PERCHE' LA CONVERSIONE DI PAOLO E' RACCONTATA TRE VOLTE NEGLI ATTI? (da Augusto Barbi)
da Augusto Barbi, I tre racconti di conversione/chiamata di Paolo (At 9; 22; 26): un’analisi narrativa, in La rivelazione attestata. La Bibbia fra testo e teologia, Raccolta di studi in onore del cardinale Carlo Maria Martini, Angelini Giuseppe (a cura di), Glossa, Milano, 1998, p. 271.
Attraverso la ridondanza della narrazione, al lettore è innanzi tutto segnalata l’importanza dell’evento narrato, sul quale è attirata la sua attenzione e riflessione.
Reso attento, il lettore è poi messo in grado dal narratore stesso di apprezzare le variazioni dei racconti, non come incongruenze da appianare o come differenze legate al desiderio di conservazione delle fonti storiche, ma come dovute al variare delle istanze narrative e del loro punto di vista valutativo. Di conseguenza egli è portato a rileggere accuratamente i racconti per cogliere la diversità degli intrecci narrativi, determinati dalle variazioni, e i significati che da questi scaturiscono, ricollocandoli dentro il contesto narrativo e la sua strategia.
Questo accurato lavoro letterario permette al lettore di appropriarsi delle prospettive teologiche, che proprio attraverso la narrazione vengono veicolate, e di prendere coscienza che l’attenzione richiestagli dall’effetto “ridondanza” era in vista dell’importanza delle tematiche teologiche presenti nei racconti.
Così egli è portato a contemplare con meraviglia l’azione potente del Signore risorto che espande in modo inaspettato l’azione missionaria della Chiesa e, a tale scopo, trasforma sorprendentemente il persecutore Saulo in coraggioso annunciatore perseguitato, vincendo le resistenze stesse delle comunità cristiane (At 9).
Successivamente nella fase giudiziale, il lettore è condotto a ripensare, attraverso l’esperienza paradigmatica di Paolo, la relazione tra giudaismo e cristianesimo sotto il profilo della continuità e discontinuità. Se da una parte infatti (At 22) è la fedeltà al Dio dei padri l’elemento di continuità nella discontinuità della trasformazione di Paolo da zelante giudeo a missionario tra i pagani, dall’altra (At 26) è la testimonianza della resurrezione come compimento della speranza d’Israele e delle profezie messianiche il fattore di discontinuità pur nella continuità della promessa condivisa.
La ridondanza narrativa, accuratamente analizzata, si rivela così come il veicolo di tematiche teologiche tra le più rilevanti della narrazione lucana.
Attraverso la ridondanza della narrazione, al lettore è innanzi tutto segnalata l’importanza dell’evento narrato, sul quale è attirata la sua attenzione e riflessione.
Reso attento, il lettore è poi messo in grado dal narratore stesso di apprezzare le variazioni dei racconti, non come incongruenze da appianare o come differenze legate al desiderio di conservazione delle fonti storiche, ma come dovute al variare delle istanze narrative e del loro punto di vista valutativo. Di conseguenza egli è portato a rileggere accuratamente i racconti per cogliere la diversità degli intrecci narrativi, determinati dalle variazioni, e i significati che da questi scaturiscono, ricollocandoli dentro il contesto narrativo e la sua strategia.
Questo accurato lavoro letterario permette al lettore di appropriarsi delle prospettive teologiche, che proprio attraverso la narrazione vengono veicolate, e di prendere coscienza che l’attenzione richiestagli dall’effetto “ridondanza” era in vista dell’importanza delle tematiche teologiche presenti nei racconti.
Così egli è portato a contemplare con meraviglia l’azione potente del Signore risorto che espande in modo inaspettato l’azione missionaria della Chiesa e, a tale scopo, trasforma sorprendentemente il persecutore Saulo in coraggioso annunciatore perseguitato, vincendo le resistenze stesse delle comunità cristiane (At 9).
Successivamente nella fase giudiziale, il lettore è condotto a ripensare, attraverso l’esperienza paradigmatica di Paolo, la relazione tra giudaismo e cristianesimo sotto il profilo della continuità e discontinuità. Se da una parte infatti (At 22) è la fedeltà al Dio dei padri l’elemento di continuità nella discontinuità della trasformazione di Paolo da zelante giudeo a missionario tra i pagani, dall’altra (At 26) è la testimonianza della resurrezione come compimento della speranza d’Israele e delle profezie messianiche il fattore di discontinuità pur nella continuità della promessa condivisa.
La ridondanza narrativa, accuratamente analizzata, si rivela così come il veicolo di tematiche teologiche tra le più rilevanti della narrazione lucana.