«Si dimenticò la brocca»: la donna samaritana incontra Gesù al pozzo, di Bruno Maggioni
«Si dimenticò la brocca»: la donna samaritana incontra Gesù al pozzo, di Bruno Maggioni
Riprendiamo, per gentile concessione, il testo della relazione tenuta da Bruno Maggioni il 28 settembre 2000 a Rimini e pubblicata nel volume Il vangelo di Giovanni. Atti della Settimana biblica di Rimini 25-28 settembre 2000, nella collana Nuovi quaderni dell’Ufficio catechistico Diocesano di Rimini, Il Ponte, Rimini, 2000, pp. 75-97, con il titolo I dialoghi del vangelo di Giovanni. Il testo è evidentemente tratto dalla viva voce dell’autore e non è stato da lui rivisto.
Il Centro culturale Gli scritti (31/7/2009)
Buonasera.
Ad essere sinceri ho un po’ paura di rompere l’incanto di questa serata, suscitato dalla voce recitante, che ha letto una pagina bellissima del Vangelo di Giovanni, una delle pagine che amo di più, (e che noi commenteremo questa sera), e da questi cori così suggestivi.
D’altra parte uso il linguaggio che sono solito usare, parlo come parlo di solito e l’incanto forse si romperà: pazienza, c’è stato. Alle volte l’incanto c’è alla fine, alle volte c’è all’inizio.
Dunque, il nostro scopo è adesso di dare alcune linee per interpretare la pagina che abbiamo sentito leggere. Cercherò di dare delle linee molto sobrie, in una specie di lectio divina perché io non ho mai capito bene cos’è la lectio divina e non seguo schemi, cerco semplicemente di capire cosa dice il testo e di coglierne quegli aspetti che ci toccano nella nostra vita, nella nostra esistenza. (Mi fa sempre tenerezza quando mi capita di andare a parlare di queste cose e sento qualche vecchia signora che, in dialetto, mi dice: Ma don Bruno, lei ha saltato la meditatio, la ruminatio, la collatio…! Addirittura in latino, incredibile!, - poi spiego che la ruminatio in fondo è una gran bella parola, ricorda un po’ le mucche…, ma non è il caso di pensarci troppo).
Bene, questo episodio trova il suo punto veramente forte, almeno per me, in un particolare (non è strano; a volti i grandi capolavori sono capolavori per dei particolari di grande genialità).
E il particolare è che la donna, che è andata a prendere l’acqua, si dimenticò la brocca. Questo particolare è bellissimo, ed è una delle icone (adesso si deve dire icone, - che poi vuol dire semplicemente immagine…) più belle che fotografa il cristiano. Credo che questo sia veramente la chiave di volta di tutto l’episodio; ma ci sono delle premesse da fare e delle conseguenze da trarre.
Allora… qui si dice che Gesù attraversò la Samaria, giunse in una città, una città precisa, dove c’era il pozzo di Giacobbe e, stanco del viaggio, si sedette sull’orlo del pozzo. Nulla direi di preordinato, è come se tutto capitasse casualmente: attraversa quel terreno, era stanco, si è seduto sull’orlo del pozzo.
Ed era verso mezzogiorno. Siccome si dice che Giovanni è simbolico e tutto nel suo Vangelo deve avere senso, (e poi qualcuno generalizza oltre e dice che nella Bibbia, Parola di Dio, tutto deve avere un senso quasi nascosto), si riflette molto su questo mezzogiorno. Io mi lascerei incantare dall’idea del mezzogiorno, vuol dire semplicemente che c’era il sole, che era pieno di luce, che era il meriggio…; d’altra parte, se avesse detto che erano le undici cosa avremmo detto? Avremmo cercato il simbolo delle undici, o dell’una…
Io invece accetto la suggestione. Era mezzogiorno. In fondo è un fatto. Giovanni vuol dirmi che sarà sì simbolico, sarà sì un segno, ma prima di tutto è un fatto reale. È accaduto a mezzogiorno, un’ora precisa della giornata, come tutti gli eventi accadono ad un ora precisa. Era verso mezzogiorno.
E arrivò la donna samaritana ad attingere acqua.
E anche questa donna va al pozzo semplicemente a prendere l’acqua. Null’altro, nessun altro desiderio all’infuori di prendere acqua, come faceva probabilmente ogni giorno. Va a prendere acqua.
Quindi due casualità che si incontrano: Gesù che casualmente si trova lì e la donna che casualmente va prendere acqua.
Ora vedete questa casualità. È vero che è una casualità solo apparente, (perché sono persuaso che dietro c’è tutto un disegno di Dio), ma non vorrei che diventassimo retorici su questo disegno di Dio: Dio dall’eternità ha pensato che Gesù, a mezzogiorno, si sarebbe fermato sull’orlo del pozzo, e da tutta l’eternità ha preordinato che una donna a mezzogiorno sarebbe andata al pozzo… non esageriamo! Sarà anche vero, ma per me il bello non è tanto questo progetto, quanto proprio questa casualità.
