Educazione, l'allarme degli esperti: "Stiamo allevando una generazione di tiranni", di Stefania Berbenni

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 22 /06 /2015 - 15:13 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal sito della rivista Panorama un articolo di Stefania Berbenni pubblicato senza indicazione di data. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Educazione e famiglia nella sezione Catechesi, scuola e famiglia.

Il Centro culturale Gli scritti (22/6/2015)

"Siamo preoccupati, nostra figlia di 3 anni vede troppa tv". "Come mai? Non riuscite a impedirglielo?". "Se cerchiamo di limitarla, piange. E poi è lei che tiene il telecomando".

Genitori di media-alta cultura, trentenni, "persone sensate" le definisce Susanna Mantovani, pedagogista, psicologa e docente all’Università Bicocca di Milano, eppure sotto schiaffo di una bimba di 3 anni che si è impossessata del moderno scettro hi-tech e decide come, cosa e quanto guardare in tv. Genitori-sudditi, bambini sovrani: ecco cosa abbiamo costruito in questi anni e cosa ci tocca smontare oggi.

Perché l’era del monarca mignon anche da noi è entrata in crisi, dopo essere stata messa in discussione nei paesi nordici, in Gran Bretagna, Spagna, America e soprattutto in Francia, da dove è partito circa 40 anni fa, per uno di quei cortocircuiti socio-psicoanalitici, l’editto del re bambino con Françoise Dolto: insegnando a considerare il bambino una persona (con i relativi corollari: dirgli sempre la verità, ascoltarlo, rispettare i desideri, parlargli come a un adulto e perdonare i capricci sintomo solo di un disagio...), la psicoanalista di fama mondiale ha di fatto aperto la diga dei sì incondizionati, dell’annullamento dei grandi al servizio dei piccoli, dei genitori schiavizzati.

Una deriva non voluta e ben raccontata da Jirina Prekop in Il piccolo tiranno (Edizioni Red!, 8,50 euro): "Durante il mio lavoro, mi capita sempre più spesso di incontrare genitori profondamente angosciati dal bambino 'diventato ormai un incubo': genitori che si sentono schiavizzati e non rispettati".

Sono molti gli italiani fra i 30 e i 40 anni (in particolare) allo sbando educativo, schiacciati da punti interrogativi, desiderosi di capire dove sbagliano e perché si trovino in certe situazioni. Eppure, per la prima volta da decenni il trono del monarca mignon traballa anche da noi, conferma Mauro Pecchenino, direttore dell’Osservatorio sulla famiglia e la persona, che ha appena ultimato una ricerca i cui esiti ha anticipato a Panorama: "950 interviste da cui si evince che il 21 per cento degli interpellati vuole riappropriarsi del ruolo di genitore, anche se lamenta la difficoltà a dire no ai figli nell’84,5 per cento dei casi. La novità è questa consapevolezza di non farsi più tiranneggiare. Il figlio rimane però il centro dell’interesse e dell’attenzione, tanto che il 56 per cento vuole esaudirne i desideri".

Dario Cella, psicologo e mediatore familiare, opera alla Gea, l’associazione Genitori ancora, fondata nel 1987. Ogni anno da lì passano circa 150 coppie separate o sul punto di farlo, gli operatori cercano di prevenire i danni provocati dalla rottura. Una postazione privilegiata per vedere che cosa succede fra le mura domestiche, su quale testa sia poggiata la corona. E se è su quella del bambino gli effetti sono, talvolta, patologici. Racconta alcuni casi seguiti: "Bambino di 7 anni, madre insegnante di yoga, padre impiegato in negozio. Il figlio, dotato di normale intelligenza, a scuola fa solo ciò di cui ha voglia, che gli piace. E a casa dice di non riuscire a concentrarsi, quindi niente compiti. I genitori lo lodano quando fa il suo dovere. Spiego loro: “È come se voi foste premiati se passate col verde anziché col rosso”. Intanto il bambino va avanti con le lezioni, ma scrive solo in stampatello. Perché lui è abituato a fare ciò che gli aggrada: decide anche con quale genitore stare, un peso enorme per un bambino che deve “tradire” uno dei due. Un conflitto con se stesso".

E poi ricorda il caso della ragazza che alla maturità entra in catalessi davanti al foglio bianco del tema, rimane immobile con la penna piantata: "L‘hanno dovuta portare via in ambulanza. Figlia di un ex colonnello dell’Aeronautica e di una casalinga, il primo le ripeteva che doveva studiare, la madre invece puntava a farla sposare bene, la laurea era inutile… E la ragazza quel giorno si è paralizzata perché doveva aderire alla visione dell’uno o dell’altra".

