1/ Perché continuiamo a pubblicare articoli come questi. Breve nota di Giovanni Amico 2/ Siria. Quasi 2mila esecuzioni in meno di sei mesi: il bilancio dell'Esercito islamico (da Asianews)
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1/ Perché continuiamo a pubblicare articoli come questi. Breve nota di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito un testo di Giovanni Amico. Per ulteriori sui scritti sul tema, cfr. 1/ Amici musulmani, gli eventi recenti stanno spingendo tanti al disprezzo verso Allah e verso l’Islam: è ora, dunque, di parlare con coraggio in pubblico!, di Giovanni Amico 2/ Dinanzi alla violenza in nome di Allah: la grande domanda che l’Islam ha dinanzi a sé alla quale solo gli islamici possono rispondere, di Giovanni Amico 3/ Un breve commento di Giovanni Amico alla pagina List of Killings Ordered or Supported by Muhammad di WikiIslam.
Il Centro culturale Gli scritti (7/1/2014)
L'altare più antico di Maloula distrutto
Continuiamo e continueremo a pubblicare articoli come questo innanzitutto perché il silenzio e l’inazione dinanzi a crimini così gravi sono colpevoli.
Così è stato dinanzi alla Shoah. E non vi è dubbio che ciò che avviene nei territori occupati dall’Islamic State si configura come un vero e proprio genocidio, dove chiunque appartiene ad un’etnia diversa (come curdi e yazidi) o professa un credo diverso (come gli sciiti, gli ebrei, i cristiani, gli atei o comunque i fautori di un diverso Islam) deve essere ucciso.
Non solo si desidera la loro morte, ma anche la distruzione del loro patrimonio culturale, dei loro manoscritti, della libera espressione dei loro canti popolari, dei monumenti, degli edifici storici, dei luoghi di culto, delle scuole per l’educazione dei bambini, della libertà della donna e degli omosessuali, della stessa lingua. Il genocidio si configura tale proprio per la volontà di far sparire un popolo altro entro i propri confini.
Lo stesso Male che agì in Hitler ed in Stalin è qui presente: gli jihadisti sono come le SS naziste e come gli aguzzini dei Gulag sovietici: pur essendo credenti, mentre Hitler e Stalin erano atei, sono a servizio dell’Accusatore. La loro crudeltà, la volontà di annientare non solo fisicamente l’uomo, ma addirittura la sua stessa anima, sono sotto gli occhi di tutti.
E noi ci schieriamo, invece, a favore dell’uomo e per questo non cesseremo di pubblicare articoli come questo.
Ma c’è un secondo motivo ed è il desiderio di tenere vivo il dialogo e, ove possibile, l’amicizia con tutti i musulmani che accettano di condannare l’opera del Male, nemico di Dio, negli Jihadisti.
Infatti, la loro azione crudele richiede una risposta culturale dell’Islam che è chiamato ad uscire dalla crisi in cui versa per schierarsi con coraggio nuovo a favore della dignità dell’uomo e della libertà di pensiero, di credo e di espressione – tutti sappiamo bene che non si da servizio alla dignità dell’uomo se non gli si consente di seguire la voce della propria coscienza in materia di fede, anche se questo implicasse una critica alla religione della maggioranza. E questo sia se la critica fosse giusta sia se fosse sbagliata: permettere la libertà di espressione solo quando si ritiene che una persona dica cose giuste, cioè conformi ad un certo dettato religioso, vuol dire non dare libertà di espressione.
Perché è difficile oggi all’Islam dare questa risposta in maniera chiara ed inequivocabile, anche se i musulmani in tempi passati hanno già vissuto in taluni contesti pacificamente con credenti di religioni diverse e con atei? Perché la convivenza fra etnie e religioni che i tempo presente richiede è diversa da quella del passato. Oggi permettere in una società libertà di coscienza, di fede, di espressione, di passaggio da una fede ad un’altra, di abbandono di qualsiasi fede, ecc. ecc., richiede una nuova elaborazione culturale.
Oggi molti paesi islamici si trovano ad avere minoranze di appartenenti ad altri credo nei propri territori numerose come mai nel passato – mai ci sono stati tanti cristiani nella penisola arabica come ai nostri tempi, a motivo degli immigrati che vengono a svolgere le mansioni più umili in quei luoghi dove è possibile anche ad un povero trovare lavoro per l’abbondanza del denaro che vi circola – e mai come nel passato ci sono tanti musulmani emigrati in paesi con maggioranza di atei o di appartenenti ad altre religioni.