In fondo che Dio preordini dall’eterno non è una gran novità, mentre mi pare una grande novità del Nuovo Testamento il dire che tutte le cose, anche le più clamorose, le più importanti per te, accadono, si direbbe, casualmente.
A due ragazzi che ho incontrato recentemente e che sapevo essersi fidanzati, (so che abitavano piuttosto lontano l’uno dall’altra), ho chiesto: Ma come avete fatto ad incontrarvi? E loro mi han detto “Ci siamo incontrati al Consorzio Agrario”. Guardate la bellezza di questo incontrarsi al Consorzio Agrario, senza quella retorica di cui alle volte siamo così pieni.
Certo, anche in quella retorica c’è un po’ di verità, però… la mezza mela, l’altra mezza mela, due mezze mele che disperse negli spazi siderali da tutta l’eternità Dio ha preordinato che si incontrassero, e quella mezza mela è l’unica mezza mela che va bene per te! È rischioso dirlo, perché poi ‘sto povero ragazzo che l’han convinto che l’unica mezza mela è la ragazza che ha sposato, e che dopo qualche mese invece, a furia di andare in treno e di vedere una ragazza seduta davanti a lui, s’accorge che poteva essere una mezza mela anche quella, come fa? Cerchiamo davvero di non esagerare.
Non è così. È nella vita ordinaria che Dio si incontra, nella vita di tutti i giorni, in modo apparentemente casuale.
Del resto anche i primi discepoli sono stati chiamati sulla riva del lago, mentre stavano riassettando le reti, e Gesù stava camminando. Anche lì nulla di retorico, credo che quei pescatori non pensassero ad altro che a sistemare le reti, e non ad avere la vocazione, e non erano in chissà quale affannosa ricerca di Dio (che in fondo è sempre un segno di sanità mentale). Eppure proprio lì… tac, è scattata la scintilla.
Dunque, l’ordinarietà della vita. Del resto il Vangelo ripete spesso che “capitò”; capitò che Gesù incontrasse il tale o che il tale incontrasse Gesù. "Egheneto", semplicemente, "avvenne". Capite cosa voglio dire; voglio smitizzare una idea sbagliata di sacro, per ritornare invece alla quotidianità; l'incontro avviene lì. Il grande incontro avviene sempre nella quotidianità e nell'apparente casualità della vita.
Intanto i discepoli erano andati in città.
Ecco, questo mi fa già capire che il racconto si sdoppierà, perché Gesù è con la samaritana mentre i discepoli sono andati in città a prendere delle provviste. Può avviarsi così un dialogo in solitudine fra Gesù e la donna. Ed è un dialogo che si sviluppa in botta e risposta, in modo direi abbastanza secco. Le descrizioni sono pochissime: era verso mezzogiorno, c'era il pozzo... ma non sono vere descrizioni; i particolari sono molto attenuati. Giovanni lascia solo quel tanto che basta, l'attenzione deve cadere sul dialogo tra Gesù e la donna.
"E Gesù le dice: "Dammi da bere".
La cosa può sembrare ovvia, e direi ad un certo livello è ovvia. Ha sete, le chiede da bere; era stanco del viaggio, si può immaginare che avesse sete, quindi le chiede da bere.
Però proprio attraverso questo fatto, così ovvio, Giovanni dice ben altro, e cioè che Gesù a quella donna chiede un piacere, cioè accoglie quella donna. Credo che a volte non ci sia finezza migliore che quella di chiedere un piacere alla persona che vuoi accogliere, specialmente se è una persona che dovresti, secondo logica, emarginare.
Lo stesso accade nell'episodio di Zaccheo, il quale si è affrettato a salire sull'albero per vedere Gesù, perché era piccolo di statura, (dal Vangelo in realtà non si capisce bene se piccolo di statura fosse Zaccheo o fosse Gesù, ma tutti optano per Zaccheo. Non si può immaginare un Gesù troppo piccolo), e si sente dire da Gesù: "Scendi, perché voglio venire a casa tua". Bellissimo! Altro è sentirsi dire: "Scendi, che ti devo convertire!" o "Scendi, che è la grande occasione della tua vita! ". No, niente di tutto questo, semplicemente: "Scendi, che voglio venire a casa tua".
Chiedere un piacere è il modo migliore di accogliere una persona. E questa persona, veniamo poi a sapere, era proprio una persona che di per sé doveva essere evitata: intanto perché era una donna, e un maestro mai si sarebbe fermato a parlare con una donna, poi una donna di Samaria, capite, dall'altra parte..., una terra di miscredenti!, e per di più salta fuori che è anche irregolare, perché è con un uomo che non è suo marito e ne ha avuti cinque. Davvero una donna da evitare.