Decide al posto dei genitori: è il primo tratto per riconoscere il bambino sovrano. Secondo: esprime desideri che verranno presto esauditi, spesso anticipati, tanto che in tempi di contrazione generale il comparto dell’abbigliamento dei piccoli cresce e i consumatori under 18 sono la delizia dei produttori di telefonini, iPod, videogiochi. Terzo: è al centro dell’attenzione di nonni, amici, zie, oltre a mamma e papà, in una gara silente a chi si mette meglio al suo servizio e gode della sua preferenza. Quarto: è stato "adultizzato", ci si rivolge a lui come a un uomo o a una donna, si anela a un suo parere, a un assenso, a una spiegazione. Quinto: è capace di gestire estenuanti trattative e la vittoria è quasi sempre sua.

Sesto tratto per riconoscere il piccolo re: il bambino sta male. E lo dice in molti modi, dall’aggressività all’ansia, all’ipercineticità ai disturbi del sonno. È lui il primo a voler scendere dal trono.

Spiega Jirina Prekop: "Bambini infelici perché sono dipendenti dal tiranneggiare. Negli ultimi dieci anni si è notata un’impressionante crescita di disturbi della personalità infantile. Disturbi di carattere distruttivo e aggressivo accompagnati da freddezza dei sentimenti, da egoismo e da mancanza di rispetto degli altri". E racconta di Alexander, preso da shock quando la maestra lo rimanda al posto dopo un’interrogazione negativa: viziato e mai messo in discussione in famiglia, il ragazzino sviluppa una fobia da scuola appena ne si contesta il primato.

Generalizzare è sbagliato, ogni storia familiare è unica e oltre ai genitori ci sono scuola e amici: il bambino non è solo il prodotto matematico di ciò che riceve fra le mura domestiche, ma è lì che si plasma la sua personalità. "Quello delle regole è un tema che ossessiona i genitori nell’ultimo periodo e la riprova è il proliferare di libri, mediamente bruttini, quasi sempre ricettari" dice con lucidità Susanna Mantovani. Se succede questo, fa’ così: due giorni senza tv, dieci minuti di silenzio, divieto di uscire, un po’ di coccole in più. Un Cucchiaio d’argento del mestiere di genitore con dosi e "tempi di cottura": una brillante mamma manager, sposata a un dentista, ammette che, quando deve castigare il bambino di 4 anni, lo mette in camera al buio per tre minuti; così le ha detto la pediatra, allungandole arbitrariamente insieme alla ricetta per la Tachipirina anche quella educativa (non è né pedagogista né psicologa).

Sul web si affollano siti con consigli per genitori disorientati e blog di disperati. Riprende la psicologa e pedagogista milanese: "È l’imprevedibilità che rende il bambino padrone. Se i genitori sono incerti, lui se ne approfitta e comanda. Il mondo è alla ricerca di nuove regole, in economia, in politica. Non sono sorpresa che il primo nucleo sociale, cioè la famiglia, faccia lo stesso. Siamo passati dalla cosiddetta pedagogia nera, con regole molto rigide, punizioni e poca affettività soprattutto da parte del padre, all’eccesso opposto. Ora si cerca un riequilibrio, ma ci vuole tempo, molto tempo, bisogna aiutare i genitori a fare i grandi".

In certe famiglie i ruoli sono invertiti. Emblematico un caso passato dal Gea di Milano: i genitori litigano, il padre si mette a piangere e la bambina di 5 anni va in bagno, prende la valigetta del pronto soccorso e si dichiara pronta a seguire l’uomo. "Evidentemente il padre era solito mostrare la sua debolezza e la bimba gli fa da infermiera. È lei che cura e protegge" commenta Dario Cella.

Tilde Giani Gallino, professore ordinario di psicologia dello sviluppo all’Università di Torino, da anni conduce la stessa ricerca sulla famiglia italiana scoprendo che "a distanza di 25 anni il ruolo più cambiato è quello delle ragazze insieme a quello del padre, che ha scoperto l’affettività. Ma per rimettere a posto la famiglia si dovrà aspettare che i figli ora adolescenti diventino loro genitori: vorranno rivedere la formula, consci di essere segnati dall’educazione impartita loro, permissiva e con i ruoli confusi. Così come negli anni Settanta i figli di genitori eccessivamente autoritari hanno ribaltato tutto".

Cella ricorda un altro caso, quello di un bambino di 8 anni con genitori divisi: la madre libero professionista, il padre che faceva il "mammo" tanto che i genitori venivano chiamati indifferentemente mamma o papà. E commenta: "Quello che viene un po’ a mancare è il dio-padre, è Mosè che dice “Queste sono le leggi”. Se invece metto te bambino nella condizione di scegliere cose più grandi di te, se ti faccio diventare il sovrano assoluto, succede che salti in aria, diventi aggressivo con i coetanei, stai male. Tutti noi abbiamo bisogno di recinti, è un po’ come svegliarsi nel buio totale: vado avanti a tentoni, non so dove sia la parete che mi contiene. Se non trovo niente, mi viene l’angoscia. Da subito si ottiene l’autorevolezza, spesso i bambini piccoli sfidano, col pianto, o andando dove non devono. Un genitore deve sapere se la richiesta è legittima. I divieti servono. C’è una frustrazione sana che è quella dei no, il famoso recinto. Io figlio devo sapere fino a dove posso arrivare perché me l’hai detto, perché c’è un codice condiviso in famiglia".

