La lectio divina: imparare a pregare con la Parola di Dio. Lettera del cardinal Vallini e Sussidio sulla lectio divina

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 30 /11 /2009 - 15:23 pm | Permalink | Homepage
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Mettiamo a disposizione il file PDF della lettera sulla lectio divina scritta dal cardinal Vallini, al link Lettera sulla Lectio divina di S. Em. il cardinal Agostino Vallini.
Più sotto, invece, il testo del Sussidio preparato per introdurre alla lectio.

Il Centro culturale Gli scritti (30/11/2009)

«La fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10,16)
La Lectio divina: imparare a pregare con la Parola di Dio


Questo breve Sussidio sulla Lectio divina si divide in due parti. la prima parte vuole presentare l’importanza ed il ruolo della Parola di Dio, la seconda fornisce alcune indicazioni per pregare con essa.

1/ La Parola di Dio, lampada ai passi dell’uomo e luce del cammino

Perché leggere oggi la Bibbia?

«Capisci quello che stai leggendo?»: così domanda Filippo ad un funzionario Etìope che stava leggendo la Bibbia. E questi gli risponde: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?» (At 8,30-31). Anche noi, talvolta, abbiamo fatto la stessa esperienza di restare disorientati, quando abbiamo preso in mano la Sacra Scrittura.
La stessa Bibbia ci parla di un altro “libro” difficile da leggere, quello del cuore umano, quello della vita, della “nostra” vita.
Il Qoèlet scrive «Segui le vie del tuo cuore» (Qo 11,9). Quando, però, proviamo a seguire queste vie ci accorgiamo di non sapere bene che cosa desidera veramente il nostro cuore. Spesso ciò che cerchiamo di ottenere con tanta fatica non appaga poi in profondità, facendoci sempre riscoprire che siamo mendicanti di felicità.
Il profeta Geremia afferma a questo proposito: «Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere?» (Ger 17,9). Quella che pone il profeta è una domanda essenziale, decisiva: come capire fra i tanti desideri che proviamo, spesso contraddittori fra di loro [1], quelli che nascono dal più profondo del cuore e che ci conducono al bene?
L’autore dell’Apocalisse, con una straordinaria immagine, paragona la storia intera ad un libro perfettamente sigillato che gli uomini si affannano a cercare di comprendere, senza mai riuscirvi pienamente: «Vidi un libro, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: “Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?”. Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra era in grado di aprire il libro e di leggerlo. Io piangevo molto perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo» (Ap 5,1-4).
Quel libro è il significato della storia. Il pianto dirotto di Giovanni dinanzi a quel libro difficile da leggere ricorda le lacrime e l’insoddisfazione di ogni uomo che scopre di non essere in grado da solo di trovare un senso a tutte le fatiche della vita, poiché non conosce una speranza che colmi tutte le attese.
Ognuno, infatti, desidera capire qual è la propria vocazione, conoscere cosa è bene per le persone che ama, comprendere quale speranza è data ai propri figli. Ognuno vorrebbe poter offrire un significato al dolore dei poveri ed alla sconfitta dei giusti. Ognuno cerca luce per prendere decisioni giuste, che portino alla vera gioia senza che si rimanga poi ingannati. Ognuno coltiva una speranza di bene non solo per sé, ma anche per chi nascerà dopo di lui.
Eppure, nonostante la forza di questi desideri, la nostra ricerca sembra incapace, da se stessa, di sciogliere gli interrogativi. Sperimentiamo di non riuscire ad amare e sperare in ogni circostanza, di non sapere sempre dove trovare una parola che indichi la via del bene. È il “mistero” della vita umana.
L’Apocalisse – e con essa la fede cristiana - non si arresta, però, al pianto dirotto dinanzi a quel libro chiuso e sigillato. Prosegue annunciando che si presentò uno “degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli” (Ap 5,9): quell’unico capace di aprire il libro della storia è Cristo, che Giovanni descrive come l’Agnello immolato e risorto.