Ma Gesù la accoglie. Ed è proprio da questa accoglienza, totalmente inaspettata e gratuita, che parte tutto il dialogo e che quella donna è condotta a riconoscere Gesù. La sua prima reazione sarà allora di meraviglia, la meraviglia di essere accolta, di sentire un giudeo che le chiede da bere: "Come, tu, un giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?" (Giovanni poi spiegherà: "Infatti i Giudei non mantengono buoni rapporti con i Samaritani").
Ma questa donna, proprio lei, donna samaritana e irregolare, Gesù vorrebbe che si aprisse ad un'altra meraviglia, più grande: la meraviglia del dono di Dio, di questo Dio che si fa bisognoso, di questo Dio che ti chiede ma solo per darti. Ti chiede per darti.
Gesù ha un'altra acqua, di cui l'acqua che vai al pozzo a prendere è semplicemente un simbolo. Un simbolo necessario, certo, ma il simbolo di un'altra sete, di un'altra ricerca. Dell'acqua ne hai bisogno ogni giorno, mentre il tuo desiderio vero è di qualcosa che duri sempre. È di questo che sei alla ricerca.
"Se tu conoscessi il dono di Dio, e chi è che ti dice...". Qui Gesù attira l'attenzione non solo sul dono che Lui può dare, ma anche su di sé, sulla sua persona, sulla sua identità. "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice... saresti tu a chiedergli dell'acqua viva". La donna non comprende (nel Vangelo di Giovanni spessissimo gli interlocutori non comprendono), perché intende le parole di Gesù in modo carnale, mentre le parole di Gesù vanno più in profondità, hanno un significato che va oltre.
E Gesù spiega, e cerca di far capire a quella donna che Lui ha un'altra acqua, che la Sua acqua non è quella del pozzo, non è quella di cui la donna dice: "Come fai a tirarla su dal pozzo, che non hai neanche un qualcosa per prendere l'acqua; sei tu più grande del nostro padre Giacobbe?".
Eh si, proprio si. Questa donna sembra in qualche modo voler paragonare la grandezza di Gesù a qualcosa che c'è già stato, alla grandezza di Giacobbe, alla grandezza dei grandi personaggi dell'Antico Testamento, ma questo modo di intendere Gesù non funziona. Non puoi paragonarlo a nessun altro.
E comunque dentro di sé la donna si meraviglia: "Ma cosa vorrà dire: chi beve di quest'acqua avrà sete di nuovo, mentre chi berrà l'acqua che io gli darò non avrà più sete?", e, forse in modo un po' ironico, comincia a formulare una domanda: "Beh, se hai un'acqua che dura sempre, dammela, che non vengo più al pozzo".
E, guardate, non è una banalità, perché l'uomo quando incontra il divino vorrebbe subito piegarlo ai suoi bisogni: "Hai moltiplicato i pani, ti facciamo re", perché se moltiplichi i pani, andiamo benone, abbiamo risolto tutti i nostri problemi economici!
Approfittarne, piegare Dio alla tua misura. È sempre stato il desiderio dell'uomo. Dio invece ti chiama ad andare oltre, oltre la tua misura: Gesù non parlava dell'acqua del pozzo, non parlava dell'acqua che occorre ogni giorno, parlava di un'altra acqua, un'acqua generatrice di vita eterna, dove la parola vita eterna non vuol dire solo una vita che dura sempre, la vita dell'aldilà, ma una vita prima di tutto qualitativamente diversa.
I bisogni... Certo, i bisogni sono tanti nella vita, però proprio tutti questi bisogni dovrebbero rivelarti che il bisogno di fondo è un altro, è quello di un'altra vita, non solo di acqua, non solo di pane, non solo di amicizia, ma di ben altro, di qualcosa che finalmente plachi la tua sete.
"Dammi di quest'acqua, così non avrò più sete". Anche se ironicamente, questa donna ha comunque cambiato il suo atteggiamento. In fondo chiede qualcosa a Gesù: "Signore dammi di quest'acqua". Sarà ironica finché volete, ma è pur sempre una domanda.
E Gesù risponderà a questa domanda. Di fronte a Dio c'è posto solo per le domande, non per fare progetti noi o per piegare Dio ai nostri bisogni; devi metterti semplicemente davanti a Dio, sarà Lui a suscitare in te il bisogno che non avvertivi, quello nascosto (spesso i bisogni veri sono nascosti)...
A questo punto Gesù capisce che non può più andare avanti. Il discorso è come se si fosse interrotto, non riesce più a giocare sul tema dell'acqua per portare la donna ad un altro orizzonte, e allora cambia strada: "Va a chiamare tuo marito". Bellissima questa richiesta, è qualcosa che tocca la donna nella sua esistenza, non è più il discorso dell'acqua, no, adesso è qualcosa che riguarda lei.
