La sfida che l’Islam ha davanti a sé di fronte alla modernità. Il caso delle donne alla guida in Arabia Saudita e la condanna a morte in Mauritania di un fabbro che ha scritto su Internet alcune riflessioni critiche sui primi tempi dell’Islam (da Repubblica)
N.B. de Gli scritti. La pubblicazione sul nostro sito di questi due brevi articoli apparsi il 25/12/12014 su Repubblica non ha assolutamente lo scopo di ironizzare sull’Islam, ha anzi l’intento serio di mostrare le sfide che l’Islam si trova ad affrontare in tanti Stati, per incoraggiare i musulmani moderati a far sentire la voce e mostrare oggi come l’Islam sappia schierarsi a favore della persona umana e sia fattore di umanizzazione e non di disprezzo e oppressione della persona umana. Ogni dichiarazione fatta da una nazione a maggioranza islamica o da musulmani residenti in paesi non islamici a favore della libertà di espressione, di dibattito, di confronto critico e sereno sulla religione contribuirà alla battaglia contro l’Islamic State che tanti crimini crudeli sta compiendo in Siria ed Iraq. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Da parte nostra restiamo convinti che ciò che rende possibile la convivenza pacifica delle religioni e degli ateismi non è la superficiale – e falsa – affermazione che Dio è lo stesso per tutti, bensì la consapevolezza che è la dignità dell’uomo ad essere la stessa. Come ha ben scritto Laura Pausini in Il mondo che vorrei, invocando una coesistenza pacifica di religioni che pure si confrontano liberamente sulla diversità di Dio, avendo però i credenti e gli atei dei diversi credo previamente deciso di volersi bene e di voler convivere insieme permettendo ad ognuno di
esprimersi in libertà: «Perché il cuore di chi ha un altro Dio è uguale al mio. Per chi spera ancora in un sorriso, perché il suo domani l'ha deciso ed è convinto che il suo domani è insieme a te».
Il Centro culturale Gli scritti (28/12/2014)
1/ Arabia Saudita, avevano sfidato divieto di guida: due donne deferite a Corte per terrorismo
DUBAI - Due donne saudite sono agli arresti da circa un mese dopo avere sfidato il divieto di guida e oggi sono state deferite alla Corte criminale specializzata di Riyad, istituita per processi per terrorismo ma utilizzata anche per dissidenti pacifici e attivisti. Si tratta di Loujain al-Hathloul, di 25 anni, e Maysa al-Amoudi, di 33, ma secondo persone vicine alle due giovani, entrambe non sarebbero accusate per avere sfidato il divieto di guida, bensì per alcune opinioni espresse online. Le fonti rivelano che i loro avvocati difensori hanno subito presentato ricorso contro tale decisione del giudice e sul caso dovrà pronunciarsi, nei prossimi giorni, una Corte d'appello di Dammam, la capitale della provincia orientale Al-Sharqiyya. Secondo gli attivisti, è la prima volta che donne al volante vengono deferite alla Corte criminale specializzata di Riyad e si tratta della detenzione più lunga di donne alla guida nella storia dell'Arabia Saudita.
Quella di oggi, infatti, era la seconda volta che Loujain al-Hathloul e Maysa al-Amoudi comparivano davanti al giudice nella regione al-Ahsa da quando sono agli arresti dopo avere guidato dagli Emirati Arabi Uniti fino in Arabia Saudita. La prima è stata fermata dalle guardie di frontiera il 30 novembre quando ha provato ad attraversare il confine con una patente degli Emirati, e il passaporto le è stato sequestrato 24 ore dopo. La seconda invece, una giornalista che vive negli Emirati Arabi Uniti, è stata fermata mentre andava a consegnare cibo e una coperta ad al-Hathloul al confine. Gli attivisti riferiscono che l'arresto formale di entrambe risale al 1° dicembre. Loujain al-Hathloul si trova in un centro detentivo per giovani, mentre Maysa al-Amoudi è in una prigione. I parenti riferiscono che è stato permesso loro di vederle per brevi visite sotto supervisione.
