1/ I 21 copti assassinati: morire pregando Gesù, di Marina Corradi 2/ Il cuore dell'Egitto commosso e devastato, di André Azzam
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1/ I 21 copti assassinati: morire pregando Gesù, di Marina Corradi
Riprendiamo da Avvenire del 18/2/2015 un articolo di Marina Corradi. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (22/2/2015)
Un occidentale non esperto non avrebbe potuto accorgersene. Ma Antonios Aziz Mina, vescovo copto di Giza, cittadina egiziana, nel guardare il video della esecuzione dei ventuno lavoratori cristiani copti uccisi dall’Is ha osservato le labbra dei condannati negli ultimi istanti, e dal labiale ha letto che invocavano il nome di Gesù Cristo. Il vescovo lo ha dichiarato ieri alla Agenzia Fides, ma forse, nell’incendio che si va allargando sulla Libia, e nell’angoscia che da quel Paese riverbera sul Mediterraneo e l’Europa, a qualcuno potrà apparire una notizia minore.
Le “vere” notizie non sono forse i bombardamenti, le città conquistate e perdute, le cupe minacce lanciate dall’Is? E quel labiale invece, solo poche parole afone, subito travolte nel torrente di sangue che sale dal povero corpo di un uomo trucidato.
Eppure a volte proprio nelle parole dette piano sta qualcosa di molto grande. Non sarebbe stato umanamente più comprensibile, in quell’ultimo istante, supplicare pietà, o maledire gli assassini? Per noi europei, nati in una Chiesa non fisicamente minacciata, è ragione quasi di uno sbalordimento quell’estremo invocare Cristo, nell’ultimo istante.
Noi, che, quanto alla morte, ci preoccupiamo che sia “dignitosa” e “dolce”, e magari convocata quando noi riteniamo che sia l’ora. Questa morte dei ventuno giovani copti, non “dignitosa” e atroce, ci colpisce per la statura che assumono le vittime, morendo nell’atto di domandare Cristo.
Statura, anche questo particolare era stato previsto dall’attento regista dell’Is, nel girare quel video sulla riva del mare. Mentre carnefici e vittime camminano verso il luogo dell’esecuzione infatti è evidente come i boia siano stati scelti fra uomini molto alti, e come bassi, accanto a loro, appaiano i prigionieri.
Quasi a evocare tacitamente l’idea che i terroristi siano “grandi”, e le vittime solo “piccoli” uomini; dentro a un mondo sconvolto, giacché non è il nostro Mediterraneo solare, quella spiaggia livida su cui si frangono onde arrossate dal sangue. Ogni dettaglio, quindi, era stato previsto dagli assassini per evocare un mondo “altro”, in cui dominano i boia intabarrati di nero, a cancellarne perfino le umane sembianze. Ma quell’ultimo labiale non lo avevano previsto, e non sono riusciti a censurarlo. Ostinato come il «no» di Asia Bibi all’abiura, fermo come il «no» di Meriam Ibrahim, in Sudan, quando era in prigione, in catene, con un figlio in grembo, e la prospettiva della impiccagione davanti a sé.
Noi cristiani del mondo finora in pace fatichiamo a capire. Ci paiono giganti quelli che muoiono, come ha detto il Papa dei ventuno copti, da martiri. Eppure se guardiamo le facce di quegli stessi prigionieri nel giorno della cattura, in fila, i tratti mediterranei che li fanno non così diversi da molti ragazzi nel nostro Sud, ci paiono uomini come noi, con gli occhi sbarrati di paura. E allora che cosa determina, nell’ultima ora, quella irriducibile fedeltà a Cristo?
Una grazia, forse, e insieme il riconoscere, con assoluta evidenza, nell’ultimo istante, il nome in cui, perfino nella morte, nulla è perduto: famiglia, figli, madri e padri e amori, non annientati ma ritrovati e salvati. Pronunciano davanti alla morte quel nome come un irriducibile «no» al nulla, in cui i boia credono di averli cancellati.
2/ Il cuore dell'Egitto commosso e devastato, di André Azzam
Riprendiamo dall’agenzia di stampa AsiaNews del 17/2/2015 un articolo di André Azzam. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (22/2/2015)
Il Cairo (AsiaNews) - Il cuore dell'Egitto è insieme commosso e devastato per l'orribile decapitazione di 21 cittadini egiziani in Libia, ad opera dei jihadisti alleati dello Stato islamico.
Tutti i giornali di ieri e di oggi dedicano le prime pagine con titoli in nero, come per lutto, mostrando le foto delle 21 vittime in ginocchio sulla riva del mare prima di essere sgozzati dai loro uccisori. Anche le pagine interne sono piene di commenti e analisi sull'accaduto.