Rispose la donna: "Non ho marito". "Hai detto bene: non ho marito; ne hai avuti cinque e quello che hai ora non è tuo marito". Gesù ha toccato la donna in qualcosa che solo lei poteva sapere. Come faceva a saperlo questo sconosciuto giudeo fermo al pozzo?! E qui la donna comincia a capire, s'accorge che è un profeta, s'accorge che c'è qualcosa di misterioso: "Signore, vedo che sei un profeta".
Ma anche qua... appena questa donna si accorge che è un profeta, subito approfitta. "Ha detto che ha l'acqua che dura per sempre" e vorrebbe approfittarne: "dammene che non vengo più al pozzo"; capisce che è un profeta, e "già che sei un profeta, spiegami una questione teologica...". (È come quando sono in treno e qualcuno capisce che sono un prete, e magari sa che sono un biblista e... "Già che è un biblista...", e mi fa delle domande alle quali, tra l'altro, non so mai rispondere!).
"...Già che sei profeta..., chi ha ragione, i giudei, che dicono di adorare Dio in Gerusalemme, o noi, che diciamo di adorare Dio su questo monte..?". Già che sei profeta...
È l'atteggiamento dell'uomo che, accorgendosi della presenza del divino, vuole piegarlo alle proprie domande, vuole ridurlo alle proporzioni dei propri bisogni.
E Gesù da una risposta bellissima, che supera, che va oltre: "Viene l'ora, (anzi è già venuta), in cui per adorare il Padre, né questa montagna è necessaria, né Gerusalemme".
In realtà Gesù non dice che samaritani e giudei sono alla pari, no, perché subito dopo aggiunge: "Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei". La questione non è di vedere se samaritani e giudei sono alla pari. Il punto fondamentale è che è arrivata nel mondo una novità che scolorisce la questione, che la fa passare in secondo piano.
La questione decisiva ora è che devi fare un passo in là, (e i samaritani e i giudei) , perchè l'adorazione di Dio ha cambiato luogo (e Gesù lo sottolinea: "...né questa montagna è necessaria, né Gerusalemme"), ma soprattutto ha cambiato qualità. "Viene l'ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità. Sono questi gli adoratori che il Padre cerca".
A parte la bellissima immagine del Padre che cerca ("zetein" vuol dire proprio “cercare”, “cercare appassionatamente”. Non è solo l'uomo che cerca Dio, ma è anche questo Padre che cerca veri adoratori, uomini veri, che sanno adorare), Gesù è molto chiaro: il luogo dell'adorazione non è né qui né là, ma è qualcosa d'altro, qualcun Altro: lo Spirito e la Verità.
Il verbo “adorare” non va inteso solo come pregare, è molto più ricco, molto più ampio. Adorare è il modo di stare davanti a Dio, di porsi nella vita e davanti al Padre, in Spirito e Verità.
Ma cos'è lo Spirito e cos'è la Verità? Nel racconto di Giovanni questa è una domanda importante, forse la più importante di tutte. La verità, tu devi incontrare Dio nella Verità...
Il Vangelo di Giovanni parla della verità, (direi anche con una certa abbondanza), e ti fa capire che la verità è Gesù: "lo sono la Via, la Verità e la Vita". La Verità è Lui.
E la verità è la verità di Dio, chi è Dio per noi e chi siamo noi per Lui, cioè chi siamo noi davvero.
Dio, come guarda l'uomo? Ed io, come devo guardarlo?
La risposta a queste domande costituisce lo spazio della verità.
Ed è Gesù che mi ha rivelato chi è Dio, il Padre. C'è modo e modo infatti di immaginare Dio, e c'è modo e modo di immaginare la paternità divina. Il cristiano il modo lo deve ricavare dall'esistenza di Gesù, dalle sue parole, dalla sua vita, dalla sua morte e risurrezione. Questa è la verità.
Questa verità, svelata e resa visibile (Dio è l'invisibile) dall'umanità di Gesù, dal suo modo di vivere, di rapportarsi, di giudicare, di morire... è però una verità accaduta in un tempo e in un luogo precisi, e potrebbe (e questo è il suo rischio) rimanere rinchiusa nel particolare del suo accadimento, nel tempo e nello spazio del suo svolgersi. Invece è una verità che deve valere per tutti, in ogni tempo e per tutti i popoli.
E questo è lo Spirito.
È lo Spirito che rende la verità di Gesù (una verità storica, cioè accaduta in un luogo e in un tempo precisi) universale, che la fa esplodere in ogni tempo, che la rende come trasparente, in grado cioè di far cogliere che vale per ogni uomo, in ogni luogo e in ogni tempo.
Lo Spirito che universalizza questa verità, che la strappa dalla sua strettezza storica, (senza perderla, ma anzi definendola e chiarendola ancora di più) dice anche che questa verità è memoria; lo Spirito stesso è memoria, perché ricorda ciò che Gesù ha detto, senza nulla aggiungere.
Oggi è importate capire questo, perché è facile incontrare persone che sembrano pensare Gesù esclusivamente come un "fatto" storico... "Ma cosa continui a leggere la Bibbia, è una realtà passata! Gesù non è mica un pezzo da museo, Gesù è oggi!"
