L’uomo è noioso (anche se sposa un albero), la sorpresa è di Dio. Un inedito di Chesterton per Natale
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Riprendiamo dal sito della rivista Tempi un articolo di Annalisa Teggi pubblicato il 10/12/2014. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (14/12/2014)
«Il cielo è ovunque a casa sua» (G. K. Chesterton)
Il gioco preferito di Chesterton era «smentisci il profeta», che è semplice e divertente: si tratta di osservare la gente comune e constatare quanto se ne infischi di tutto ciò che ogni spocchiosa scienza, ideologia o teoria va sbandierando sull’uomo. Ecco come lo descrive lui stesso: «I giocatori ascoltano con molta attenzione e con molto rispetto tutto ciò che la gente erudita ha da dire sull’avvenire della prossima generazione; poi, aspettano che la gente erudita sia morta, e la seppelliscono con cure premurose; poi, fanno il contrario di ciò che gl’indovini avevano previsto. E basta. Però è molto divertente per un popolo dai gusti semplici» (da Il Napoleone di Notting Hill).
Nonostante ciò, ultimamente ho avuto l’impressione che lo stesso Chesterton facesse il profeta e fosse in possesso del vero dono della preveggenza, perché, scartabellando tra quelle notizie che – giustamente – non compariranno mai nei telegiornali, mi sono imbattuta in due curiosi eventi che parevano l’esatta riproposizione di alcune intuizioni che Chesterton ebbe un secolo fa.
Il primo fatto è accaduto proprio nella sua amata Inghilterra: un magnate musulmano è diventato proprietario del rinomato Bermondsey Square Hotel a Londra e ha imposto al suo interno la legge della sharia. Di fatto non verranno serviti alcolici e carne di maiale. Gli stessi camerieri che lavoravano da anni in questa struttura sono rimasti interdetti; perché, d’ora in poi, sarà compito loro informare la clientela che in quello spazio lussuoso della inglesissima Londra non si potrà avere né birra, né bacon, ad esempio. Resta da vedere che successo di pubblico otterrà un simile albergo. In ogni caso, i chestertoniani sanno bene che questa trama non sembra così originale. Infatti, nel 1914 (proprio un secolo fa) uscì L’osteria volante, esilarante ed epico romanzo in cui Chesterton immaginò che l’Inghilterra si convertisse all’islam. Immaginò che l’aristocrazia al potere, impersonata da Lord Ivywood, avesse molto da guadagnare da una simile religione, che di fatto avrebbe ridotto la gente comune a dei poveri schiavi. Immaginò che si chiudessero innanzitutto le osterie, e poi che Ivywood, inchinandosi agli ammaestramenti di un Profeta (appunto!) chiamato Misysra Ammon, cominciasse a educare le folle, organizzando conferenze sulla malvagità del maiale e sulla salutare pratica del vegetarianesimo.
Per fortuna, il protagonista dell’intero romanzo, Patrick Dalroy, si darà un bella divertita a mettere a soqquadro questo delirio politico e sociale. Anche a Dalroy piace giocare a «smentisci il profeta» e lì dove lui passa e pianta l’insegna volante di una vecchia osteria inglese, ecco accorrere gente che chiede birra, prosciutto e formaggio. Ma quest’insurrezione non è solo una ribellione, bensì una dimostrazione: è la conferma che il popolo è legato alle sue tradizioni, perché sono quelle occasioni e forme in cui ognuno sente simile a sé ogni altro uomo, godendo del buon cibo e delle chiacchiere. La tradizione è la vera democrazia; infatti, il grande merito di Dalroy sarà quello di smascherare le mire tutt’altro che salutari di Lord Ivywood: vietando l’uso della carne e degli alcolici, il politico aristocratico non ha a cuore il proprio popolo, ha solo a cuore la propria superiorità rispetto alla gente comune. Dalroy afferma: «Lord Ivywood non è crudele, è inumano. Ciò che è strano in loro (negli aristocratici) è che si sforzano di essere semplici, ma non rinunciano mai a una cosa complicata. Se devono scegliere tra la carne di bue e qualche cibo in salamoia, rinunciano alla carne di bue. E volete sapere perché? Perché essi rinunciano solo a quelle cose che li legano agli altri uomini. […] Non si è mai sentito dire di un moderno uomo d’affari filantropo che rinunci alla sua segretaria o ai suoi servi. Perché egli rinuncia solo alle cose più semplici e più comuni: rinuncia alla carne e alla birra, perché questi piaceri gli ricordano che lui è solo un uomo».
Quest’ipotesi immaginaria di un’Inghilterra musulmana ha trovato un piccolo riscontro nella cronaca, ma il fatto che alcuni dipendenti dell’hotel lussuoso-vegetariano-astemio si siano licenziati lascia intendere che l’anima di Patrick Dalroy è ancora viva. E non vedo l’ora di veder sventolare per le vie di Londra l’insegna dell’osteria La Vecchia Nave.