Anche se lo Stato islamico si vanta di aver ucciso dei cristiani, per tutti qui, le vittime sono anzitutto degli egiziani. Il governo ha deciso il lutto nazionale per sette giorni.
Ieri il presidente al-Sisi è andato di persona dal patriarca copto Tawrados per presentargli ufficialmente le condoglianze. Il Consiglio di difesa nazionale, sotto la sua presidenza, è in raduno da giorni per far fronte alla situazione.
Al Sisi ha annunciato che questi 21 egiziani uccisi in Libia sono veri "martiri", come i loro concittadini uccisi di recente nel Sinai. Egli ha deciso di garantire a ogni famiglia degli uccisi un dono di 100mila sterline egiziane (circa 13mila dollari Usa), oltre a una regolare pensione e cure mediche per tutti i membri delle famiglie. I giovani uccisi provenivano quasi tutti da alcuni villaggi dell'Alto Egitto ed erano emigrati in Libia per lavorare e guadagnare qualche soldo per sposarsi o per mantenere le famiglie in patria.
Tawadros e l'università di Al-Azhar hanno denunciato "l'orribile crimine". Lo Shaykh Ahmad al-Tayeb, capo di Al-Azhar, la più alta autorità sunnita nel mondo, come pure Shawqi 'Allâm, il Gran Mufti dell'Egitto, hanno ribadito che l'islam e le religioni celesti non possono giustificare simili crimini. Il patriarca copto ha detto che la nazione non avrà pace finché i criminali non verranno puniti.
A tutt'oggi le famiglie domandano che vengano loro consegnati i corpi dei loro cari per dare loro sepoltura.
I membri delle famiglie degli uccisi, provenienti da diverse località dell'area di Minya (Medio Egitto), per giorni e giorni sono andati alla sede del patriarcato e Tawadros li ha sempre accolti. Due giorni fa, quando già circolava la notizia dell'uccisione dei 21 copti, essi hanno tenuto una dimostrazione davanti alla sede del sindacato dei giornalisti.
Ieri Tawadros, che è capo della Chiesa copta ortodossa e patriarca di Alessandria, ha ricevuto numerose visite, ufficiali e private per le condoglianze. Fra questi, anche l'incaricato d'affari della Nunziatura vaticana, accompagnato da p. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica in Egitto. In serata, lo stesso papa Francesco ha telefonato personalmente a Tawadros, assicurando che oggi si unirà nella preghiera a tutti i cristiani dell'Egitto. Molti visitatori hanno anche incontrato le famiglie degli uccisi per portare loro conforto.
Assieme a un sentimento di dolore, tutti in Egitto sono contenti per i raid aerei egiziani contro le basi dello SI in Libia. Si attendono ancora più attacchi per sgominare "quei terroristi".
Per settimane l'attenzione dell'Egitto si è concentrata sulle notizie riguardanti gli egiziani arrestati dai jihadisti in Libia. Alla fine di dicembre è emersa la notizia dell'uccisione in Libia di una famiglia egiziana composta da un dottore copto, sua moglie e la loro figlia 13enne. Essi sono stati uccisi perché egiziani e perché cristiani. Da quel momento, la stampa e la pubblica opinione hanno iniziato a domandare a tutti gli egiziani di lasciare la Libia.
Al presente, almeno 1,5 milioni di egiziani risiedono in Libia. E tutti in Egitto desiderano che essi siano riportati in patria in sicurezza. Il capo di Stato ha dato disposizioni al Ministero del lavoro e dell'emigrazione di bloccare ogni visto di uscita per la Libia e ha promesso di aiutare ogni egiziano per il rimpatrio.
Per settimane l'opinione pubblica e i media, preoccupati della situazione, hanno domandato una qualche azione al governo per salvare gli ostaggi. Giorni fa il rappresentante della Libia nella Lega araba ha rivolto parole di cordoglio alle famiglie degli ostaggi, ma questa notizia non è stata diffusa, mentre il capo di una tribù libica implicato nelle trattative dava deboli speranze per la loro liberazione. Di fatto, nessuno sa con precisione quando la decapitazione ha avuto luogo.
Per le strade, tutti sembrano preoccupati da questi avvenimenti, esprimendo una specie di unità nazionale di fronte alla minaccia costituita dal movimento jihadista. Perfino i leader musulmani integralisti denunciano l'uccisione. Il capo del movimento salafita Al-Nur afferma che "questo terribile crimine rafforza la coesione degli egiziani". Tutti i partiti politici e gli ambienti religiosi musulmani sono uniti nella condanna di questi assassini e dei continui attacchi dello SI contro l'Egitto e gli egiziani.
Nell'attesa di sviluppi, nessuno in Egitto sembra trovare pace fino a che gli autori della decapitazione non siano puniti in modo definitivo.