1/ Le parole del Profeta. Il Corpus Coranicum, di Alessandro Speciale 2/ Il sito Corpus Coranicum
1/ Le parole del Profeta. Il Corpus Coranicum, di Alessandro Speciale
Riprendiamo dal sito della rivista Jesus un articolo scritto da Alessandro Speciale e pubblicato il 9/9/2011. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sotto-sezione Islam, nella sezione Cristianesimo, ecumenismo e religioni.
Il Centro culturale Gli scritti (25/2/2015)
Oggi si pensa che il testo sacro dell'islam sia stato dettato letteralmente da Allah a Maometto e quindi debba essere preso come un corpo di leggi ferree. Ma c'è stato un tempo in cui i saggi musulmani discutevano criticamente del Corano. Un gruppo di studiosi tedeschi ha deciso ora di riprendere quella strada. Per mostrare, con gli strumenti dell'esegesi, come si è andato costruendo il testo. Che ha un orizzonte spirituale, non politico-giuridico.
Una madrasa di Srinagar. (foto F. KHAN/ANSA)
All'ultimo piano di una luminosa palazzina del centro di Potsdam, a pochi chilometri da Berlino, c'è la sede di un progetto che – stando al titolo di un giornale tedesco di qualche tempo fa – potrebbe «rovesciare dittatori e far crollare regni».
Si tratta del Corpus Coranicum, un progetto dell'Accademia delle Scienze di Berlino e Brandeburgo che vuole presentare, in forma aperta e digitale, le differenti «lezioni» del testo del Corano attestate dalla tradizione orale e da quella scritta, insieme ai commenti storici più significativi e ai testi dell'ambiente culturale in cui si è formato il testo sacro dell'islam.
A prima vista, niente di scottante. Eppure non capita tutti i giorni che un progetto filologico finisca sulla prima pagina del Wall Street Journal. In realtà, come racconta a Jesus il direttore del progetto, Michael Marx, il tam-tam e le aspettative che hanno accompagnato la genesi dello studio – che manderà online a breve una piccola parte del suo lavoro, circa 500 brani, accompagnati da 2 mila pagine di manoscritto digitalizzate e da circa altrettante varianti – sono decisamente eccessivi.
«Il motivo per cui si è scritto così tanto su di noi è che tutti credono che il nostro progetto abbia un'applicazione diretta in politica». Lo studioso scherza sull'idea del Corano che si ha spesso in Occidente, come se il testo sacro «controllasse» direttamente la mente dei musulmani: «È un po' come dire che i musulmani non sono matti, ma il loro software – il Corano – è sbagliato. Se lo capisci, se lo puoi decostruire, puoi entrare in possesso di questo strano "telecomando" degli esseri umani» e fare in modo che agiscano in maniera diversa.
Naturalmente, niente di tutto questo è nemmeno lontanamente vicino alla realtà: un'ossessione tipica del periodo post-11 settembre, forse già superata nei fatti dalla "Primavera araba". La ricaduta politica che il progetto potrebbe avere, dice Marx, è invece «contribuire, in una prospettiva lunga, al dibattito europeo sull'islam» con la conoscenza e la tradizione di studio del Corano. «E questo», aggiunge, «è importante, perché se un Paese sceglie di formare gli imam, automaticamente si porrà la questione: da dove importare le scuole per formarli? Dalla Giordania, dall'Egitto, dall'Indonesia o dall'Iran? Oppure ci sarà una tradizione "locale"?».
L'obiettivo di Corpus Coranicum non è certo quello di fare una "edizione critica" del Corano in senso proprio – stabilendo un nuovo testo "ripulito" di incrostazioni storiche, errori di trascrizione e trasmissione accumulatisi nel corso di 1400 anni di storia. Piuttosto, spiega Marx, «stiamo preparando il campo per una possibile edizione critica: quello che facciamo è tenere conto di 35 fonti diverse, cercando di inserire alcuni dei dati nel nostro database per riportare alla memoria che la storia della cultura musulmana ha un approccio critico al testo. E so», aggiunge, «che questo può suonare strano».
Il direttore del progetto
Corpus Coranicum, Michael Marx.
