Jovanotti per gli 80 anni del papà: le parole e una foto
Riprendiamo dal profilo FB di Jovanotti un post pubblicato il 28/9/2014. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (30/9/2014)
Oggi il mio babbo compie ottanta anni. Si chiama Mario Cherubini, figlio della Giuseppa Parigi detta Beppina e di Umberto Cherubini. Mario era ancora un ragazzo quando gli morì il babbo senza preavviso in un pomeriggio di tramontana. Restò l’unico maschio in mezzo a quattro femmine, la sua mamma e tre sorelle. Essendo lui il più piccolo di loro si ritrovò suo malgrado a fare il capofamiglia ma in realtà la roccia in quella casa era la Beppina, che aveva capelli scuri lunghissimi raccolti in una crocchia che si scioglieva solo la notte per dormire, braccia forti, grandi polmoni, un fare sbrigativo e un senso pratico della vita maturato lungo un'esistenza che aveva attraversato due guerre mondiali e l'esperienza di diventare madre di una figlia bisognosa di aiuto: la Silvana. Un po' più grande di Mario, la Silvana era nata con una cosa ,oggi si direbbe disabilità, nel fisico e nell'apprendimento, cosa che non tolse energia a quella famiglia, che anzi venne moltiplicata dalla presenza della bimba speciale. In una piccola città come Cortona e grazie alla volontà ferrea della mamma di non tenerla mai isolata in casa la Silvana in paese era amica di tutti e tutti le volevano bene e la chiamavano per nome. Io non ho mai capito bene cosa avesse la Silvana e nessuno me l’ha mai detto, una mia cugina esperta sostiene fosse la “sindrome di Williams”, ma per me ragazzino era solo una zia che aveva l’età del babbo pur rimanendo sempre una bambina speciale, grande appassionata di gatti. Ogni tanto ci ripenso alla Silvana, ed è come se essere cresciuto con una presenza come la sua in casa mi abbia aiutato a considerare tutti un po’ speciali, a partire da me stesso, e a non pretendere comportamenti “ordinari” da nessuno, non lo so, ma ora non ne parliamo.
Mario a 19 anni era alto e massiccio e su consiglio del suo parroco prese un treno per Roma per provare a entrare nei gendarmi del Vaticano attraverso visita medica e un colloquio. Ci andò con un suo amico che era motivatissimo e convinto e di essere arruolato mentre Mario non ci sperava nemmeno tanto, che in fondo aveva quel lavoretto alla raccolta del tabacco che gli andava già bene. Si sa come vanno queste cose: presero lui e non l'amico. Avvenne così che si trasferì a Roma, dentro al Vaticano, nella caserma dei gendarmi del Papa, che all’epoca era Pio XII, che per il mio vecchio è un santo, non fosse altro perché gli ha dato il suo primo stipendio vero. La gioia della sua mamma fu grande, che ora aveva un figlio sistemato e un fiore all'occhiello da sfoggiare alla messa la domenica. Anche Mario divenne presto contento perché Roma lo faceva impazzire, stava al centro del mondo, si innamorò perdutamente di quella città. In effetti Roma in quegli anni doveva essere davvero una meraviglia, basta guardare qualche vecchio film per non avere dubbi. Durante una licenza a Cortona conobbe Viola Cardinali, una bella ragazza con un vitino stretto stretto e fianchi generosi che studiava biologia a Firenze e tornava al paese per le feste. In poco tempo si fidanzarono e si sposarono. La Viola interruppe gli studi a sei esami dalla laurea per seguirlo a Roma e fare una famiglia insieme. Era la fine degli anni 50. Erano ragazzini, l'Italia del dopoguerra, Roma con interi quartieri in costruzione. Loro due presero un bilocale in affitto in uno di quei quartieri, nella zona ovest. Era l’Italia dello stipendio sicuro, pochi ma teoricamente per tutta la vita. Nacque il primo figlio che venne chiamato Umberto , come il nonno. Poi all'arrivo del secondo figlio Bernardo il Vaticano gli concesse un affitto di un appartamento un po' più grande in una nuova palazzina appena costruita proprio a 50 metri dal cantiere della Sala Nervi in costruzione, davanti al cupolone e ad un benzinaio. Qui ci sono nato io, Lorenzo Cherubini, terzo figlio, dopo Umberto e Bernardo e prima dell'Anna, che ha chiuso quella carriera di nascite e di pannolini. Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora, e oggi Mario compie 80 anni, nato nello stesso giorno dello stesso anni di Brigitte Bardot, altro che chiacchiere. E’ una bella cifra, di quelle che uno può cominciare a godersi la vita senza pensare troppo al futuro ma vivendo giorno per giorno assaporando i piaceri e anche i dispiaceri, che comunque fanno parte delle cose a prescindere dall'età.
Ho passato una bella parte della mia vita di ragazzo proiettando sul mio babbo tutte le mie idee di autorevolezza, severità, rigidità mentale, affidabilità, inaffidabilità, forza fisica, spirito di sacrificio e di servizio, senso del dovere, affettività, impulsività e socievolezza. Poi è arrivata l'età adulta, la mia, e la vecchiaia, la sua, e certe cose sono cambiate, ho iniziato a vedere l'uomo, l'essere umano con i suoi acciacchi e le sue visite dal dottore, sono cadute alcune certezza ma si è rafforzato l'amore, quello incondizionato, senza giudizio, senza risentimento ma più propenso alla gratitudine per il fatto semplice di aver messo al mondo me e i miei fratelli, di essere il nonno di mia figlia.
Tra gli esseri umani alcuni sono speciali, non in senso assoluto (quelli li sceglie la Storia) ma lo sono per altri esseri umani che entrano in contatto con loro, per scelta, o perché la vita ha voluto così. Uno di loro, Mario Cherubini, è mio padre, e per i suoi 80 anni gli faccio tanti auguri.
Tra i comandamenti quello che recita “onora il padre e la madre” sembra il più scontato ma in realtà è il più complesso di tutti, quello più difficile da rispettare, anche perché non dice “ubbidisci al padre e alla madre” ma quasi l’esatto contrario, per fortuna. Onorali, dice, e chi lo sa che vuol dire. Nessuno sa bene cosa significa onorare qualcuno, io spero che voler bene sia almeno una parte di quel concetto.
Ogni tanto a Cortona mi capita di incontrare qualcuno che ha conosciuto il mio babbo da bambino, e me lo faccio raccontare. Scopro che a scuola era tremendo, dedito soprattutto agli scherzi e allo sfottimento del prossimo, pieno di amici, molto allegro, spesso vicino all’espulsione dalla classe. All’oratorio attivissimo e poco interessato alla parte mistica del catechismo e molto a tutto il resto. Sapere che anche i genitori sono stati bambini e poi ragazzi è una bella cosa, ci si mette una vita per scoprirlo, ma ne vale la pena, specialmente il giorno che uno di loro compie 80 anni, l’età della ragione ma più che altro del sentimento.
Auguri Babbo!