Si tratta oggi allora per l’Islam non solo di trovarsi de facto a concedere talune libertà, ma piuttosto di sceglierle con convinzione, di scommettere su di esse e sulla possibilità di una convivenza dove tutti possano liberamente esprimersi.
Questa è la situazione nuova con la quale l’islam non si è ancora mai confrontato. Ed è questa la risposta da dare agli jihadisti, quella di un Islam che mostri di conservare la fede, accettando il libero confronto con la modernità, con l’ateismo, con la scienza, con l’esegesi scientifica dei testi, con il senso dell'humour e l'ironia di cui la cultura moderna è impastata, con le altre religioni che vivono lo stesso incontro con la modernità.
Il futuro dipenderà, a nostro avviso, massimamente da come sarà impostata la futura educazione scolastica, come ricorda Malala. Contro l’Islamic State serve una scuola che insegni a leggere i romanzi e la filosofia, ad appassionarsi di teatro, cinema e poesia, che avvicini alla psicologia e alla scienza (e non solo alla tecnologia), e che insegni un approccio critico ai testi del passato.
Le prime vittime dell’Islamic State sono i musulmani stessi: il maggior numero degli sgozzati o degli assassinati con attentati suicidi è di fede musulmana. Sono sunniti e sciiti quelli che pagano il prezzo più alto di vite umane, perché la maggioranza della popolazione in quelle regioni è sunnita o sciita. Ma il sangue versato delle minoranze, ed in particolare da quella cristiana, ha un valore peculiare, in vista di una convivenza pacifica oltre che come testimonianza della fedeltà a Dio: diviene sempre più evidente, ormai, che dove le minoranze sono rispettate, tutti sono rispettati. Se i cristiani chiedono piena libertà di espressioni non è solo perché rivendicano la dignità della propria natura umana, ma soprattutto perché hanno ben capito che dove le minoranze cristiane saranno libere e rispettate, lì ci sarà garanzia per il rispetto di tutti, sunniti e sciiti, curdi e yazidi, ebrei e atei.
2/ Siria. Quasi 2mila esecuzioni in meno di sei mesi: il bilancio dell'Esercito islamico [uccisi anche 120 membri del proprio gruppo perché volevano ritornare alle loro case] (da Asianews)
Riprendiamo dal sito dell’agenzia di stampa Asianews un articolo redazionale pubblicato il 29/12/2014. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (7/1/2015)
Londra (AsiaNews/Agenzie) – Dalla proclamazione del califfato lo scorso 28 giugno fino al 27 dicembre, l'Esercito islamico (EI) ha assassinato quasi 2mila persone. Quali la metà appartengono a una tribù sunnita ribellatasi al gruppo jihadista, che domina praticando la sharia e considerando apostati e peccatori tutti i suoi nemici. I dati sono stati diffusi dall'Osservatorio per i diritti umani in Siria, un'organizzazione con base in Gran Bretagna e con molti punti di riferimento in Siria.
L'Osservatorio afferma di poter documentare le esecuzioni di 1878 persone. Le vittime sono state uccise con armi da fuoco, decapitate, lapidate fino alla morte nelle province di Aleppo, Deir Ezzor, Hama, Homs, Hasakeh e Raqqa.
Fra gli uccisi si contano 1175 civili, compresi quattro bambini e otto donne. Almeno 930 di loro appartengono alla tribù Shaitat che si è ribellata all'EI nella provincia di Deir Ezzor la scorsa estate.
L'EI ha anche ucciso 502 fra soldati e miliziani pro-Assad e 80 membri di Al Nusra, il gruppo affiliato ad al Qaeda in Siria, con il quale l'EI lotta per la supremazia. Ma ha anche ucciso 120 membri del proprio gruppo perché volevano ritornare alle loro case.
L'Osservatorio avverte che senz'altro il numero degli uccisi è più elevato, dato che molti sono gli scomparsi o i dispersi.
L'EI fa grande uso delle registrazioni video delle esecuzioni e le diffonde su internet per seminare terrore fra le popolazioni e i gruppi rivali, come pure per attirare nuovi adepti.