Qohelet: un credente, non uno scettico
Un esegeta dei libri sapienziali spiega, a ragione:
Qohelet non è assolutamente uno scettico, nel senso moderno del termine. Non è uno scettico epistemologico, cioè uno che non sappia se Dio c’è o non c’è! Qohelet è un credente. Mai mette in dubbio l’esistenza di Dio. Non è assolutamente un nihilista. Potremmo dire, piuttosto, che è uno scettico gnoseologico, cioè uno che sa che è la conoscenza dell’uomo ad essere limitata, proprio perché è creatura e non Creatore. L’uomo, nel suo limite, non può che rimandare a Dio ed alla fede in Lui. La vera episteme, la vera sapienza è rimettere a Dio il giudizio. Probabilmente Qohelet si misura con la sapienza greca scettica a lui contemporanea e, con sottigliezza, accoglie alcuni spunti di quella prospettiva, ma per cambiarne radicalmente l’impostazione ed, anzi, confutarla. La sua conclusione, dopo aver visto la difficoltà dell’uomo a trovare nell’umano la stabilità, è: “Conclusione del discorso, dopo che si è ascoltato ogni cosa: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo per l’uomo è tutto” (Qo12, 13).
Una recente pubblicazione di Virgilio Melchiorre, filosofo, sembra andare in questa stessa direzione, provocatoria già nel titolo: Qohelet o della serenità del vivere (Morcelliana). All’autore sembra centrale il versetto 3,11 – che spesso viene trascurato rispetto ai più famosi “c’è un tempo per...”, mentre, invece, ne è la chiave di lettura – “Dio ha posto ogni cosa nel suo tempo. Nel cuore umano ha posto anche il senso dell’eterno, senza però che l’uomo possa comprendere dal principio alla fine l’opera di Dio”. Melchiorre così scrive: “La sentenza dice appunto che nel cuore dell’uomo dimora l’a priori di un ultimo senso, ma dice ad un tempo che di questo senso non è dato cogliere la trama nella sterminata sequenza dei tempi”.
Qohelet non è assolutamente uno scettico, nel senso moderno del termine. Non è uno scettico epistemologico, cioè uno che non sappia se Dio c’è o non c’è! Qohelet è un credente. Mai mette in dubbio l’esistenza di Dio. Non è assolutamente un nihilista. Potremmo dire, piuttosto, che è uno scettico gnoseologico, cioè uno che sa che è la conoscenza dell’uomo ad essere limitata, proprio perché è creatura e non Creatore. L’uomo, nel suo limite, non può che rimandare a Dio ed alla fede in Lui. La vera episteme, la vera sapienza è rimettere a Dio il giudizio. Probabilmente Qohelet si misura con la sapienza greca scettica a lui contemporanea e, con sottigliezza, accoglie alcuni spunti di quella prospettiva, ma per cambiarne radicalmente l’impostazione ed, anzi, confutarla. La sua conclusione, dopo aver visto la difficoltà dell’uomo a trovare nell’umano la stabilità, è: “Conclusione del discorso, dopo che si è ascoltato ogni cosa: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo per l’uomo è tutto” (Qo12, 13).
Una recente pubblicazione di Virgilio Melchiorre, filosofo, sembra andare in questa stessa direzione, provocatoria già nel titolo: Qohelet o della serenità del vivere (Morcelliana). All’autore sembra centrale il versetto 3,11 – che spesso viene trascurato rispetto ai più famosi “c’è un tempo per...”, mentre, invece, ne è la chiave di lettura – “Dio ha posto ogni cosa nel suo tempo. Nel cuore umano ha posto anche il senso dell’eterno, senza però che l’uomo possa comprendere dal principio alla fine l’opera di Dio”. Melchiorre così scrive: “La sentenza dice appunto che nel cuore dell’uomo dimora l’a priori di un ultimo senso, ma dice ad un tempo che di questo senso non è dato cogliere la trama nella sterminata sequenza dei tempi”.