Come m’ha fatto mammeta o saccio meglio e’voi. Divagazioni sull’ ideologia omo-parentale (manifestazione dell’ideologia gender). Breve nota di Andrea Lonardo
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Riprendiamo sul nostro sito una breve nota di Andrea Lonardo. Per approfondimenti, vedi la sotto-sezione Famiglia, affettività e sessualità, omosessualità e gender nella sezione Carità, giustizia e annunzio.
Il Centro culturale Gli scritti (31/8/2015)
Un bambino che crescesse in casa in una coppia lesbica – al di là di quello che dirà per far contente le due donne – saprebbe bene tre cose: di avere una mamma in una delle due donne, di avere un papà non si sa dove, di crescere insieme alla mamma ed alla compagna della mamma. Perché “come l’ha fatto mammeta o’sape meglio e’loro!”
Il riferimento a questa antica canzone vuole solo sottolineare quanto di ideologico vi sia nel pretendere che un bambino utilizzi espressioni come “avere due mamme” o “avere due papà”.
Bisogna stimare grandemente i bambini e non trattarli come dei cretini. Se si ha vera stima di loro, si può essere assolutamente certi che, qualsiasi cosa si insegni loro, quando gli si dirà che hanno due mamme, crescendo diranno all’amichetto: «Mi vogliono far credere che ho due mamme, ma io so benissimo che quella è la mamma dalla cui pancia io vengo: l’altra è solo la compagna della mamma».
Ed è altrettanto certo che se un giorno le due donne - una volta che fosse legittimata loro la possibilità di “sposarsi” - divorziassero dopo il matrimonio, la madre “vera” direbbe all’altra: «Sono io la vera madre».
Lo stesso nel caso di due compagni maschi. Il bambino direbbe al suo amichetto: «Quello è il mio papà. Lo vedi, gli somiglio pure. Mia mamma non mi hanno voluto dire dove sia, ma forse da grande la cercherò».
E se ci fosse una separazione si giungerebbe talvolta all’esame del DNA.
La riprova di tale evidenza è data anche dalla prassi di alcuni adulti: alcune coppie di omosessuali maschi preferiscono mischiare gli spermatozoi in maniera da non sapere subito da quale dei due venga il figlio - segno rimosso del loro inconscio che sa bene quanto sia difficile e quanto sia importante ammettere che quel bambino è figlio o dell’uno o dell’altro, ma non di tutti e due.
Non serve una lingua nuova – quella che giustamente alcuni autori chiamano la “neo-lingua”, sulla scorta di autori come Huxley e Orwell. Basta dire che uno è il papà o la mamma. Che l’altro è il compagno. Che non si sa bene dove sia finito il terzo. Tanto il bambino “o sape meglio e’noi”.
E certamente spesso vorrà anche bene alla compagna della mamma o al compagno del papà, ma questa è una questione diversa: una cosa è voler bene, che è sempre bello, una cosa è ritenere qualcuno, nel profondo del proprio essere (non dimentichiamoci che esiste un inconscio!), padre o madre, quando si sa bene che un padre o una madre esiste da qualche parte, anche se non si sa bene dove sia. “Nun c'è bisogno 'a zingara p'andiviná, Cuncè'... comme m'ha fatto mámmeta, 'o ssaccio meglio 'e te!”
La questione si presenta così diversa rispetto al caso dell'adozione, dove un bambino ha due genitori parimenti adottanti e due genitori originari parimenti mancanti. Qui, invece, il bambino sa bene che lo statuto delle due donne o dei due uomini non è equivalente, checché ne dica un'eventuale futura legge, perché solo uno dei due è il vero padre o la vera madre e solo uno, maschio o femmina che sia, è il genitore reale che manca e che egli cercherà nel suo inconscio man mano che cresce, come sa bene qualsiasi persona che abbia accompagnato psicologicamente un figlio adottato.
L’utilizzo del termine “ideologia” è qui particolarmente pregnante. Forse ancora più pregnante che il termine “gender”. Si potrebbe definire “ideologia omo-parentale” piuttosto che “ideologia gender” quella che pretende di utilizzare espressioni come “avere due mamme” o “avere due papà” (è ovvio che questa ideologia omo-parentale sembra dipendere oggi a sua volta da un ideologia gender, ma non è questo che si vuole qui sottolineare e di questo si potrebbe discutere).
Si vuole qui piuttosto chiarificare perché il termine “ideologia” sia assolutamente preciso. Come spiega il Dizionario Treccani on-line «l’ideologia, lungi dal costituire scienza, ha la funzione di esprimere e giustificare interessi particolari, per lo più delle classi proprietarie ed egemoni sotto l’apparenza di perseguire l’interesse generale o di aderire a un preteso corso naturale». E ancora: ideologia è «nel pensiero sociologico, il complesso di credenze, opinioni, rappresentazioni, valori che orientano un determinato gruppo sociale; è anche, ogni dottrina non scientifica che proceda con la sola documentazione intellettuale e senza soverchie esigenze di puntuali riscontri materiali, sostenuta per lo più da atteggiamenti emotivi e fideistici, e tale da riuscire veicolo di persuasione e propaganda».
Il bambino, che non è ideologico bensì realista, è, in questo senso, più scientifico dei testi ideologici che vengono approntati per invitarlo fideisticamente a credere che abbia due mamme o due papà. Egli, prima o poi, dirà ai suoi presunti genitori: “Come m’ha fatto mammeta o saccio meglio e’voi”.
Si vede qui, fra l’altro, come non sia possibile separare la questione di cosa sia una famiglia dalla questione di cosa sia l’avere figli. Nonostante il pensiero moderno à la page abbia cercato con tutte le sue forze di scindere il legame intrinseco tra matrimonio e generazione, resta tuttavia evidente che è matrimonio solo ciò che ha a che fare con la generazione, cioè un legame fra un uomo ed una donna. Altre relazioni sono ovviamente possibili – esiste l’amicizia, il gruppo, la comitiva, l’innamoramento, la convivenza, un rapporto patrimoniale – ma il matrimonio è costituito da un uomo e una donna aperti alla generazione.
La forza storica dei movimenti omosessuali è stata l’originalità, la dissacrazione. Quando vogliono, invece, un’omologazione, rinnegano la loro linfa vitale e divengono ideologici.