"Non esiste il diritto ad avere un figlio". La Conferenza Episcopale Italiana esprime il proprio disaccordo sulla sentenza della Corte Costituzionale che abroga il divieto di fecondazione artificiale eterologa, di L.M.
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Il Centro culturale Gli scritti (2/6/2014)
La decisione della Corte Costituzionale che ha abrogato il divieto della fecondazione artificiale eterologa merita “il necessario rispetto”, tuttavia “entra nel merito di una delicata esperienza umana”. Lo dichiara in una nota la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
“Il desiderio di avere un figlio è profondo ed indiscutibile e merita il massimo rispetto e la più delicata comprensione – dichiara la CEI -. In attesa di conoscere le relative motivazioni della Corte Costituzionale è peraltro doveroso segnalare alcuni nodi problematici che suscitano dubbi e preoccupazioni, sotto il profilo antropologico e culturale”.
In primo luogo viene affermato un non meglio precisato “diritto al figlio” o “diritto alla genitorialità”, col rischio di “confondere o, peggio, identificare il piano dei desideri con il piano dei diritti, sottacendo che il figlio è una persona da accogliere e non l’oggetto di una pretesa resa possibile dal progresso scientifico”.
In secondo luogo “si assume come parametro di valore un preteso diritto individuale, sganciato da qualsiasi visione relazionale; in questo modo si trascura, tra l'altro il diritto del figlio a conoscere la propria origine biologica”.
I vescovi lamentano quindi: “si cambia e si snatura il concetto e l’esperienza di paternità e di maternità, che sono elementi preziosi per l’unità profonda ed inviolabile della coppia”.
Infine, si determina “un pericoloso vuoto normativo nel quale rischia di essere legittimata ogni tecnica di riproduzione umana. La cultura giuridica non dovrebbe semplicemente avvalorare il dominio della tecnoscienza, ma porsi la questione del senso e anche quella del limite. Infatti, come la storia ha dimostrato, non tutto ciò che è fattibile giova al genere umano”, conclude poi il comunicato della Presidenza della CEI.
Sulla questione, ha rilasciato delle dichiarazioni anche l’ex presidente della CEI, cardinale Camillo Ruini. “È presto per parlare di una sentenza appena uscita, di cui non si conoscono ancora le motivazioni”, ha commentato Ruini, in un’intervista a La Stampa.
Sull’abrogazione del divieto alla fecondazione eterologa, il porporato ha espresso il proprio “dissenso”, in quanto la sentenza della Consulta, di fatto, implica “un ‘diritto al figlio’ ma un tale diritto non può esistere, perché il figlio è una persona e come tale non è disponibile”.
Esprimendo la propria “comprensione” per tutti coloro che “soffrono per la mancanza di un figlio”, i quali “anche nel loro giusto desiderio di essere genitori le persone” vanno aiutati “a non dimenticare che il figlio rimane sempre una persona, da accogliere in dono”, senza dimenticare che “i bambini e i ragazzi che nascono hanno il diritto di poter conoscere le proprie origini biologiche, cioè di chi sono figli”.
Ulteriore motivo di “perplessità “ e di “dissenso” è espresso dal cardinale Ruini per il rischio di “commercializzazione” dei gameti maschili e femminili, come pure della “commercializzazione dell'utero delle gestanti”.