Si, è oggi, ma solo in quanto lo Spirito mi dice oggi le cose che ha detto ieri Gesù, mi fa capire qui e ora le sue parole di quel tempo. Il criterio è sempre e comunque la storicità di Gesù, (io sono un biblista, se non difendo queste cose perdo il lavoro...!).
...Come se lo Spirito avesse delle novità da aggiungere! “È finita l'era di Gesù, comincia l'era dello Spirito Santo! Il terzo millennio, l'era delle novità!”..., ma quali novità!
Ciò che dobbiamo fare è invece capire sempre meglio ciò che Gesù ha detto e ha fatto, e in questo è lo Spirito che ci aiuta, che ci fa capire meglio, oggi, la sua persona, le sue parole, la sua vita...; ma in quanto memoria, memoria viva. Ed è questo Spirito che ti conduce dentro la verità di Gesù, te la fa intuire, te la rende affascinante, e ne resti meravigliato, incantato, coinvolto...
Per spiegare ai miei alunni questo entrare dentro la Verità, che è dono dello Spirito, utilizzo alle volte un'immagine. Abbiamo avuto tutti due tipi di professori, io credo. L'uno, erudito; sapeva tutto! Qualsiasi domanda, lui rispondeva!, (bisogna vedere se sempre bene, comunque rispondeva). Però proprio quel professore che sapeva tutto, anche le cose minute, era un professore che, se alla sua domanda non rispondevi secondo la sua formula, ti sgridava, perché bisognava assolutamente rispondere secondo la formula che aveva dato (e a me è sempre venuto il dubbio che bisognasse rispondere secondo le parole precise che lui aveva detto perché se cambiavi le parole non era più capace di capire se la tua risposta era giusta e sbagliata). Lui sapeva tutto, ma sapeva come dall'esterno, capite, dall'esterno!
Poi avevate quei professori che invece magari non sapevano tutto... Quante cose non sapevano... e magari ammettevano... "Non lo so, andiamo a vedere sul testo". Però avevano capito l'anima di quella materia, l'anima..., capite, l'anima! Erano entrati dentro quella materia, la conoscevano dal di dentro, dal di dentro.
Io credo che un cristiano sia questo. L'importante è entrare nella verità, e questa è la verità: Gesù nello Spirito Santo. Questo è lo spazio dove collocarsi per capire Dio, non solo per pregarlo. Adorare non vuoi dire solo pregare, vuol dire capire chi è Dio, come Lui guarda te, come ti considera, come tu devi essere davanti a Lui...
E il Padre cerca questi adoratori.
La donna non pare che abbia ancora capito granché.
"Va bene, va bene, stai dicendo un sacco di cose, ma so che deve venire un Messia, chiamato Cristo, e quando verrà ci annuncerà ogni cosa". (Anche i Samaritani credevano, a modo loro, in un Messia che sarebbe venuto, che avrebbe spiegato loro la Legge, che li avrebbe salvati).
"Quando arriverà il Messia queste cose ce le spiegherà bene..." .
E Gesù affermò: "Sono io, io che ti parlo".
Tac!
Permettetemi una parentesi.
"So che deve venire un Messia: quando verrà ci annuncerà ogni cosa...". Certo, ci annuncerà ogni cosa, ma in fondo questo Messia (che è Gesù), qualcosa ce l'ha già annunciato; qualcosa vedi già, ed è Lui, Lui che è lì, davanti a te.
Sono un po' stufo, sapete, di sentirmi dire: "Certo, adesso noi diciamo tante cose su Dio, la Bibbia dice tante cose su Dio, ma quando entreremo in Paradiso sarà tutto diverso!" (E cavoli, tutto diverso! Cosa ho faticato a fare se sarà tutto diverso!). No, non è così. La Rivelazione dice già qualcosa di vero, di reale. Sarà tutto più grande, certo, sarà più profondo, più bello, ma tutto comincia qui, devo passare di qui.
"E Gesù Cristo sarà tutto diverso!" Eh no! È tutta la vita che lo studio, se mi cambiate la sua fisionomia non capisco più niente! La rivelazione di Gesù davvero in questo senso è definitiva. Certo, non posso vedere Dio come lo vedrò, spero, in Paradiso, ma... "Sono io, io che ti parlo, sono qui davanti a te".
A questo punto, non è che si dica che la donna esultò di gioia, che abbia detto "Hai ragione, ho capito...". No, successe una cosa che ho già anticipato. Ritornarono i suoi discepoli e si meravigliarono che discorresse con una donna (un vecchio padre spirituale di seminario che conoscevo diceva: "...sì, è solo una donna! Però ricordati che lei era al di là del pozzo e Lui era al di qua!..." Bisognava sempre cautelarsi, anche da un esempio di Gesù Cristo...). Anche i discepoli si meravigliavano, nessuno però gli disse: "Cosa cerchi?" oppure: "Perché parli con lei?". Non hanno osato.