La Parola di Dio, nutrimento di un cuore che arde

Lo stesso passaggio dalla tristezza alla festa avviene nell’esperienza dei due discepoli di Emmaus. Essi si accorgono che la presenza di Gesù risorto e la luce della sua Parola sono capaci di cacciare via l’ombra dei discorsi di morte che andavano facendo: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?» (Lc 24,32).
La Parola di Dio, manifestatasi in pienezza nel Cristo, permise loro di tornare a Gerusalemme, alla loro vita quotidiana, come creature nuove. Imparare a pregare con la Parola di Dio ha senso proprio in questa prospettiva: è nella luce del “mistero” di Cristo che trova luce il “mistero” della vita umana.
Proprio per questo Dio ci ha donato la sua Parola, perché essa sia “lampada ai nostri passi e luce sul nostro cammino” (cfr. Sal 118,105). Abbiamo bisogno di conoscere la Parola di Dio, perché senza di essa il nostro cammino resta oscuro. E ne abbiamo bisogno non solo per noi stessi, ma anche per aiutare altri a trovare la via della vita. Dice infatti il Signore: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca?» (Lc 6,39) [2].
Ci è necessario imparare a leggere il “libro” della Sacra Scrittura, che svela il mistero di Cristo, per imparare a leggere il “libro” della vita.

La Parola di Dio luce al mistero dell’uomo

Se ritorniamo col pensiero ad alcuni snodi decisivi della nostra vita, ci accorgiamo che spesso è stata la parola di un amico, di un genitore, di un sacerdote, ad illuminare una scelta difficile che dovevamo prendere, una situazione che stavamo vivendo. È stata una parola pronunciata fuori di noi a farci capire qual era la strada da seguire.
Dio non solo ha costellato la nostra vita di persone sagge per aiutarci a comprendere la vita, ma ha voluto parlarci Lui stesso, ha voluto rivelarci la sua Parola, la sua Vita, ha voluto donarci Se stesso.
Un grande teologo del secolo scorso [3] ha fatto riferimento a due straordinarie esperienze umane per mostrare come la Parola di Dio abbia il potere di condurci al di là di ciò che già conosciamo: queste due esperienze sono l’incontro con l’amore e l’incontro con la bellezza.
L’amore ci insegna che colui che amiamo, colei per cui viviamo, non è opera delle nostre mani. Non l’abbiamo “fatta” noi, l’abbiamo incontrata e ricevuta in dono. Allo stesso modo dinanzi alla bellezza di un brano musicale, ad esempio una sinfonia di Mozart, ci accorgiamo che quella musica straordinaria non è stata scritta da noi, ma l’abbiamo ascoltata ed essa ci ha conquistato.
Se questo è vero dell’amore umano e della bellezza artistica, ancor più vale per la rivelazione di Dio. Nessun uomo può scoprirla con le proprie forze, ma solo riceverla in dono ed accoglierla.
La Parola di Dio, però, non solo ci supera, ma allo stesso tempo ci corrisponde pienamente. Ci accorgiamo della sua verità, perché ha il potere di toccare il nostro cuore. Dinanzi a quella parola noi scopriamo finalmente chi siamo e qual è il nostro vero desiderio. La rivelazione di Dio non proviene da noi, ma è più nostra di tutti i nostri sogni e progetti. Per questo, come raccontano gli Atti degli Apostoli, quando Pietro ebbe annunciato il vangelo, «tutti si sentirono trafiggere il cuore» (At 2,37): quella parola, per la prima volta, rivelava a tutti la bellezza della vita.
Il cardinal Karol Wojtyła fu l’ispiratore di una famosa espressione del Concilio Vaticano II che condensa tutto questo: «Solo nel mistero del Verbo incarnato trova luce il mistero dell’uomo» (Gaudium et spes 22). Abbiamo bisogno di conoscere la Parola di Dio, perché essa ci fa conoscere il volto di Dio ed, insieme, perché solo essa rivela noi a noi stessi.

