La Veglia per il Sinodo: che lieviti la montagna, di Pierangelo Sequeri
Riprendiamo da Avvenire del 29/9/2014 un articolo di Pierangelo Sequeri. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (3/10/2014)
Meglio di suor Maria Rosa non saprei proprio dirlo. «Tante persone agiscono senza consultare il Signore; se lo facessero, quante cose cambierebbero, quanti cuori si aprirebbero all’amore di Dio, Padre misericordioso che ci aspetta per farci grazia». Gli ecclesiastici non sono certo esonerati. Al contrario, devono essere i primi ad accendere il gesto che indica la «prima consultazione» che deve essere cercata. Se ci consultiamo solo fra di noi, e poi invochiamo Dio sui giochi fatti, la cosa non promette nulla di buono. Dio deve illuminarci, non tagliare il nastro e benedire l’impianto elettrico già predisposto.
La preghiera è una cosa seria: chiede a Dio anche la fede, figurati il resto. La preghiera chiede perché il vero credente è anche sempre consapevole dello scarto incolmabile fra la sua contorta intelligenza e la cristallina sapienza di Dio, fra il suo incerto volere e la graziosa determinazione di Dio, fra i suoi confusi affetti e la signorile fedeltà di Dio. Dunque, la preghiera appare la forma pura della fede, che si raccoglie nell’ascolto della Parola di Dio e si mette in posizione di adorante gratitudine, pronta a ricevere i doni di «Colui che opera in noi il volere e l’agire, conformemente alla nostra buona volontà» (sant’Agostino).
L’occasione di preghiera è seria, non c’è dubbio. La famiglia è il dono che sigilla la bellezza dell’opera creatrice di Dio, affidandola all’alleanza degli uomini e delle donne: dall’alba dell’umanità alla fine dei tempi. Raccogliendo l’invito solenne del papa Francesco, la Conferenza episcopale italiana ha aderito con gioia all’odierna giornata di preghiera e disposto una grande veglia pubblica per sabato 4 ottobre, festa di san Francesco, proprio sulla soglia di apertura dello speciale Sinodo dei Vescovi dedicato al tema della famiglia.
Nella sua "Preghiera alla Santa Famiglia", papa Francesco mette limpidamente a fuoco la fermentazione oggi richiesta alla testimonianza ecclesiale della famiglia, anche in vista della riparazione e della cura che devono guarire le sue ordinarie e straordinarie ferite. La famiglia cristiana deve nuovamente assumere, come nella stagione germinale della diffusione del vangelo di Dio, la posizione del lievito che «una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata», secondo la piccola e folgorante parabola del Regno pronunciata da Gesù (Lc 13, 21). All’epoca, le donne facevano il pane in casa. E quelle che ascoltavano Gesù dovevano capire benissimo di che cosa si parlava. Ma anche rimanere debitamente impressionate. «Tre staia» sono una montagna di farina. Forse non c’è neppure un tavolo abbastanza grande per lavorarla.
Magari, in un primo momento, le donne hanno pensato che il maschio esagerava un po’, per inesperienza. Come si può lavorare una massa così enorme? Ma poi, vedendolo così convinto, e con lo sguardo così raggiante al pensiero della potenza del Regno di Dio che lavora come il lievito, le donne hanno incominciato a partecipare della sua emozione. E forse, hanno coinvolto anche i maschi. Una montagna di farina? E perché no? In effetti, il lievito fa proprio questo incredibile lavoro: se lo nascondi bene bene nella farina, finisce per fermentarla tutta.
Pensiamo ora alle prime comunità cristiane: essenzialmente, una piccola rete di luoghi di comunione, cenacoli di preghiera, scuole del vangelo, «chiese domestiche». Comunità che facevano il pane in casa e facevano lievitare intere regioni. Nonostante ciò, le scritture apostoliche non sono reticenti nel fare memoria della vulnerabilità («violenza, chiusura e divisione», dice il Papa, nella sua preghiera) alla quale rimane esposta anche la testimonianza della «chiesa domestica», pur sempre affidata alle nostre fragili forze. Il sostegno della fedeltà, come anche la guarigione dall’infedeltà, vanno pur sempre incessantemente chieste e incessantemente ricevute da Dio. Di nuovo, la preghiera, dunque: che precede e accompagna, senza stancarsi mai. Senza la presunzione dei perfetti, senza lo scoraggiamento dei rassegnati. Se ti consulti con Dio, prima di giudicare, la Parola che è necessaria ti raggiungerà. E non tornerà a lui senza effetto.
La fede non è un puntiglio nostro da difendere, è una forza di Dio da chiedere. Prendiamolo sul serio, con spirito e cuore bambino, questo invito alla preghiera. Se vogliamo quello che vuole Dio, la fede sposta le montagne. Le fa lievitare, persino.