A differenza di altri paesi, in Italia i bambini rimangono quasi tutti in casa fino ai 3 anni, come mostra lo studio dell’Unicef: colpa della penuria di asili e “merito” dei nonni, pronti a curare il nipote. Pecchenino: "Pesano sempre di più nella gestione del bambino: altra fonte di confusione".

Fioccano i condoni educativi, i messaggi contraddittori. In autobus la nonna è in piedi con la cartella, il bambino seduto. I piccoli sono quasi tutti cellulare-muniti, controllati e controllori.

"Genitori sempre meno presenti. E meno fanno i genitori, meno sono competenti sul come farlo. E per di più pieni di sensi di colpa" è il parere di Claudio Rozzoni, direttore del Centro per il bambino e la famiglia di Bergamo. In tre anni sono passati 1.300 casi, alcuni problematici (molestie e simili), altri di ordinaria follia coniugale. Sì, perché spesso il bambino viene usato, strattonato di qua e di là, e nell’assenza di recinti il sovrano si fa assoluto e il bambino sofferente.

Spiega Rozzoni: "La vera aggravante dei nostri tempi è l’aumento del conflitto coniugale". Non solo, bisogna fare anche i conti con la cultura imperante che martella gli adulti a realizzarsi, coccolarsi, darsi piacere. Una sorta di egoismo, come lo definisce Silvana Quadrino, psicoterapeuta della famiglia: "C’è da parte dei giovani adulti di oggi un’attenzione a se stessi talmente forte da rischiare di mettere in secondo piano la necessaria cura al bambino, che spesso viene coinvolto, adultizzato con dialoghi di questo tenore: “Sai, la mamma si è innamorata di un altro uomo. Stasera esce con lui. Gli vuole bene. Capisci?”. Oppure viene tenuto in mezzo agli amici dei genitori, portato come un pacco appresso. Il figlio è anche una scocciatura, un peso, un limite. I viziati sono spesso questi trentenni cresciuti nella bambagia, con scarsa capacità di sopportazione, che si separano dopo sei mesi perché magari a lui non piace andare in discoteca".

Fra il bambino di 3 anni col telecomando in mano e quello da "organizzare", o da sistemare versione bagaglio a mano, c’è il mare magnum dei dubbi, dei sensi di colpa, dei suggerimenti dati a casaccio, via internet o dal pediatra che si mette sul piedistallo dello psicoterapeuta. Stéphane Clerget, psichiatra infantile, consiglia in La madre perfetta sei tu (in uscita a febbraio dalla Mondadori) di recuperare l’istinto e di non colpevolizzarsi. Un altro francese, Aldo Naouri, pediatra conosciuto nel mondo, sta portando avanti la sua personale battaglia per frenare la deriva del bambino tiranno. Dice. "È chiaro che qui non si sostiene di non dialogare o di dare ordini in stile dittatoriale senza fornire una spiegazione. Ma il termine ascoltare mi fa un po’ paura, i genitori non sono degli ascoltatori. A loro si chiede di essere dei genitori".

Anche il sedicenne milanese figlio di padre informatico e madre professionista (un caso affrontato al Gea) avrebbe voluto avere i sì e i no, non essere lui a emanare editti sovrani. Invece la sua storia, e il malessere che si porta dietro, la dice lunga. I genitori si separano, la madre va a vivere in un’altra città con i due figli. Ha un nuovo compagno, si risposa. Ma quando il ragazzo entra nell’adolescenza il conflitto con la madre diventa più duro, fino a quando lui non chiede di andare a vivere col padre. Subito accontentato. Non bastasse, visto che il ragazzo non gradisce la convivente e la di lei figlia, obbliga il genitore a trovare un’altra casa per loro due. Passa le notti al computer, a scuola è un disastro, il mondo ubbidisce ai suoi voleri, lo ha sempre fatto. Allora perché cambiare? Pochi amici, scarsi rapporti. Un ragazzo infelice, per non dire disturbato.

Ancora Silvana Quadrino: "Il fatto che i genitori siano disorientati è eterno. Solo che, negli ultimi 50 anni, si sono confrontati con un presunto sapere psicologico. Presunto. Ma ha fatto credere loro di sapere cosa fare con i figli. Da qui i molti problemi di oggi".

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