Chi è la Parola di Dio?

Se affermassimo che “la Parola di Dio è la Bibbia”, diremmo qualcosa di vero, ma anche di impreciso e di incompleto. La fede ci annunzia, infatti, che la Parola di Dio, nella sua pienezza, è la persona stessa di Gesù Cristo.
Dio, infatti, non ha semplicemente pronunziato delle parole su di noi e sulla vita umana, ma ci ha consegnato il segreto della sua stessa vita: ci ha rivelato il suo volto nell’incarnazione del Figlio e nella sua Pasqua.
Per questo il cristianesimo non può essere definito una religione del libro, ma è piuttosto la fede nella persona di Gesù. Ha scritto in maniera straordinaria un grande teologo francese [4]:
«Mani e Maometto hanno scritto dei libri. Gesù, invece, non ha scritto niente; Mosè e gli altri profeti “hanno scritto di lui”. Il rapporto tra il Libro e la sua Persona è dunque l’opposto del rapporto che si osserva altrove. Il cristianesimo, propriamente parlando, non è affatto una “religione del Libro”: è la religione della Parola – ma non unicamente né principalmente della Parola sotto la sua forma scritta. Esso è la religione del Verbo, “non di un verbo scritto e muto, ma di un Verbo incarnato e vivo”. La Parola di Dio adesso è qui tra di noi, “in maniera tale che la si vede e la si tocca”: Parola “viva ed efficace”, unica e personale, che unifica e sublima tutte le parole che le rendono testimonianza».

Perché la Sacra Scrittura è Parola di Dio?

In che senso allora anche la Bibbia è Parola di Dio, se la pienezza della Parola divina è Gesù Cristo? La Sacra Scrittura è Parola del Dio vivo perché è stato Dio stesso ad ispirare la Chiesa a mettere per iscritto la rivelazione ed, in particolare, tutto ciò che riguardava la vita del Signore Gesù, in maniera che ogni uomo nei secoli potesse accostarsi attraverso quei testi all’unico vangelo di Cristo. È stata la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, ad accogliere i libri dell’Antico Testamento e a scrivere quelli del Nuovo, perché attraverso di essi ogni uomo potesse conoscere il Dio vivente.
Potremmo dire che la Bibbia è uno dei più grandi regali fatti dal popolo d’Israele e dalla Chiesa all’umanità. Nella Sacra Scrittura la storia della salvezza è stata fissata per iscritto perché non fosse più dimenticata ed ogni uomo potesse misurarsi con la rivelazione divina.
Anche a noi accade di voler mettere per iscritto le esperienze più importanti che abbiamo vissuto, le parole che abbiamo ascoltato, per essere sicuri di non sfigurarle, di non dimenticarle. Così la Chiesa ha voluto che fossero conservati questi libri divinamente ispirati, perché attestassero perennemente gli eventi della rivelazione. Lo Spirito Santo ha accompagnato il popolo d’Israele e la Chiesa in questo lavoro di redazione, perché la “verità salvifica[5] degli eventi narrati fosse interamente conservata.
La Sacra Scrittura è così veramente necessaria per conoscere Cristo stesso. Il Concilio ha voluto esortare «con ardore e insistenza tutti i fedeli [...] ad apprendere “la sublime scienza di Gesù Cristo” (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. “L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo” (S. Girolamo, Commento ad Isaia). Si accostino essi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia, che è impregnata di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo» (Dei Verbum, 25).

