Il mito della trasparenza. Una recensione di Luigi Alici ad un volume di Byung-Chul HAN
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Riprendiamo dal blog Dialogando, di Luigi Alici, una recensione di Luigi Alici a Byung-Chul HAN, La società della trasparenza (2012), tr. it. di F. Buongiorno, Nottetempo, Roma 20143, pp. 95, pubblicata il 22/1/2015. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (25/1/2015)
Byung-Chul HAN (Seoul, 1959) è un autore interessante, che insegna a Berlino Filosofia e "Cultural Studies". Il suo libro "La società della trasparenza", scritto nel 2012, è stato tradotto in italiano nel 2014, giungendo rapidamente alla terza edizione. Un libro piccolissimo (appena 90 pagine), molto chiaro, contenente una tesi interessante e profonda sul nostro tempo. La sintesi è una dote rara e quando funziona merita di essere onorata.
Secondo Han, la società della trasparenza che solitamente ci viene venduta come un valore e una conquista è in realtà il frutto avvelenato di un livellamento equivoco e pericoloso: "La società della trasparenza è un inferno dell’Uguale” (p. 10). L'uniformità è essenzialmente semplificazione e violenza: “Solo la macchina è trasparente… L’uomo non è mai trasparente a se stesso” (p. 12).
Nel livellamento e nella riduzione della distanza l'amore si riduce a pornografia, il pensiero a calcolo, la politica ad amministrazione dei bisogni sociali, gestita da quello che Han chiama il "Partito-Pirata": “La società dalla trasparenza va di pari passo con la post-politica: completamente trasparente è solo lo spazio depoliticizzato. La politica senza referente degenera in referendum” (p. 20)
La società del positivo brucia la critica, corrode la dialettica, azzera la responsabilità della decisione, rende superflua la teoria. L'eccesso di dati e di illuminazione nasconde un vuoto fondamentale: “Il senso è lento, è di ostacolo ai circuiti accelerati dell’informazione e della comunicazione. Così, la trasparenza coincide con un vuoto di senso. La massa di informazioni e di comunicazione si origina da un horror vacui” (p. 28). Infatti “L’iper-informazione e l’iper-comunicazione non gettano alcuna luce nella tenebra” (p. 70). “La trasparenza non odora” (p. 57).
La società della trasparenza è una società pornografica, in cui tutto è denudato e rivolto all’esterno, in cui l'addizione prende il posto della narrazione, e si sterilizzano le forme della partecipazione critica. La falsa intimità distrugge la distanza.
Per questo, scrive Han, “La trasparenza è priva di trascendenza” (p. 67), “non è una condizione della pace” (p. 33), "esclude la fiducia” (p. 80).
Una tesi volutamente semplificata e provocatoria, che solleva il velo su una degenerazione della vita sociale che ricorda la denuncia di "dispotismo morbido", a suo tempo formulata da Tocqueville e rilanciata da Taylor: “Questa sorveglianza totale degrada la ‘società trasparente’ a una disumana società del controllo” (p. 79).