1/ Antonia Arslan: «Vi racconto la storia avventurosa del libro di Mush». Un’intervista di Daniele Ciacci 2/ Voci armene, di Rondoni Davide

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 09 /11 /2014 - 14:28 pm | Permalink | Homepage
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1/ Antonia Arslan: «Vi racconto la storia avventurosa del libro di Mush». Un’intervista di Daniele Ciacci

Riprendiamo dal sito della rivista Tempi un’intervista di Daniele Ciacci ad Antonia Arslan pubblicata l’1/2/2014. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (9/11/2014)

Antonia Arslan si trova in tour per promuovere l’ultima sua opera uscita in libreria, Il libro di Mush (Skira, 129 pp., 15 euro). L’autrice de La masseria delle allodole e La strada di Smirne torna con un romanzo che è un ulteriore approfondimento delle proprie origini armene. Con tempi.it discute della sua ultima fatica.

Di cosa narra il suo nuovo romanzo?

Il libro di Mush è un manoscritto medievale del 1202 che ha avuto una storia avventurosa. È stato ordinato da un mercante, che poi lo ha venduto. Il tomo è vissuto per molti tempi nel Monastero dei Santi Apostoli della valle di Mush. Nel giugno del 1915 l’intera valle di Mush è stata invasa dai turchi, che hanno ucciso uomini, donne e bambini. Nel 1917 due donne, sopravvissute al massacro, trovano il libro tra le rovine del tempio. La salvezza del testo diventa la loro ragione di vita. Questo manoscritto è enorme: è alto circa un metro e pesa 27 chili e mezzo. Le donne lo dividono in due parti e lo trasportano sulle spalle valicando i monti del Caucaso. Gli armeni venerano i libri: hanno santificato in gruppo tutti i traduttori della Bibbia e anche l’inventore dell’alfabeto, Mesrop Mashtots.

La trama, quindi, è tratta da una storia viva?

Sì. Il libro di Mush esiste davvero. Adesso, si trova a Matenadaran, la biblioteca di Yerevan, capitale della Repubblica d’Armenia. Naturalmente, la storia del romanzo è condita di eventi leggendari e romanzeschi, ma ha un solido nucleo storico. Per esempio, delle due donne che hanno trasportato il libro, solo una sopravvive. L’altra muore e viene seppellita con la sua parte di testo. Soltanto un generale russo riuscirà a scoprire l’esatta ubicazione e lo porterà con sé in Georgia.

Perché ha voluto narrare questa storia?

La casa editrice Skira, che lo ha pubblicato, ha aperto una nuova collana di narrativa. Skira, tradizionalmente, pubblica cataloghi d’arte, ma hanno deciso di puntare anche su brevi racconti che parlino delle vicende di un opera d’arte. Inoltre, mi ha sempre colpito la storia della valle di Mush, che in armeno significa “nebbiosa”. Vi passano due fiumi ed è fertilissima. È circondata da montagne, con pochi valichi d’entrata. Attorno alla tragedia del massacrato voluto dai turchi si narrano testimonianze agghiaccianti. Come quella di Alma Johannson, infermiera danese che gestiva un orfanotrofio completamente distrutto.

2/ Voci armene, di Davide Rondoni

Riprendiamo dal sito della rivista Tempi un articolo di Davide Rondoni pubblicato il 27/10/2005. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (2/11/2014)

Due milioni sono stati gli armeni uccisi dal regime turco, tra 1915 e il 1920.
Erano cristiani, erano diversi dalla razza che, preso il potere nell’impero ottomano (i giovani turchi) ingannò tutti e fece piazza pulita
. Gli uomini furono portati in zone di guerra, e affogati. Le donne portate nel deserto, e lì alcune dovettero abbandonare un figlio su tre per cercare di salvare se stesse per i propri altri due figli. E per il resto della vita ne impazzirono. A quelle donne, a quegli uomini sono dedicate di fatto due opere di letteratura straordinarie. Dedicate come si dedica l’arte: non come un lamento, non come un discorso.

Antonia Arslan, ottima professoressa di letteratura a Padova, ha scritto La masseria delle allodole, stupendo romanzo Rizzoli (che verrà presto trasformato in film dai fratelli Taviani). E Les Murray, straordinario poeta australiano, fa muovere la storia del suo poema Freddy Nettuno, dalla visione del rogo di alcune donne armene. Non una dedica di lamento o rivendicazione. Ma un gesto, come una giustizia della vita di coloro che in quel gorgo si persero e alle vite che ne furono
segnate.

Hitler a chi gli consigliava di non sterminare gli ebrei perché ne avrebbe avuta cattiva stampa, rispondeva: «Forse qualcuno ha fatto storie quando i turchi hanno sterminato due milioni di armeni?» La storia ha coniato la parola genocidio per la prima volta in riferimento alla strage armena. Ancora oggi la Turchia, candidata all’ingresso in Europa, non vuole riconoscere quella strage. Ma le parole dei poeti non dimenticano, e dalla vita persa fanno nascere vita nuova e commossa.

E le voci dell’Armenia perduta verranno di nuovo a parlarci della vita di oggi. Del suo desiderio e della sua prova.