che doveva essere rivelato di Dio, e che era nascosto, si manifesta nel Signore Gesù, unigenito figlio di Dio, che viene con uno scopo ben preciso:
«Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,16s).
E Paolo sintetizza:
«Anche tutti noi (...) eravamo per natura meritevoli d'ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù» (Ef 2,3-7).
La porta della salvezza è l'amore misericordioso del Padre. La misericordia di Dio non è una delle strade, è l'unica strada! È il mandato del Messia, ed è un culto nuovo, che deriva dall'esperienza battesimale del perdono dei peccati, e che, annunziato dai profeti, è stato incarnato nel Signore Gesù come autentico sistema di priorità:
Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,11-13).
Di conseguenza Cristo risorto ha un mandato da comunicare:
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20, 21-23).
Ecco la sorgente della misericordia: lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio, il segreto di Dio, la sua paternità-maternità in quanto ci viene comunicata. Nella scena di Gv 20 Gesù fa un atto di creazione analogo a Gen 2,7 quando l'uomo diviene essere vivente per l'alito di vita insufflato nelle sue narici. Ecco che ora viene effuso l'alito della vita divina, e l'uomo, come parte della Chiesa, diventa ‘Alter Cristus’ (“Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”). Quale è la caratteristica assolutamente divina che gli è stata consegnata? Rimettere i peccati. Stiamo parlando in primis del Battesimo, il mandato fondamentale, la chiave di tutto.
Da questo, negli Atti degli Apostoli, sgorgherà la fraternità, la compassione reciproca, il tratto misericordioso nell'agire (Cfr. At 2,37-47). Non si può ridurre la misericordia ad una nostra iniziativa, ad una nostra coerenza…
“Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1Gv 4,7-11).
Per amare bisogna essere stati generati, e l'iniziativa è dell'Unico che possa fare questo. Come ridurre la misericordia ad uno sforzo umano? È invece una risposta, l'unica autenticante di un vero incontro con Dio. Chi non ha misericordia “non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”. Non è questione di essere buoni o cattivi, ma di essere generati dalla misericordia.
Si arriva così ad intendere la misura del "poco" e del "molto" in questo mondo della misericordia. Si può dare misericordia se e nella misura in cui si accoglie la misericordia:
“Colui al quale si perdona poco, ama poco” (Lc 7,47)
In questo ridotto spazio dobbiamo accontentarci di queste macroscopiche note riguardanti la misericordia biblica. Nasce da Dio, perché Dio è misericordia. Non è solo un sentimento, perché è il tratto globale dell'agire di Dio e di chi da Dio è generato. Ed è la vera giustizia, supera il sacrificio, e sarà la chiave della valutazione di tutta la storia e dell'agire di ogni uomo:
“... il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà avuto misericordia. La misericordia ha sempre la meglio sul giudizio” (Gc 2,13)
“Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7).