La Chiesa è la “casa” della Sacra Scrittura

La Bibbia non è mai sola: è il popolo di Dio, infatti, che, dopo averla scritta, continuamente ce la dona [6]. La Chiesa, prima di scrivere i diversi libri del Nuovo Testamento, ha obbedito al comando di Cristo di predicare, di battezzare, di vivere il comandamento dell’amore, di insegnare tutto ciò che egli aveva proclamato. Il Signore stesso ha voluto che nella viva voce della Chiesa, prima ancora che nella Bibbia, sempre risuonasse in maniera viva la Parola di Dio.
Così, dagli apostoli in poi, la Chiesa, «nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede» (Dei Verbum, 8).
La Sacra Scrittura trova il suo contesto nella vita della Chiesa, nella quale Dio stesso continua a parlare agli uomini, di modo che la Sacra Scrittura e la viva Tradizione della Chiesa non possono mai essere separate l’una dall’altra, poiché provengono entrambe dall’unica fonte della rivelazione divina.
Secondo la bella immagine scelta dal Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, la Chiesa è la “casa” della Parola di Dio [7], il luogo dove essa abita per essere donata ad ogni uomo.

2/ Cos’è e come si struttura la lectio divina

Poiché Dio vuole, nel suo amore, parlare agli uomini e solo la sua Parola è capace di far ardere il cuore umano illuminandolo sulla via del bene, la Chiesa ha sempre desiderato che tutti possano accostarsi a questa Parola per esserne nutriti. Da questa esigenza è nata, nella tradizione cristiana, la meditazione della Parola di Dio con la pratica della lectio divina.

Che cos’è la lectio divina?

È ascoltare Dio che ci parla attraverso la sua Parola. È dedicare un po’ di tempo alla lettura e mediante la lettura alla preghiera con la Parola di Dio. L’ascolto silenzioso e umile del Signore è il centro e lo scopo della lectio divina. Dio che ci parla nelle Sante Scritture è al primo posto.
La lectio divina ci aiuta così a comprendere a poco a poco che non bastiamo a noi stessi: abbiamo bisogno di aprirci a Colui la cui «parola è lampada ai nostri passi e luce sul nostro cammino» (cfr. Sal 118,105).
La lectio divina può essere proposta a tutti, perché la Parola di Dio non è «troppo alta per noi, né troppo lontana da noi» (cfr. Dt 30,11-14).

Come si fa la lectio divina?

Ordinariamente la lectio divina si sviluppa attraverso quattro momenti che sono stati così sintetizzati dal recente Sinodo sulla Parola di Dio:
«Essa si apre con la lettura (lectio) del testo che provoca una domanda di conoscenza autentica del suo contenuto reale: che cosa dice il testo biblico in sé? Segue la meditazione (meditatio) nella quale l’interrogativo è: che cosa dice il testo biblico a noi? Si giunge, così, alla preghiera (oratio) che suppone quest’altra domanda: che cosa diciamo noi al Signore in risposta alla sua parola? E si conclude con la contemplazione (contemplatio) durante la quale noi assumiamo come dono di Dio lo stesso suo sguardo nel giudicare la realtà e ci domandiamo: quale conversione della mente, del cuore e della vita chiede a noi il Signore?» [8].
I quattro momenti non sono rigidi, sono successivi e possono intersecarsi l’uno con l’altro, sviluppando un dinamismo interiore che anima la lectio, dall’ascolto alla vita.

Qualche parola per illustrare i quattro successivi momenti.

1/ La lettura del testo (lectio)

Dopo qualche momento di silenzio e di raccoglimento per creare un clima favorevole alla preghiera, è bene invocare lo Spirito Santo con una preghiera o con un canto, perché sia Lui a parlare. Gli autori medioevali hanno chiamato questo primo momento lectio.
Si comincia a leggere il testo scelto in modo pacato e tranquillo, ponendosi alla fine una domanda di conoscenza del suo contenuto reale: che cosa dice il testo biblico in sé?
È l’atteggiamento dell’ascolto, proprio come avviene dinanzi ad una persona che parla: la si ascolta con attenzione, cercando di capire quello che vuole dirci.
A questo fine, può aiutare il rimando ad altri brani biblici, secondo i riferimenti che troviamo sulla nostra Bibbia. La lectio divina utilizza qui un’antichissima regola dell’interpretazione biblica che afferma: la Bibbia si comprende con la Bibbia stessa, poiché ogni brano è illuminato dagli altri testi della Sacra Scrittura.

