I domenica di Avvento, di Ermes Ronchi
I domenica di Avvento, di Ermes Ronchi
Ripresentiamo on-line un testo scritto da Ermes Ronchi per il dossier sull'Avvento del Messaggero di Sant'Antonio. Mettiamo a disposizione, per gentile concessione, anche il file PDF con l'intero Dossier. Su Ermes Ronchi, vedi, sul nostro sito, l'articolo La Madonna in attesa del parto. Piero della Francesca e gli altri
Il Centro culturale Gli scritti 29/11/2009.
Avvento
Da Natale, da dove l’infinitamente grande si fa infinitamente piccolo, i cristiani cominciano a contare gli anni, a raccontare la storia. Questo è il nodo vivo del tempo, che segna un prima e un dopo. Attorno a esso danzano i secoli e tutto cambia.
La Bibbia conta i giorni a partire dalla sera, dall’apparire della terza stella (e fu sera e fu mattino, primo
giorno); il giorno è in viaggio dalla tenebra verso la luce, dal tramonto verso una speranza di sole, così come il viaggio dell’esistenza va verso un di più di vita e chiama salvezza.
Nella Bibbia il tempo è talmente importante da costituire, insieme al corpo, lo spazio privilegiato dell’incontro con Dio. Al tempio Dio preferisce il tempo, il quotidiano, dove l’abbraccio può essere senza interruzione.
Anche nella Chiesa le feste liturgiche sono come delle cattedrali innalzate a Dio dentro il tempo anziché dentro lo spazio, sono come stele erette negli incroci dei giorni, anziché agli incroci delle strade.
In esse convergono le trasversali del tempo: il passato, l’evento della Pasqua di Cristo, è reso presente, il futuro è annunciato. Quasi un cortocircuito del tempo, dove la storia si abbrevia nell’istante; una condensazione dell’eterno, dove il fluire del fiume di fuoco è tutto nella scintilla.
Avvento è parola che nella sua radice significa venire accanto, farsi vicino.
È il tempo in cui tutto si fa più vicino: Dio all’uomo, l’altro a me, io al mio cuore. È sempre tempo d’Avvento, sempre tempo di abbreviare distanze, vivendo attesa e attenzione.
Attesa: di Dio, di Colui-che-viene, eternamente incamminato verso ogni uomo.
Attesa come di madre: la donna sa nel suo corpo, da dentro, cosa significa attendere; è il tempo più sacro, più creatore, più felice.
Attendere, infinito del verbo amare. Tutte le creature attendono, anche il grano attende, e le pietre e la
notte, tutta la creazione attende un Dio che viene, che ha sempre da nascere.
Attenzione: state attenti che i vostri cuori non si appesantiscano (Lc 21,34). Vivere con attenzione perché «la più grave epidemia moderna è la superficialità» (Raimon Panikkar).
Attenti a che cosa? Al cuore, perché è la casa della vita, «la porta degli dei»; attenti agli altri, alle loro domande mute e alla loro ricchezza: e vedremo in loro lo scintillìo di un tesoro. Attenti al quotidiano,
eco sommessa dei passi di Dio.
Attesa e attenzione sono le parole dell’avvento. Tutta la vita dell’uomo è tensione verso altro, annuncio che il nostro segreto è oltre noi.
L’Incarnazione non è finita, ora è il tempo del mio Natale:
Dio nasce perché io nasca.
I domenica di Avvento
«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». (Luca 21, 25-28)
L’avvento è un invito a sollevarsi, ad alzare il capo, a vivere una vita verticale. Gesù
chiede uno sguardo profondo, alto, per vedere che la storia ha una direzione, che non si smarrisce nel nulla e nella paura. Verranno giorni di cose terribili, ma anche quando ti sembra che il mondo crolli, oltre i frantumi del mondo che cade viene un Dio esperto
d’amore; quando ti sembra di avere davanti un muro nero, da oltre quel muro una mano si protende verso di te.
Il nostro segreto è un oltre: oltre il freddo delle pietre, oltre i fuochi della storia, oltre la cenere delle sconfitte, in filigrana ai nostri giorni c’è un progetto buono.
Aspro cammino quello del mondo: terremoti, carestie, guerre sono i colori oscuri della storia di sempre, ciò che capitava ai tempi di Luca e di Malachia e che succederà ancora domani. Il vecchio mondo con monotonia divora i suoi figli.
Gesù non attenua, non illude, come se la sua venuta avesse già risolto i mali del mondo. Dio non ti salva dai tradimenti, ma dentro i tradimenti; non ti protegge dalla sofferenza ma nella sofferenza; non ti custodisce dalla croce ma nella
croce.
Quando avverrà tutto questo? domandano i discepoli.
Gesù invece di rispondere quando avverranno le cose ultime, indica come attenderle nel tempo intermedio.
Il quando avverranno quelle cose è adesso. Il mondo è fragile; fragile la civiltà e la convivenza; fragile la famiglia, più fragili che non le belle pietre del tempio.
Ogni giorno c’è un mondo che muore e un mondo nuovo che nasce: nei costumi, nelle gerarchie dei valori, nei punti di riferimento.
Il mondo è fragile e malato, ma il cristiano non evade, sta in mezzo al mondo, intercede,
letteralmente cammina in mezzo, medicando le piaghe, prendendosi cura dei germogli che nascono.
Così il credente abita la terra: cittadino e straniero, custode dei giorni e pellegrino
dell’eterno, guardando negli occhi le creature e fissando gli abissi del cielo; levando il capo verso l’alto e vegliando in basso sui fratelli; attento al suo cuore e attento al Padre.
Avvento è il farsi prossimo di Dio. Verrà sulle nubi, su un trono di fiamme, ma già viene: nei piccoli gesti dei cuori puri, nella delicatezza improvvisa di chi mi è vicino, attraverso le persone che amo. Sono il suo linguaggio, la mano dei suoi doni.
Ogni carne è intrisa di Dio.
File PDF del Dossier sulle quattro domeniche di Avvento, a cura di Ermes Ronchi, pubblicato su Il Messaggero di Sant'Antonio