Dedicato a chi pensa che i cattolici siano degli sfigati. Alessandro Sortino dalle Iene alla Tv dei vescovi. Un’intervista di Enrica Brocardo
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Riprendiamo dal sito della rivista Vanity Fair un’intervista di Enrica Brocardo pubblicata il 20/5/2015. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Educazione e media.
Il Centro culturale Gli scritti (14/6/2015)
Non prendetelo come un paragone ma il giorno prima del mio incontro con Alessandro Sortino, Raúl Castro aveva «confessato» a papa Francesco che «prima o poi potrebbe ritornare cattolico».
Da un anno quasi esatto, Sortino è stato chiamato come vicedirettore a Tv2000, il canale di proprietà della Conferenza episcopale italiana, per ideare nuovi programmi. Tra cui Beati voi, il primo che lo vedrà anche nel ruolo di conduttore: 7 puntate (in onda a partire dal 25 maggio) ispirate alle Beatitudini evangeliche. In realtà, l'ex giornalista delle Iene cattolico non ha mai smesso di esserlo anche se lo sapevano in pochi. Tutti gli altri hanno avuto un momento di incredulità faticando a far coincidere il piglio aggressivo dei suoi servizi con l'arrendevolezza della pecorella che d'istinto ci si aspetta da un fedele.
La sua scelta l'ha costretta, in un certo senso, a fare coming out.
«Questo perché molti pensano che essere cristiani significhi far parte di un esercito di sfigati che si radunano in luoghi tristi per rompere il cazzo al prossimo: “Ma come, questo faceva le domande cattive e adesso si scopre che è uno di quei mediocri rompicoglioni?”».
Ha mai sentito di doversi nascondere?
«La condizione del cattolico è strana: da una parte è figo non esserlo e, soprattutto nel contesto televisivo, spesso sei l'unico o uno dei pochissimi a esserlo. Eppure vieni trattato come espressione della maggioranza. Che è una sfiga ulteriore perché non ti viene neppure riconosciuto l'eroismo della solitudine. L'anno scorso a Masterchef c'era un povero cristo di concorrente che faceva il catechista. Cracco gli diceva cose tipo: “Ma il tuo Dio che cosa pensa del fatto che hai tagliato male le cipolle?”».
È capitato anche a lei di essere preso in giro?
«No, ma quando scoprono che sei cristiano ti trattano sempre come se ti stessi a perdere qualcosa di bello: il sesso, le donne. Detto questo, vorrei chiarire una cosa: Non è che io lavorerò a Tv2000 per il resto della vita. Tutti hanno pensato: “Sortino s'è accasato”. E, invece, ho rifiutato l'assunzione».
Quando ha preso consapevolezza della sua fede?
«Posso dirle la verità?».
Me lo auguro.
«A parte l'educazione familiare, la vera scintilla è arrivata al liceo dalla mia passione per la tragedia greca. Avevo letto La nascita della tragedia di Nietzsche e mi ero appassionato al concetto del capro espiatorio. Ragionandoci su, mi è venuto in mente il Vangelo, e ho deciso di leggerlo. L'idea di un Dio che si sacrifica una volta per tutte per far sì che nessun altro dopo di lui possa “essere tirato in mezzo”, l'idea che non si debba più partire dall'esclusione di qualcuno per costituire un gruppo, una società, queste cose mi sono sembrate così giuste da non poter non essere vere».
Magari mi sbaglio ma ho la sensazione che un altro punto di svolta, legato in qualche modo alla sua attuale scelta professionale, sia stato lo scontro in Tv con il figlio di Clemente Mastella e la censura del suo servizio alle Iene nel 2008.
«È una vicenda inspiegabile. Nel senso che quello che si è visto (In un servizio su Sky Tg24, ndr) ha creato un immagine distorta della realtà che non c'è stato più modo di correggere. Io non ero andato a prendere per il culo Clemente Mastella (Per gli arresti domiciliari della moglie, ndr) ma a solidarizzare, ironicamente, con lui. Suo figlio non c'entrava niente. Il mio errore fu non capire l'enorme rilevanza dal punto di vista politico di quella vicenda che, infatti, portò alla caduta del governo Prodi. Per una serie di concomitanze, sono diventato il simbolo del carnefice. E sono stato accusato pubblicamente di essere un raccomandato (Dal figlio di Clemente Mastella, Elio,ndr), una falsità, anche se non potrò mai dimostrarlo. Che mi ferisce perché si tratta di un qualcosa che ho programmaticamente deciso di non essere».
Che cosa intende?
