Se l'Occidente «piccona» i suoi valori fondanti, di Carlo Cardia
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Riprendiamo da Avvenire del 7/4/2015 un articolo di Carlo Cardia. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (6/9/2015)
Riflessioni e analisi di diversa natura ci parlano da tempo dell’impoverimento dell’occidente che s’insinua nelle pieghe d’una cultura protesa a scolorire le conquiste civili della modernità. Poco per volta, sono messi in discussione traguardi di cui il Novecento andava orgoglioso, a cominciare dai diritti delle donne, ottenuti dai movimenti femminili in decenni di impegno, che rischiano d’essere declassati sulla spinta della 'ideologia del gender' che, giorno dopo giorno, crea attorno a sé un nuovo deserto. Il suo approdo più recente è la richiesta di inglobare l’identità femminile nell’orizzonte neutro dell’individualità, che nega ogni identità: un regresso che fa ingiallire parti essenziali delle Carte internazionali come la difesa dalle discriminazioni, i diritti sociali che spettano alle donne.
Se l’identità di genere fosse indifferente, quasi rischiosa, se si disconoscesse la funzione della maternità, lo specifico apporto femminile alle relazioni umane e alla crescita delle nuove generazioni, le donne tornerebbero sole, emarginate, irrilevanti. Un pezzo di storia dell’emancipazione umana diverrebbe un errore, un incidente della modernità, ciò che era un punto d’onore per l’occidente diviene una macchia, una colpa: anche il messaggio di speranza trasmesso alle donne di tutto il mondo per un futuro diverso, finirebbe per stemperare in un silenzio opaco, e ciascun Paese dovrebbe tenersi patimenti e discriminazioni che affliggono la popolazione femminile in età giovanile, adulta, anziana.
Già nel 1997 Dale O’Leary affermava che a spingere troppo oltre l’agenda di genere «andranno perdute le conquiste che le donne hanno acquisito negli ultimi cento anni». Di recente, Paola Ricci Sindoni su 'Avvenire' ha sottolineato la necessità di una reazione forte all’annullamento 'ideologico' del corpo sessuato, se si vogliono difendere le specificità della donna e dei suoi diritti. L’opera distruttiva sta inducendo – ne ha parlato, sempre su queste pagine, Mario Binasco – anche a negare il principio di realtà come limite all’agire umano. Il 'negazionismo antropologico' suggerisce di vivere il corpo femminile come ingiustizia, la maternità come peso 'diseguale' rispetto agli uomini, la differenza dei sessi come fastidio da attenuare, quasi annullare.
Così, altri pezzi delle Carte dei diritti si sfrangiano perché inutili: i diritti del fanciullo, saggiamente graduati secondo l’età, la linea evolutiva di ciascuno, perdono senso per l’essere umano uno e indivisibile, che ignora le differenze. La 'ideologia del gender' non rispetta neanche i tempi e l’armonia della crescita, ne infanga la bellezza, impone ai più piccoli di affrontare la sessualità quando non hanno gli strumenti e gli impulsi del desiderio e della ricerca. Oppure crea limiti artificiali grotteschi con l’adozione di minori a coppie dello stesso sesso, consentendo che esistano bambini che non conosceranno mai il calore del corpo e dell’anima della mamma, perché la madre è espunta dal loro orizzonte di vita, o non sentiranno mai la tenerezza e la forza dell’abbraccio paterno perché il padre semplicemente non c’è. Si tratta di una decadenza drammatica diretta a cancellare l’opera di affinamento nell’attenzione ai giovani, ai bambini, ai più piccoli e deboli.
Infine, la libertà religiosa elaborata dall’Occidente come valore universale dopo secoli di difficoltà e contrasti confessionali, è messa in discussione da più parti nel suo valore espressivo cruciale, nonostante costituisca l’unico strumento che possa garantire un futuro di convivenza libera, feconda tra le grandi famigli dell’umanità. Di recente, Paolo Flores D’Arcais, legato alla tradizione giacobina, ha persino esaltato le iniziative antiliberali con una efficace sintesi: a suo parere, «la democrazia deve esiliare Dio», «è inerente alla democrazia l’ostracismo di Dio, della sua parola e dei suoi simboli, in ogni luogo dove protagonista sia il cittadino: scuola compresa, e anzi scuola innanzitutto, perché ambito della sua formazione». Al fedele restano chiese, moschee, sinagoghe, e la sfera privata in interiore homine.
Si delinea, approvandolo, ciò che purtroppo avviene nelle antiche terre della libertà religiosa; dove si cerca di abolire simboli d’ogni genere, crocifissi, veli islamici, stelle di Davide, espungere la religione dalla sfera sociale, illudendosi di creare 'laicità' mentre si crea diffidenza, ostilità, umiliazioni dei credenti. E s’infittisce la campagna diretta a eliminare la religione dalla scuola, fare della scuola la palestra di diffusione di prassi statocratiche, negare il diritto dei genitori di educare i figli, imporre un’educazione sessuale scriteriata ai più piccoli, senza nemmeno riconoscere la facoltà di astensione che compete ai giovani e alle loro famiglie.
Si delinea così la sistematica opera di erosione di una delle principali conquiste dell’evoluzione umana, avviata dal cristianesimo e proseguita dalla società liberale e dal costituzionalismo moderno: alla libertà per i credenti che vuole rispetto, accoglienza, si contrappone diffidenza, irrisione, costrizione al silenzio, riduzione alla sfera 'intima'. Si chiudono i credenti nel Tempio, si chiede l’«ostracismo di Dio» dimenticando quali sono state le conseguenze dell’esilio di Dio praticato dai totalitarismi del Novecento. S’ignora anche la lezione di Alexis de Tocqueville, per il quale le democrazie che escludono Dio degenerano e producono ingiustizia, violenza, terrore. L’Europa e l’occidente che si svuotano dei valori più alti, si scoprono disarmati di fronte alla svolta drammatica che si sta realizzando sotto i nostri occhi, con la ripresa di persecuzioni contro il cristianesimo e altre fedi.
Registriamo l’uso d’una violenza raccapricciante che ignoravamo, o leggevamo solo nei libri di storia, e vi assistiamo, secondo le parole di papa Francesco, tacendo la sua gravità, celandola, quasi ignorando le vittime e i martiri sempre più numerosi in Asia, Africa, Europa. E non ci poniamo domande inquietanti: dove sono, cosa fanno, le istituzioni internazionali, l’Onu in primo luogo, ideate e volute proprio per tutelare e difendere i diritti umani in ogni angolo della terra?
Nei decenni scorsi, l’Onu è intervenuta, con documenti, atti solenni, interventi d’interposizione, per affrontare crisi internazionali, regionali, anche con frutti positivi. Oggi nessuno dice nulla a nessuno. Dobbiamo dedurne che la violenza contro i cristiani, diffusa ovunque, praticata da strutture terroristiche, esibita mediaticamente quasi per mostrarsi onnipotenti, non sia un male grave per l’umanità? O che essa non riguardi i diritti umani d’intere popolazioni e comunità religiose? Un occidente povero, e decadente, moralmente e spiritualmente, sembra non sapersi porre questi problemi e trovarvi soluzione. E a questo non ci si può rassegnare.