L'idea del mettere a confronto, in una visione sinottica, le diverse "lezioni" del Corano è sicuramente controversa. In gran parte delle società musulmane contemporanee la concezione prevalente è che il testo del Corano sia stato dettato direttamente da Allah a Maometto, e quindi che ogni intervento sul testo sia da considerare blasfemo.
«Nell'islam più diffuso nelle strade e su internet», sintetizza Marx con una battuta, «sembra che siano stati tutti a scuola da missionari protestanti che insegnano la lettura più letteralista della Bibbia, e che siano stati tutti degli ottimi studenti, applicando alla loro religione quanto imparato».
È un'esagerazione, naturalmente. Ma soprattutto, per il professore, si tratta di una concezione in contrasto con gran parte della tradizione musulmana dei secoli passati. «Oggi», dice, «gli studiosi musulmani sono molto lontani da quello che hanno creduto negli ultimi 1400 anni. Anche nelle scuole più tradizionaliste e conservatrici che vanno dall'VIII al XVIII secolo, tutte molto lontane da idee "moderne" come l'emancipazione della donna o i diritti umani, non si trova nessuno che dica che il Corano sia frutto di una "ispirazione verbale" (di Allah, ndr) alla maniera di quanto affermano oggi della Bibbia i testimoni di Geova o alcune Chiese protestanti».
Il tema dell'ispirazione, sottolinea Marx, nella teologia musulmana è estremamente delicato: «Sono pochissimi coloro che pensano che Dio abbia trasmesso un'informazione linguistica, parola per parola, tramite l'angelo, a Maometto». La maggior parte dei teologi musulmani degli ultimi 1300 anni sono invece dell'idea che «tra il profeta e la trascendenza » ci sia un processo che in arabo viene chiamato wahy, «che è qualcosa come una trasmissione non linguistica, un sistema di scambio rivelazionale. Non è chiaro», sottolinea Marx, «se abbia o meno a che fare con il linguaggio: nel Corano, la parola wahy è usata per descrivere come gli animali comunicano l'uno con l'altro».
Non è un caso, quindi, che per secoli gli studiosi musulmani si siano occupati delle varianti del testo, discutendo, accettando o rifiutando le "lezioni" differenti proposte dalle diverse tradizioni. È proprio questo il patrimonio che il progetto Corpus Coranicum mira a sistematizzare, organizzandolo con i metodi della ricerca scientifica occidentale.
Per Marx, questo è uno degli aspetti forse più sorprendenti del lavoro. Gli studiosi musulmani dell'età dell'oro della civiltà musulmana naturalmente non parlavano certo di «studio critico» come si farebbe oggi. «Dicevano: "Qualcuno legge questa parola in questo modo, altri in quest'altro. Questo modo è migliore, questo è più forte"». Ma se il nome è diverso, la sostanza è molto simile a quello che fanno i filologi occidentali odierni: «È un tipo di approccio al testo che precede il nostro illuminismo. È cominciato nel tardo VIII secolo e solo nel X secolo vennero stabilite varie letture canoniche». Le altre versioni, però, non scomparvero, ma continuarono a essere trasmesse e dibattute: «Gli studiosi andalusi del XV secolo ancora discutevano e analizzavano diverse varianti molto strane, anche se naturalmente non venivano più usate nella preghiera».
Il fatto che questa grande fetta di tradizione sia stata oggi sostanzialmente dimenticata, almeno a livello popolare, è, con ogni probabilità, una delle conseguenze della modernità: «Oggi», dice Marx, «molti musulmani si sentono a disagio se leggono gli autori antichi che dicono "Questo versetto si può leggere così, o così, o anche in un terzo modo". Si chiedono come sia possibile: "Perché è così complicato? Deve esserci una sola versione"». E questo, sottolinea, «non solo perché Dio ha detto solo una cosa ma perché la gente si dice: "Viviamo nel XXI secolo, siamo moderni, non ci può essere tutta questa ambiguità"».