«All'Università andavo bene ma non mi sono mai laureato. Mio padre, che all'epoca era direttore della Fieg, la Federazione italiana editori giornali, non avrebbe mai accettato di segnalare un figlio non laureato. Per lui sarebbe stata una sofferenza. Inoltre, è sempre stata una persona molto seria, mentre io avevo voglia di scherzare: ho preferito scegliere percorsi diversi anche per sentirmi libero di fare alla mia maniera. E ho fatto una gavetta pesante: ho impaginato un giornale dei medici, ho fatto lo sceneggiatore. Ma, tornando alla vicenda di Mastella, la cosa più importante è un'altra».
Ovvero?
«Per la prima volta mi sono trovato a essere accusato e additato. E mi sono reso conto che il mio prendere in giro le persone alle Iene non aveva successo perché quello che raccontavo era vero, ma per il gusto di vedere qualcuno perdere il ruolo che aveva avuto fino a quel momento».
Sta mettendo in discussione tutto un genere di giornalismo e di Tv che ha fatto anche lei.
«Certo. Ma chiariamo: c'era e c'è ancora molto di buono in quel metodo. Adesso tutti prendono per il culo tutti, però dovremmo ricordarci che all'inizio a fare le domande scomode ai politici erano solo le Iene, perché tutti gli altri erano preoccupati dal mantenersi in buoni rapporti. La parte cattiva, invece, è che il retropalco dell'accusa finisce per reggere il palco della politica».
Non ho capito.
«Mettiamola così: c'è una festa, tutti mangiano. Ma c'è una regola che le persone non conoscono: perché la festa continui, ogni tanto uno deve essere buttato fuori ed essere dato in pasto al popolo. Quello che è successo a Craxi, Moggi, Mastella... Ma il punto è: neppure chi sta fuori a banchettare sul corpo del caduto vuole che la festa finisca, perché vuole continuare a ricevere le briciole. Guardi il caso di Lupi (Il ministro alle Infrastrutture e i trasporti che si è dimesso lo scorso marzo, ndr). Ora, che ha fatto rispetto ad altri? Eppure c'è stato il bisogno di espellerlo. Una realtà supporta l'altra. L'ho capito quando a essere buttato fuori sono stato io».
E nella Chiesa, invece, come funziona?
«La Chiesa dovrebbe basarsi su un meccanismo completamente opposto. Il contrario di dire: “Noi siamo contro gli immigrati, noi siamo contro i corrotti, noi siamo contro i gay”».
Be', solo per fare due esempi, i gay e i divorziati qualche problemino ce l'hanno.
«Il dibattito che c'è stato all'interno Sinodo e che, in generale, c'è nella Chiesa in questo momento dimostra che è un luogo aperto. Non mi sembra che ci sia in atto un confronto altrettanto aperto nel mondo laico. Pensi alla violenza, alla caccia alle streghe scatenata nei confronti di Dolce e Gabbana (Per la loro perplessità rispetto agli uteri in affitto, ndr). Non solo non succede nulla di simile nel mondo cattolico, ma molti di quelli che dicono di non vederci nulla di male nelle gravidanze surrogate, non si sono mai davvero soffermati a pensare alle conseguenze. Lo dicono perché c'è stato un tam-tam che li ha portati a pensare che non possa che essere giusto così. Quando si parla del Vangelo, sembra sempre che uno ti stia tirando addosso una norma: “Devi fare così”. Ma come funziona nella società laica? Quante persone pensano cose che non hanno mai pensato perché gli sono state imposte come verità?».
Facciamo un passo indietro: all'inizio, come le è venuto il desiderio di fare il giornalista?
«Ero il direttore del giornale della scuola. Si chiamava Otto e trenta, l'inizio dell'orario delle lezioni. Lo avevo ereditato e lo avevo trasformato in qualcosa che non si capiva se era serio o no. Il primo pezzo che scrissi era sulla manifestazione dei Ragazzi dell'85 (Un movimento studentesco, ndr). Era una presa in giro ed ebbe un successo pazzesco. Da allora, i professori cominciarono a darmi volti alti e la preside venne in classe a dire: “Questo ragazzo diventerà un giornalista”».
E Iena come lo è diventato?
«Da ragazzo con alcuni miei compagni di liceo facevano scherzi atroci e li filmavamo. Uno di loro era Filippo Roma, allora mio compagno di banco, oggi “moralizzatore” alle Iene. In un certo senso eravamo già quella cosa lì prima di diventarlo».
Evangelicamente parlando trovo la presa in giro piuttosto crudele.