Il secondo fatto a cui voglio accennare è accaduto a Bogotá, dove si è celebrato il simbolico matrimonio tra un uomo e un albero: l’attore Richard Torres ha infatti preso in moglie, con tanto di cerimonia e bacio finale, una pianta in un grande parco, per sensibilizzare il pubblico sul drammatico problema della deforestazione. Al signor Torres vorrei regalare il libro di Chesterton Gli alberi dell’orgoglio, e sono certa che lo gradirebbe. Perché non c’è da ridere sul fanatismo degli ambientalisti, ma c’è semmai da ricordar loro che il buon Dio ci creò giardinieri, ponendo Adamo nel giardino dell’Eden. Dunque, la presenza dell’uomo dentro la Natura è da sempre quella di custode. Che, poi, l’uomo sia diventato un pessimo ortolano e si sia pure sbizzarrito a trattare la natura come un cesto d’immondizia dipende, drammaticamente, dal suo essere una creatura libera… a differenza di un pino o di un faggio. A proposito, sappiamo che il signor Torres era lieto e cosciente di sposarsi, ma cosa sappiamo dell’amabile quercia (o sia quel che sia) che è diventata sua moglie? Siamo sicuri che non volesse rimanere single? Siamo sicuri che non fosse già promessa a un aitante ippocastano, che ora è disperatamente sconsolato? In altre parole, perché metterci a fare scemenze quando si potrebbe usare la creatività umana in forme molto più stimolanti, anche per parlare di ambiente?
Chesterton ne fu capace. Quando, a un certo punto della sua vita coniugale, lui e sua moglie decisero di costruirsi una nuova casa, sorse un piccolo problema: nell’appezzamento di terra che doveva ospitare la loro nuova costruzione c’era un grande albero. I muratori chiesero a Chesterton di abbattere il fusto, ma lui glielo impedì e suggerì loro di costruire la casa intorno all’albero. Così fu; il gigantesco e rigoglioso tronco rimase al centro della loro nuova casa. E in questo gesto c’è una sintesi prodigiosa di cosa sia un giardiniere: caro uomo, non trattare le cose come ostacoli, ma fanne un’occasione di costruzione buona per te; forse dovrai cambiare i progetti che avevi in mente, ma chissà che non salti fuori qualcosa di più bello. E questo non vale solo per gli alberi, ma anche per le persone e le cose che quotidianamente «si mettono in mezzo». Non abbattere, costruisci qualcosa di nuovo attorno a quello che c’è.
Questi due esempi mi vengono in soccorso per dire che se Chesterton fu, in un certo senso, profetico, lo fu perché le stupidate dell’uomo sono facili da prevedere. L’unica cosa davvero sorprendente al mondo è la saggezza di Dio. Adesso, noi siamo già in piena atmosfera natalizia, e cominciano anche le lamentele di quelli che additano le derive consumistiche di questa festività. Cosa innegabile. Ma vorrei anche rassicurarli: le derive e le inondazioni partono sempre da un fiume (cioè da un’arteria primaria). Tutto il Natale, anche per quelli che fanno finta di essersi dimenticati che si celebra la Nascita di Gesù, si regge sull’idea di sorpresa. E la sorpresa è un’idea divina, non umana. Dio da sempre ha giocato al gioco «smentisci il profeta»… era Lui che amava dire «le mie vie non sono le vostre vie» eccetera.
E quindi, anche sostituendo ogni sorta di iconografia cristiana del Natale con rimpiazzi neutri, non si potrà rimpiazzare il timbro originale del nostro Creatore. Ogni pacco infiocchettato ne è suo testimone. Perché l’uomo chiacchiera e spiega e analizza, mentre Dio fa sorprese. L’uomo è noioso, Dio è allegro. Nella mangiatoia di Betlemme giace la più grande sorpresa di Dio e la gente comune, come i pastori, lo sa bene da sempre… checché ne dicano i sapientoni eruditi. A Natale la gente comune, fregandosene del magnate musulmano, brinderà con del buon vino e addobberà l’albero mettendolo al centro della casa, ma senza arrivare a sposarselo. Poi aprirà i doni, facendo memoria – anche inconsapevolmente – del bisogno umano primario che Dio ha soddisfatto mandandoci il Bambin Gesù: il bisogno di essere meravigliati e sorpresi; il bisogno di essere colti di sprovvista dal bello e dal buono.
Un genio come Pirandello scrisse Sei personaggi in cerca d’autore per gridare il bisogno di non essere marionette sperdute in un copione incomprensibile, e Chesterton gli rispose con un’opera teatrale intitolata Sorpresa, in cui mostrò quanto fosse entusiasmante accorgersi che il nostro Autore è stato da sempre in cerca di persone: ci ha creati e lasciati liberi perché non ci fossero profezie e copioni prestabiliti, ma solo avventure degne di principi, cavalieri e principesse. Sulla trama dell’opera non posso svelare nulla, perché è una sorpresa, ma, avendola tradotta, non posso che proporvela come lettura natalizia. Chi è interessato ad avere questo formidabile testo deve scrivere una letterina-mail al Babbo Natale chestertoniano: laperlapreziosa@libero.it. Iniziate pure così: «Caro Patriota Cosmico…», e poi chissà cosa succederà.