2/ Meditazione del testo (meditatio)
Questo secondo momento ha lo scopo di avvicinare la Parola di Dio alla nostra vita. Così la domanda che dobbiamo porci è questa: che cosa dice il testo biblico a noi, a me?
Non si legge il testo semplicemente per conoscerlo, ma perché esso sia luce per la nostra vita. Sostare dinanzi alla Parola di Dio, apre la mente a tanti pensieri. Non sarà difficile capire che la Parola ascoltata è rivolta a me, ha qualcosa da dire alla mia vita, almeno in qualche sua parte. La voce di Dio è inconfondibile. Chiama alla conversione, vuole condurci ad una maggiore conformità con Cristo. È molto opportuno assecondare questo filo di pensieri, sostando in essi e meditandoli.
Gli autori medioevali hanno chiamato questo secondo momento della lectio divina con il nome di meditatio.

3/ Il tempo della preghiera (oratio)
Si giunge così alla preghiera (oratio) che suppone quest’altra domanda: che cosa diciamo noi al Signore in risposta alla sua parola?
La lettura della Parola di Dio farà nascere la necessità di parlare a Lui. È questo il momento nel quale, dopo aver ascoltato, l’uomo risponde a Dio e gli parla. Gli dice il proprio assenso e insieme chiede l’aiuto della grazia per realizzare la Sua volontà. Nella parola rivolta a Dio è compresa anche l’intercessione per altri, perché Dio li illumini nel cammino. È opportuno dedicare a questo momento un congruo tempo.
A partire dal Medioevo questo terza tappa della lectio divina è stata chiamata oratio.

4/ La gioia della contemplazione (contemplatio)
In questo ultimo momento della lectio divina assumiamo come dono di Dio lo stesso suo sguardo nel giudicare la realtà e ci domandiamo: quale conversione della mente, del cuore e della vita chiede a noi il Signore?
Man mano che maturerà l’esperienza della preghiera ci si accorgerà che diventa meno importante comprendere ogni volta qualcosa di nuovo. Crescerà invece il desiderio di contemplare l’opera già compiuta da Dio. Sarà come quando due innamorati non si preoccupano più di dirsi cose nuove, ma stanno in silenzio sapendo di amarsi profondamente. Questa semplificazione della preghiera è un dono del Signore, secondo i tempi che non possono essere stabiliti in anticipo.
Gli antichi autori chiamavano questo momento contemplatio. Proprio perché la Parola del Signore ha posto radici nel nostro cuore, produrrà frutto nella vita quotidiana. Scopo della lectio, infatti, è la trasformazione dell’essere e dell’agire, resi nuovi dallo Spirito Santo.

Quali strumenti utilizzare per la lectio divina?