«È vero. Ma tutto è peggiorato da quando c'è Internet. Pensiamo all’inizio delle Iene: quando prendevamo per il culo un politico si trattava di cinque minuti di sfiga in onda alle 11 e mezza di notte su Italia 1 nei confronti di una persona che per tutta la vita era sempre stata riverita e ommaggiata. Ci sta. Adesso, con la rete, quei cinque minuti rimangono lì per sempre. Stando così le cose, persino la persona più distante da me, oggi, ottiene la mia pietà».
Papa Francesco lo ha incontrato?
«Una volta con il resto di Tv2000. Mi guardava strano, avrà pensato: “Ma chi è questo?”. Sul nostro ruolo ha detto alcune cose che mi sono segnato (cerca sul cellulare): “Risvegliare le scintille delle parole”, “Raccontare la complessità della vita”, “Aprire, non chiudere”, “Evitare sia l'allarmismo sia un'immagine della realtà edulcorata e consolatoria”».
Praticamente vi ha dettato il piano editoriale.
«È tutta la vita che avrei voluto un direttore che mi dicesse lo stesso. Io, sono anni, che provo a raccontare la complessità».
Il peccato più grave per un cattolico?
«Essere chiusi al perdono. Pensare che le persone non possono cambiare».
La preghiera ha un ruolo importante nella sua vita?
«È una di quelle cose che quando la fai ti domandi: “Ma perché non lo faccio più spesso?”. Non si prega mai abbastanza».
Una delle trasmissioni più seguite di Tv2000 è il rosario.
«Funziona perché è un evento. Ti senti collegato con le altre persone che lo guardano. Un po' come X Factor».
In generale che tipo di pubblico avete?
«Piuttosto anziano. Ma in linea con gli altri canali generalisti. La Tv oggi è vecchia, è un problema che riguarda tutti».
Non è facile trovare il canale. Mi domando come ci riesca una persona un po' avanti con gli anni.
«Dev'essere la provvidenza».
A margine dell'intervista, abbiamo sottoposto Alessandro Sortino a un questionario per «mettere alla prova» la sua fede alla dottrina cattolica. Qui sotto, trovate domande e risposte.
Qual è stata l’ultima volta che ha aiutato un povero, un afflitto? Come?
«Considero più grave vantarsi delle buone azioni che passare per uno che non le fa».
Ha mai desiderato la donna d'altri?
«Mi capita spesso».
Ha mai rubato? Proprio niente niente?
«A otto anni, un giocattolo in un negozio. Ma mi sono già confessato per questo».
Crede nei miracoli?
«Mi stupiscono meno della realtà che fa intravedere la fisica quantistica».
Ha mai partecipato a pellegrinaggi o altri eventi religiosi?
«Ogni tanto sono andato alla Porziuncola, ad Assisi».
Non prenderebbe in considerazione il divorzio per nessun motivo?
«Ci si sposa in tre. Il terzo è Dio. Può capitare di divorziare da Dio? Sì. Ma lui non ti lascia comunque».
L'aborto è inaccettabile in ogni caso?
«Se rispondo "sì", condanno senza rimedio le persone che lo hanno fatto, il che è terribile. Se rispondo "no" faccio intendere che l'aborto può essere "il male minore" in alcune situazioni, il che è falso. Dunque come faccio a rispondere?».
È arrivato vergine al matrimonio?
«No, ma la purezza per un cristiano è un punto di arrivo, non di partenza».
Il suo «rapporto» con i contraccettivi è in linea con la dottrina della Chiesa?
«Mi sembra la domanda di un rappresentante di profilattici. Comunque qualche volta ho sgarrato».
Ha mai desiderato di uccidere qualcuno? Nemmeno per un attimo?
«Sono sincero: credo di no».
Quante volte si confessa in media al mese/anno?
«Due o tre al mese, dipende».
Qual è la sua preghiera preferita e perché?
«Il Padre nostro perché anche se lo dici da solo lo dici assieme a qualcuno».
Il santo preferito?
«San Paolo perché non riesco ad accettare alcune delle cose che ha detto, dunque devono essere vere».
Se uno dei suoi figli decidesse di farsi prete/frate/suora sarebbe felice?
«Sempre meglio che lavorare in una banca d'affari».
C’è qualcosa che cambierebbe nella dottrina della Chiesa cattolica?
«Non sono all'altezza di risponderle. Ma se tante persone continuano a imprigionare la speranza nella morale, come queste domande dimostrano, vuol dire che il Vangelo va comunicato meglio».