Recentemente Human Rights Watch ha avvertito che "le autorità saudite stanno incrementando la repressione sulle persone che criticano pacificamente il governo su internet" e che giudici e procuratori usano "le disposizioni vaghe previste in una legge anti crimini informatici del 2007 per accusare e processare cittadini sauditi per tweet pacifici e commenti postati sui social network". Al momento dell'arresto al-Hathloul e al-Amoudi avevano, complessivamente, oltre 355mila follower su Twitter ed erano state aperte sostenitrici della campagna lanciata l'anno scorso contro il divieto di guida per le donne.
Da anni le autorità saudite provano a bloccare i tentativi delle donne di guidare. Nonostante non ci sia alcuna legge che lo vieta nel Paese, le autorità non rilasciano loro la patente e i religiosi ultraconservatori hanno emesso editti contro le donne al volante.
Divieti del genere non esistono in nessun altro Paese del mondo, neanche in altri Paesi conservatori del Golfo. Nel 1990 cinquanta donne furono arrestate per avere guidato, furono sequestrati loro i passaporti e persero il lavoro. Più di 20 anni più tardi, nel 2011, una donna è stata condannata a 10 frustate per avere guidato, ma poi il re ribaltò la sentenza.
I sostenitori dell'attuale campagna pro guida hanno presentato questo mese una petizione alla Corte reale chiedendo a re Abdullah di graziare le due donne. Gli organizzatori della campagna, che è cominciata il 26 ottobre del 2013, sostengono che il divieto di guida delle donne solleva questioni più ampie legate alle leggi di custodia parentale in Arabia Saudita, che danno agli uomini il potere di decidere sulla vita delle donne. Un attivista riferisce che il divieto di guida rientra in "un più ampio sforzo di bloccare ogni possibilità di innalzare il tetto delle libertà civili" in Arabia Saudita.
2/ Mauritania, giovane condannato a morte per aver criticato Maometto su Internet
NOUAKCHOTT - Un giovane mauritano è stato condannato a morte per apostasia dell'islam mercoledì sera da un tribunale di Nouadhibou, nel nordest del paese. Lo ha reso noto una fonte giudiziaria. Mohamed Cheikh Ould Mohamed, in un articolo pubblicato su alcuni siti internet, aveva criticato decisioni prese da Maometto e i suoi compagni. L'annuncio della sentenza è stato salutato in aula e in città da grida di esultanza e caroselli di auto.
Per l'accusa l'imputato "aveva parlato con leggerezza del Profeta" e meritava la pena di morte, prevista dal codice penale mauritano in caso di apostasia dell'islam. Il giovane, vicino alla trentina, arrestato un anno fa, si era difeso affermando di non aver voluto offendere Maometto, ma "difendere uno strato della popolazione maltrattato, i fabbri", dal quale proveniva.
"Se dal mio testo si è potuto comprendere quello di cui sono accusato - aveva detto - io lo nego completamente e me ne pento apertamente". Nel suo articolo Ould Mohamed aveva accusato la società mauritana di perpetuare un "ordine sociale iniquo ereditato" dai tempi del Profeta. Durante il processo, il primo di questo genere in Mauritania, si erano tenute manifestazioni nel paese che chiedevano la pena di morte per il giovane. Un famoso avvocato locale che lo difendeva aveva rinunciato all'incarico per le minacce subite.
Alla lettura della sentenza, Ould Mohamed è svenuto. Quando si è rianimato, è stato portato in prigione. Non si ha notizia al momento di un eventuale appello. In Mauritania è in vigore la legge islamica. La pena di morte è ancora prevista, ma non è più stata applicata dal 1987. Secondo organizzazioni musulmane locali, è la prima volta che un testo critico sull'islam è pubblicato in Mauritania.