E qui avvenne la cosa che ho già anticipato: "Intanto la donna, dimenticata la brocca, corse in città, dicendo a tutta gente...".
Dunque questa donna, che è venuta al pozzo a cercare l'acqua, dimentica la brocca. Credo che se Giovanni avesse detto: "E credette, e si prostrò davanti a lui, e gioì...", non sarebbe stato intenso quanto questo particolare... solo una pennellata.
Ha dimenticato la brocca: ciò che prima le interessava, adesso ha perso come valore, e non perché le cose di prima fossero inutili o cattive, ma perché ha incontrato qualcosa di più, di più bello, di più significativo, che fa impallidire e ridimensionare ciò che prima riteneva importantissimo.
È questo per me il vero incontro con Dio, l'incontro con qualcosa che ti fa capire che altre cose che cercavi valgono di meno; magari ne hai bisogno, (perché dell'acqua hai bisogno), ma non sono più la ragione della tua vita.
Altro aspetto importante: era in ricerca questa donna? No, questa donna non è venuta al pozzo cercando.
Qualcuno, da buon predicatore, potrebbe sottolineare certi aspetti e dire: "Certo, questa donna è venuta a prendere l'acqua, ma sapeste che tormento aveva dentro..., quell'uomo non era suo marito..., sapeste che tormento!".
Ma no! Era contentissima di avere quell'uomo lì, le andava benone...! Non è perché aveva chissà quale tormento che ha capito, è perché ha incontrato qualcosa di nuovo, e di più!
Aver capito questo per me è molto importante, in particolare oggi, nel mondo in cui viviamo, per il modo con cui ci accostiamo alle persone, soprattutto ai giovani (i miei alunni - seminaristi, N.d.R. - alle volte mi dicono: «Don Bruno, ma cosa ci insegnate?!: “Il cuore dell'uomo è inquieto se non incontra Dio”... Ma quando lo diciamo ai nostri ragazzi: “Guarda il tuo cuore, che sei inquieto”, ci sentiamo rispondere: “Ma no, ma no, io sto benone..., non ho nessun problema, ...magari un domani”». Eh, fa pensare...).
Non è questo il punto. Se parti dall'inquietudine dell'uomo non vai lontano; alcuni sono inquieti, alcuni non lo sono, (magari ti dicono che lo saranno nella terza età...). Non è questo il punto, secondo me. Il punto è presentare Gesù Cristo, attirare l'attenzione su di Lui. Non è detto che affascini tutti, lo so benissimo, ma è come quando uno è abituato alla cattiva musica e gli fate sentire della bella musica: c'è caso che vi dica "Non mi piace più quella di prima", proprio perché ha scoperto qualcosa di nuovo, qualcosa di più bello.
Un esempio che racconto sempre, (perché mi sembra così vivo e così comune), è quello dei due ragazzi che si sposano e che, come spesso accade, vogliono aspettare ad avere un figlio per prima pagare il mutuo (i bambini oggi son tutti figli del dopo mutuo!); se però per caso "scappa" un bambino (e i due ragazzi brontolano, perché è un problema, perché cambia tutti i loro progetti, ecc ecc), quando poi il bambino è nato son lì tutti e due che gli muoiono addosso, incantati, "...ma come facevamo a vivere prima, senza questo bambino!". Ma lo dicono adesso, perché hanno avuto l'incontro, prima vivevano benissimo! Questo mi pare davvero il succo, il succo di tutto.
Ecco perché io non parto più dalle domande dell'uomo. Certo, cerco di utilizzarle, là dove c'è un uomo che ha domande o comunque dove sospetto che ci siano domande; però parto dall'annuncio di Gesù Cristo, sperando di riuscire a comunicarne il fascino, la bellezza, sperando che sia Lui poi a far sorgere le domande importanti.
È Gesù Cristo che crea le domande, che fa nascere il desiderio. Non sempre, guardando dentro di te, cogli questo desiderio, può essere tacitato per tanti motivi... Non possiamo partire solo da quello.