Innanzitutto è bene utilizzare una buona edizione della Bibbia ed un Messale tascabile con le letture bibliche della liturgia domenicale. Due criteri vanno tenuti presenti per scegliere una edizione della Bibbia fra le tante disponibili.
Il primo criterio: sarebbe bene che la traduzione sia quella del 2008 della CEI (=Conferenza Episcopale Italiana). Questo permette, innanzitutto, di avere una traduzione molto aggiornata ed approvata dai Vescovi italiani. Inoltre, questa traduzione è quella che si proclama durante la liturgia e questo permette di utilizzare lo stesso testo per la preghiera comunitaria e per quella personale.
Il secondo criterio: che le note ed i rimandi da un brano all’altro siano di qualità. Questo permette di poter meglio comprendere i passi più difficili e di poter illuminare un determinato testo a partire da altri brani biblici che gli sono paralleli o che affrontano lo stesso tema. Tutti questi riferimenti, che provengono ovviamente dall’opera degli studiosi, aiutano a rispettare il testo nel suo vero significato e a non fraintenderlo a partire da prospettive unilaterali [9].
È molto utile, inoltre, munirsi di un quaderno da riservare allo studio della Bibbia. Su di esso si possono trascrivere tutti i versetti che si rivelano particolarmente belli e significativi ed, insieme, annotare tutte le domande alle quali non riusciamo a rispondere e che sarà opportuno rivolgere ogni tanto a qualche sacerdote che sappiamo ben preparato. Questo lavoro è molto prezioso soprattutto quando siamo principianti; è molto importante, allora, confrontare le nostre riflessioni con qualche maestro sapiente. Nel tempo, tutto questo può aprire la strada anche ad una vera e propria direzione spirituale che ci accompagnerà negli anni, man mano che la chiamata del Signore si farà più impegnativa.
Il Messale tascabile contiene, invece, le letture bibliche che vengono proclamate nella liturgia. È prezioso per prepararsi alla liturgia domenicale e per poter tornare a meditare sui brani biblici proposti dalla liturgia, una volta terminata la celebrazione.
Non si deve mai dimenticare che la Liturgia della Parola all’interno della celebrazione eucaristica è la forma più alta di lectio divina. In ogni eucarestia alla proclamazione della Parola segue l’omelia che proclama l’attualità della Parola di Dio nell’oggi della storia per la comunità riunita. Viene poi la preghiera dei fedeli con la quale la Parola diviene preghiera per il mondo intero. Infine Cristo stesso si offre sull’altare ed i fedeli hanno piena comunione con lui, celebrando, ricevendo e contemplando ciò che la Parola ha annunziato.
In questo modo, nell’eucarestia abbiamo come un modello di ciò che è la lectio divina personale.

Da quali brani biblici partire per pregare con la Parola di Dio?

Nello scegliere i brani su cui pregare è bene partire innanzitutto dai testi proclamati nella liturgia domenicale, perché sono i brani che la Chiesa ha scelto nella sua sapienza millenaria per accompagnare il cammino dei fedeli. La qualità della partecipazione alla messa sarà enormemente arricchita se ogni cristiano potrà leggerli prima di ascoltarli nella proclamazione liturgica e vi tornerà sopra per pregarvi ancora nei giorni che seguono la domenica.
Si può poi pregare con la Bibbia leggendo consecutivamente un intero libro biblico – è la cosiddetta lectio cursiva, cioè la lettura di un libro capitolo per capitolo. In questo caso, la cosa migliore è cominciare dalla lettura dei vangeli che sono il cuore della Scrittura. Si può iniziare, ad esempio, da quello di Luca che si propone come scopo [10] di rendere salda la fede di chi lo legge.
Si può anche chiedere consiglio al proprio confessore o al proprio padre spirituale, perché ci indichi la lettura di un libro biblico particolarmente adatto alla situazione che stiamo vivendo.

I gruppi di ascolto del vangelo, strumento prezioso per la lectio divina comunitaria

Un’occasione preziosa per imparare a pregare con la Bibbia è quella della partecipazione ai gruppi o centri di ascolto del Vangelo, riproposti dal papa Benedetto XVI in occasione del Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma [11].
Il suo intervento situava questi gruppi all’interno di una dinamica missionaria della Chiesa. Infatti, la presenza di piccoli gruppi nei condomini o negli ambienti di lavoro, facilita la partecipazione di persone che non frequentano assiduamente la vita delle comunità cristiane.
Questi gruppi debbono caratterizzarsi per una capacità di accoglienza, rispettosa della libertà e dei tempi di maturazione delle persone che vi partecipano.
È bene che il moderatore del gruppo, che potrebbe essere affiancato da un segretario, tenga i rapporti con il parroco o con i coordinatori della pastorale d’ambiente, in maniera da rendere evidente a tutti i partecipanti del gruppo che l’esperienza che si propone è profondamente ecclesiale.
Il moderatore deve far sì che ogni persona possa esprimersi, senza esagerare i tempi del proprio intervento, pena l’affaticamento del cammino di tutti gli altri.
L’incontro si aprirà sempre con l’invocazione dello Spirito Santo e la lettura del brano biblico. Dopo un momento di preghiera silenziosa, i partecipanti possono essere invitati a tre giri successivi di interventi: in una prima tornata, i partecipanti potrebbero rileggere ad alta voce un singolo versetto del testo appena proclamato, in un secondo giro potrebbero esprimere le motivazioni della scelta di quel determinato testo indicando quale aspetto li ha maggiormente toccati, in una terza tornata ognuno potrebbe esprimere una preghiera a partire dal brano letto.
È importante che il gruppo si mantenga sempre aperto e che vi siano accolte anche persone che partecipano solo saltuariamente, senza pretendere niente da nessuno. Questo permetterà che il gruppo mantenga una fisionomia missionaria e che non si rinchiuda in se stesso.

