E’ solo una Biblia pauperum?
Spesso si afferma che l’immagine cristiana, il grande rilievo dato all’arte pittorica proprio del cristianesimo, sia dovuto alla necessità di esporre in via immaginifica la fede per i meno colti, che non potevano leggere. Gli affreschi, i cicli pittorici dell’Antico e del Nuovo Testamento, sarebbero così una sorta di Biblia pauperum, di Bibbia per i poveri, per gli analfabeti, che non potevano andare oltre le immagini. Non è così!
Il sorgere immediato dell’arte cristiana e delle sue raffigurazioni non deriva tanto dal timore che alcuni non sapessero leggere. E’ molto di più: i cristiani vedono nelle immagini la propria vocazione, il proprio genio. Ben prima del Concilio di Nicea II, che sancirà ufficialmente non la possibilità, ma ben più l’obbligo di fare immagini, da subito la Chiesa capisce che il Cristo è l’immagine del Dio fino ad allora nascosto. Mostrarlo è intrinseco alla testimonianza cristiana. A questa testimonianza appartengono le immagini. Anche la vita eterna non è mai stata concepita dalla fede cristiana come una enorme sala di lettura, ma come una visio beatifica, come la possibilità di vedere Dio.
Il sorgere immediato dell’arte cristiana e delle sue raffigurazioni non deriva tanto dal timore che alcuni non sapessero leggere. E’ molto di più: i cristiani vedono nelle immagini la propria vocazione, il proprio genio. Ben prima del Concilio di Nicea II, che sancirà ufficialmente non la possibilità, ma ben più l’obbligo di fare immagini, da subito la Chiesa capisce che il Cristo è l’immagine del Dio fino ad allora nascosto. Mostrarlo è intrinseco alla testimonianza cristiana. A questa testimonianza appartengono le immagini. Anche la vita eterna non è mai stata concepita dalla fede cristiana come una enorme sala di lettura, ma come una visio beatifica, come la possibilità di vedere Dio.