In un quaresimale di molti anni fa, (a quel tempo si usava ancora, adesso almeno dalle mie parti un po' meno; comunque in quegli incontri veniva chiamato un cristiano - si cercava di trovare una persona intelligente, si prendeva poi quello che si poteva trovare -, e un ateo - un ateo impegnato, si cercavano quelli impegnati nel sociale, o in altro...), in questo quaresimale, in cui partecipavo anch'io, c'era un giovane prete che faceva da animatore dell'incontro e, microfono in mano, interpellava l'uno, interpellava l'altro, chiedeva, coinvolgeva... Io ero seduto di fianco all'ateo di turno; questo ragazzo, sollecitato dall'animatore, (e con tutta la mia simpatia), esordì dicendo: "lo sono il contrario di Paolo!". (Un incipit geniale, devo dire); "Io sono il contrario di Paolo: Paolo non credeva in Gesù Cristo, e Gesù Cristo l'ha fatto cadere di cavallo e lo ha convertito" (tutti parlano di cavallo; in realtà il cavallo non c'entra niente, nel Vangelo non si parla di nessun cavallo) "...io invece il contrario: ero credente, sono entrato in una chiesa a Genova", (chissà perché a Genova; non ho mai saputo qual era la chiesa e morivo dalla voglia di saperlo), "sono entrato in una chiesa e ho perso di colpo la fede!". (Originale, davvero il contrario di Paolo!). Poi continuò descrivendo la sua vita: "...la famiglia, il volontariato, adesso anche una bambina..." Il pretino però non era soddisfatto; voleva fargli dire che in fondo in fondo lui aveva delle inquietudini, che in fondo in fondo lui non poteva essere contento, perché senza Dio non puoi non avere inquietudini, e insisteva: "Si, hai una vita felice, sei contento, ma qualche inquietudine la devi avere...". E lui rispondeva: "No, io sto bene. Certo, se si ammala la bambina, ho paura..." e il pretino insisteva, e lui: "No, no, io sto bene...". Ad un certo punto davvero non ne potei più: "Sentite, finalmente abbiamo incontrato un uomo che è contento, ma tanto meglio!, cosa continui a volergli far dire che non è felice, che gli manca qualcosa!". Queste cose mi hanno istruito; ecco perché non parlo tanto dei bisogni dell'uomo.
Bisogna partire alla rovescia: ti parlo di Gesù Cristo, poi vedi tu, valuti tu se il suo progetto di vita, se la sua figura ti piacciono, se hanno un qualcosa che ti fanno pensare. È di lì che bisogna partire.
Ed è quanto è capitato alla donna: ha dimenticato la brocca. Quello che era prima, l'ha messo da parte. "Intanto i discepoli dicevano: "Maestro, mangia!". "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete".
"Forse qualcuno gli ha portato da mangiare?"
Anche i discepoli non comprendono, intendono male le parole di Gesù. Anche i discepoli. Non solo la samaritana, che aveva un marito che non era suo marito, anche i discepoli.
"Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato".
Questa è una frase davvero grande, una frase direi chiave nel modo di Giovanni di pensare Gesù Cristo.
Per Giovanni Gesù Cristo è il Figlio, la Parola che già nel seno del Padre è rivolta al Padre, che è lì in ascolto, in atteggiamento di obbedienza. Quando questa Parola si fa uomo, anche nella nuova esistenza che ha assunto, quella umana, quindi, fa le cose che ha sempre fatto: ascolta il Padre. (Ai miei alunni dico che andando all'estero, questo figlio ha continuato a fare il mestiere che faceva il padre). In ascolto del Padre... In tutta la sua vita terrena non ha fatto che ascoltare il Padre. Ha parlato del Padre, e di nessun altro che del Padre. È molto bello.
L'obbedienza diventa il progetto di esistenza che Gesù vive, e che lo realizza, che lo rende libero...
Non abbiamo tempo di andare al capitolo ottavo, nel quale Giovanni vuol far capire a questi giudei, (che credevano in Gesù, ma che evidentemente non lo avevano ancora capito), cos'è la libertà, e dice: "...Chi ascolta la mia Parola, chi diventa mio discepolo, chi fa la verità... lui è libero". La libertà quindi è tutto il contrario di una libertà nel senso che tu fai da te: la libertà è essere discepolo, ascoltare la parola di un altro, essere schiavo della verità.
Per il cristiano la verità ultima è l'amore. La vera libertà è allora legarsi a qualcuno: ed è in questo legame, in cui rischi e nel quale esci da te stesso per incontrare realmente l'altro, che trovi la tua vera libertà e la tua gioia di vivere.
Ai discepoli Gesù dice qui una cosa bellissima, e questa cosa secondo me va detta a tutti i cristiani di oggi, in particolare ai preti, ai vescovi, ai cristiani impegnati.
Gesù dice ai suoi discepoli (e a noi): "Alzate gli occhi e osservate i campi che già biondeggiano per le messi.." . Che bello... ! "Non cresce nulla, nessuno crede...". Ma no, guardate!, ci sono già le messi che biondeggiano, son già mature, per vederle dovete solo alzare gli occhi. Finché si sta dentro la propria "piastrella", si vedono solo i piedi. In grande, bisogna pensare in grande, e alzare la testa! Allora si vede che il mondo è tutto in fermento!
Questa donna, (che in qualche modo ha capito chi è Gesù, tanto che dimentica la brocca), ora fa un ultimo passo, che è anche l'ultimo passo dell'itinerario, - perché l'itinerario non si ferma alla comprensione di Gesù, alla contemplazione -, ed è che corre in città. "Corse in città, dicendo a tutta la gente: "Venite a vedere l'uomo che mi ha detto tutte le cose che ho fatto. Che sia il Messia?".