Non è un caso, quindi, che questo progetto nasca in Occidente: ci sono numerose eccezioni ma «questo campo un tempo così forte tra gli studiosi musulmani oggi è abbastanza debole», spiega Marx, «negli ultimi decenni tutte le istituzioni della cultura islamica hanno molto sofferto».
C'è un altro aspetto del Corano che il progetto mira a mettere in evidenza: il testo sacro dell'islam non è venuto alla luce nel vuoto, in un terreno privo di radici e tradizioni culturali. È per questo che Corpus Coranicum mette in relazione i passaggi del Corano con testi giudaici o della Bibbia e con quello che rimane della poesia e della letteratura proto-arabe. Marx fa l'esempio della sura 112, il «cuore dell'islam». Nell'edizione curata da Federico Peirone, recita: «Inneggia: Lui! Il Dio! Egli è unico! / Il Dio è il samadu. / Non genera e non è generato. / Nessuno gli è uguale».
Tralasciando samadu, termine di difficile traduzione («onnipotente», «impenetrabile», «eterno », «assoluto», «soccorritore» alcune delle possibilità discusse da Peirone), il rapporto con le professioni di fede delle due religioni che dominavano la scena culturale in cui è emerso il Corano è evidente: da una parte il Credo niceno – per cui Cristo è «generato» ed è colui per mezzo del quale tutte le cose sono state generate – dall'altra lo Shemà Israel, «Ascolta Israele», che invita il popolo ebraico all'ascolto, l'opposto della proclamazione.
«Quello che conta qui è che il testo sta rifiutando due altri famosi "credi" di quell'epoca. Si tratta di una deliberata, letterale confutazione, di un pensiero teologico», dice Marx. E il dato emerge con ancor più evidenza dallo studio dettagliato delle parole usate. Il Corano, insomma, «si rivolgeva a persone in un determinato contesto», segnato dalla presenza delle religioni ebraica e cristiana.
Non si tratta di un «plagio» o di una «copia» da parte del testo sacro dell'islam, né dell'influenza di un vocabolario straniero, sottolinea il professore. E non è un dettaglio da poco conto: alcuni studi occidentali del testo coranico hanno fatto scalpore nel mondo musulmano perché spostavano l'origine del testo dall'Arabia alla Palestina oppure ne ritardavano la composizione di un paio di secoli rispetto all'epoca di Maometto.
«Nessuna di queste teorie è in accordo con i risultati degli studi degli ultimi vent'anni» ma, scriveva Marx in un articolo del 2008, il loro effetto sul pubblico musulmano è stato profondo: sembravano rivelare «i veri scopi degli studi occidentali, e quindi si può dire che in certa misura abbiano distrutto la fiducia reciproca».
In realtà, il lavoro che il suo gruppo sta portando avanti non ha finora portato alla luce grandi variazioni nel testo del Corano o grandi novità dal punto di vista della sua genesi storica. Né d'altra parte è il caso di aspettarsi grandi ricadute concrete sul modo in cui vivono le società musulmane da una nuova "versione" del Corano: nel libro, sottolinea Marx, «ci sono molte poche affermazioni di carattere giuridico», costituiscono meno del 5% del testo.
Il Corano «è collegato in maniera molto debole a questioni politiche e giuridiche». Qui, aggiunge, «in molti confondono il Corano e la tradizione», gli hadith del profeta. Il dato importante che emerge dal collocare il testo sacro dell'islam nel suo contesto è, invece, quello di «mettere in discussione la concezione esclusiva dell'identità giudaico-cristiana». Se due religioni mediorientali come l'ebraismo e il cristianesimo si sono potute trapiantare in Europa e in Occidente, perché non potrebbe farlo anche l'islam, che è nato nella stessa regione e in un ambiente culturale impregnato di quelle religioni? In questo modo, conclude Marx, collocandoli nel quadro della tarda antichità mediorientale, «il Corano e la storia dei musulmani possono liberarsi della loro connotazione di alterità "esotica", non-europea».
2/ Il sito Corpus Coranicum
A questo link il sito Corpus Coranicum. Ad esempio, per visualizzare i manoscritti antichi bisogna cliccare sulla Sura e sul versetto corrispondente e successivamente su Handschriften (manoscritti).