Sina indaga su Locke alla ricerca delle matrici cristiane dell’Illuminismo, di Damiano Palano
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Riprendiamo da Avvenire del 13/8/2015 un articolo di Damiano Palano. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sotto-sezione Illuminismo nella sezione Storia e filosofia.
Il Centro culturale Gli scritti (23/8/2015)
Come molti protagonisti dell’Illuminismo Voltaire non negò mai il proprio debito intellettuale nei confronti di John Locke. In alcune pagine autobiografiche scrisse addirittura di essere tornato, «dopo tanto vagabondare, stanco, estenuato e vergognoso », all’opera del filosofo britannico. E, soprattutto, di aver trovato tra le braccia dell’autore del Saggio sull’intelletto umano «le braccia di un uomo modesto, che non finge mai di sapere quel che non sa, che non possiede, a dire il vero, immense ricchezze, ma i cui fondi sono sicuri, e che gode senza ostentazione dei più solidi beni».
Proprio simili dichiarazioni hanno spesso indotto a intravedere nella riflessione di Locke una sorta di anticipazione della difesa della tolleranza che Voltaire avrebbe trasformato nel vessillo della propria battaglia. E hanno spesso invitato a riconoscere (o a presupporre) anche nelle pagine di Locke il precursore di quello scetticismo teologico di cui il filosofo francese sarebbe diventato il portabandiera. In questa operazione si è però finito con il dimenticare il contesto storico e politico in cui Locke maturò la propria difesa della tolleranza. E, soprattutto, si sono in larga parte recise le radici di un pensiero che affondava invece nel dibattito teologico su fede e ragione del XVII secolo. Con il risultato di fornire un’immagine distorta o incompleta non soltanto di Locke, ma di un’intera stagione intellettuale. Per molti versi l’indagine meticolosamente condotta da Mario Sina nel corso di mezzo secolo può essere invece considerata come un’impresa volta a restituire la complessità dell’Illuminismo. E in particolare a portarne in superficie le matrici cristiane.
Ora che alcuni dei suoi scritti sono raccolti nel volume Studi su John Locke e su altri pensatori cristiani agli albori del secolo dei lumi ( Vita e Pensiero, pagine. 778, euro 50.00), il lettore può cogliere per intero la coerenza della ricerca di Sina, laureatosi all’Università Cattolica del Sacro Cuore alla metà degli anni Sessanta e poi, a partire dal 1984, docente di Storia della filosofia nello stesso ateneo milanese. Partito dallo studio di François-Marie Arouet, detto Voltaire, Sina non ha mai cessato di indagare quella cruciale fase del pensiero occidentale compresa tra la seconda metà del Seicento e gli albori del Secolo dei lumi. Si è così dedicato alle personalità di Jean Le Clerc, Pierre Bayle, Isaac Papin, Claude Pajon, concentrandosi però proprio su Locke e sulle dimensioni teologiche del suo pensiero.
Ancora studente al Christ Church College di Oxford, fra il 1660 e il 1662, il giovane John Locke aveva sostenuto che la sfera religiosa non dovesse essere separata da quella politica. Per questo aveva dunque riconosciuto al monarca un ruolo di conservator pacis anche per le questioni religiose. In seguito, nel Saggio sulla tolleranza, avrebbe invece sostenuto una posizione molto diversa. Perché avrebbe affermato il diritto inalienabile all’autodeterminazione del singolo anche nel campo dell’espressione della fede, negando dunque qualsiasi competenza in materia religiosa da parte dei magistrati. Una simile argomentazione – come mostrano con grande rigore gli scritti di Mario Sina – giungeva a Locke dalla Theologia christiana di Filippo di Limbroch, e più in generale dai Rimostranti e dai teologi latitudinari inglesi, che sostenevano la separazione del dominio politico da quello religioso. Le radici teologiche di Locke risultavano d’altronde ancora più evidenti nel Saggio sull’intelletto umano, in cui davvero lo sguardo del filosofo britannico appariva molto distante dallo scetticismo di Voltaire. Ed è proprio per la capacità di fare luce su queste differenti matrici che ognuna delle preziose indagini di Sina rimane un tassello fondamentale per ricostruire la complessità e le ambivalenze della filosofia dei lumi.