Bello questo annuncio, questa testimonianza: un annuncio che è una domanda, non una risposta. Disse: "Un uomo ha indovinato tutta la mia vita. Sarà lui il Messia?". Ha posto la domanda. Probabilmente lei era convinta che fosse il Messia, ma non ha dato risposte, ha posto una domanda.
Annunciare è prima di tutto porre la domanda che suscita l'interesse, che fa pensare, non dare risposte. La risposta la deve trovare l'altro.
"Che sia il Messia?": una missione così non è così frequente. Porre la domanda... e noi diamo sempre risposte..., solo risposte. Non dimentichiamo che Cristo in croce secondo Marco e Matteo è morto con una domanda: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Non doveva dare una risposta, almeno prima di morire?
No, è la domanda, la nostra domanda, il punto fondamentale. Anche le parabole pongono sempre domande, e devi andare avanti tu a pensare...
A me piace molto questo annuncio della donna, che sarà una donna, sarà samaritana, sarà irregolare, ma la sua domanda è intelligente: "Forse che sia lui il Messia?". "Molti samaritani di quella città credettero in Gesù a motivo della parola della donna, che aveva testimoniato "Mi ha detto tutte le cose che ho fatto". Quando i samaritani giunsero da lui, lo pregarono di rimanere con loro. Egli rimase due giorni".
Perché due giorni e non tre? Non lo so. Due giorni. Mi piace molto Giovanni, perché i suoi racconti sono come tipicizzati; magari lascia dei grandi vuoti dal punto di vista cronachistico, però di tanto in tanto lascia cadere una parola che non può avere altro senso che quello della fattualità. Due giorni. Perchè? Perché è rimasto due giorni. Le cose della vita, quelle vere, accadute, sono così. Due giorni.
"Molti di più credettero in lui per la sua parola. E dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che crediamo. Noi stessi l'abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo!". Noi stessi.
La testimonianza ti mette in movimento, ti crea la domanda, ma poi è l'incontro personale con Cristo, è la risposta personale che dai, che è determinante, ed è qualcosa di tuo, di personale, che non puoi delegare a nessuno. La risposta la devi dare tu. Gli altri potranno dirti alcune cose, ti comunicheranno gli elementi che hanno sperimentato, - questa donna dice "Ha indovinato la mia vita"; altri avranno altro da dire ., ma l'ultima parola, che tu solo puoi dire, spetta a te.
"Noi stessi l'abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il Salvatore". Noi stessi. Questo mi permette di concludere dicendo che la testimonianza, quella vera, a partire da Giovanni il Battista, fino alla donna di Samaria e ai discepoli, addirittura a partire da Gesù nei confronti del Padre, la vera testimonianza è quel modo di presentarsi, di vivere, di essere, (della Chiesa e del singolo cristiano), che suscita la domanda, che avvia la ricerca, ma che, una volta fatto, sa tirarsi da parte, perché l'incontro deve avvenire tra Cristo e la persona, tra l'uomo e Cristo, senza nessuno nel mezzo a infastidire questo incontro.
A me sembra che una grande capacità che oggi occorre al testimone (e che non sempre vedo, a cominciare da me), è la capacità di tirarsi da parte: annuncia Gesù Cristo, ma poi tirati da parte, lascia libero lo spazio; l'incontro deve avvenire tra loro, e può avvenire in modo diverso da come tu lo pensavi, da come lo progettavi.
Questa è la figura del Battista - "Lui deve crescere ed io diminuire"- e questa è la vera figura della Chiesa: la testimone che attira l'attenzione su Cristo, non su di sé.
C'è una frase di Matteo che mi è molto cara, e che verrà ripresa anche in "Evangelizzazione e testimonianza della carità", dove si dice che la Chiesa deve ispirarsi a questa immagine (cito a memoria): "Le vostre opere buone devono essere visibili, perché la luce è fatta per illuminare, non per rimanere nascosta sotto il tavolo. Il mondo le deve vedere, perché vedendole dia gloria al Padre".
Che bello! Le opere della Chiesa devono essere opere trasparenti, opere che rinviano ad altro. La Chiesa nel mondo opera, dice, prende posizione, ma non perché chi vede dia gloria alla Chiesa, ma perché, vedendola, dia gloria a Dio: "Come è grande Dio!".
Che bello!... Quando l'attenzione è troppo accentrata su di noi, fossimo pure la Chiesa, non è mai una bella cosa.
Questo concetto è stato ripreso anche dal cardinale Ratzinger in uno degli ultimi sinodi (il penultimo, mi pare), dove ha detto una cosa molto bella: "La Chiesa non deve attirare troppo l'attenzione su di sé, non deve mettere davanti al mondo se stessa, ma deve essere la trasparenza di Dio". La trasparenza di Dio. Che bello!...
Grazie e buonasera a tutti