Note al testo

[1] Alessandro Manzoni, ne I promessi sposi, fa eco al profeta Geremia affermando: «Così fatto è questo guazzabuglio del cuore umano»!

[2] Una bellissima espressione di Dante Alighieri recita: Io cominciai, come colui che brama, / dubitando, consiglio da persona / che vede e vuol dirittamente e ama (Dante Alighieri, Paradiso, XVII, vv. 103-105).

[3] Hans Urs von Balthasar, Solo l’amore è credibile, Borla, Roma, 1977, pp. 54-56.

[4] Henri de Lubac, Esegesi medioevale, Edizioni Paoline, Roma, 1972, I, pp. 353-354.

[5] Dei Verbum 11, che specifica in che senso la Sacra Scrittura debba essere ritenuta vera ed inerrante.

[6] Così ha scritto in merito papa Benedetto XVI: «L'ermeneutica cristologica, che in Gesù Cristo vede la chiave del tutto e, partendo da Lui, apprende a capire la Bibbia come unità, presuppone una scelta di fede e non può derivare dal puro metodo storico. Ma questa scelta di fede ha dalla sua la ragione - una ragione storica [...] La Scrittura è cresciuta nel e dal soggetto vivo del popolo di Dio in cammino e vive in esso. [...] Il popolo di Dio - la Chiesa - è il soggetto vivo della Scrittura; in esso le parole della Bibbia sono sempre presenza. Naturalmente, però, si richiede che questo popolo riceva se stesso da Dio, ultimamente dal Cristo incarnato e da Lui si lasci ordinare, condurre e guidare» (Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano, 2007, pp. 15-17).

[7] Dal Messaggio al popolo di Dio del Sinodo sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, 9.

[8] Idem.

[9] Solo a titolo di esempio, rispettano questi criteri la Bibbia di Gerusalemme (detta così perché l’apparato critico è stato curato dai domenicani della Scuola biblica di Gerusalemme), la Bibbia TOB (abbreviazione di Traduction Oecumenique de la Bible, perché le note sono state preparate in Francia da biblisti di diverse confessioni), la Bibbia, via, verità e vita (realizzata in Italia, con indicazioni sull’utilizzo liturgico dei diversi brani e con brevi note teologiche), ma anche molte altre edizioni che potrebbero essere consigliate.

[10] Cfr. Lc 1,1-4.

[11] «Prodigatevi a ridar vita in ogni parrocchia, come ai tempi della Missione cittadina, ai piccoli gruppi o centri di ascolto di fedeli che annunciano Cristo e la sua Parola, luoghi dove sia possibile sperimentare la fede, esercitare la carità, organizzare la speranza. Questo articolarsi delle grandi parrocchie urbane attraverso il moltiplicarsi di piccole comunità permette un respiro missionario più largo, che tiene conto della densità della popolazione, della sua fisionomia sociale e culturale, spesso notevolmente diversificata. Sarebbe importante se questo metodo pastorale trovasse efficace applicazione anche nei luoghi di lavoro, oggi da evangelizzare con una pastorale di ambiente ben pensata, poiché per l’elevata mobilità sociale la popolazione vi trascorre gran parte della giornata» (Benedetto XVI, Discorso al Convegno ecclesiale della diocesi di Roma, 26/5/2009).