Appunti da una catechesi di d. Fabio Rosini sulla vocazione (di A.L.)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 22 /05 /2009 - 07:59 am | Permalink | Homepage
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Questi brevi appunti sono stati scritti ricordando alcuni passaggi della catechesi tenuta da d. Fabio Rosini in occasione della veglia di preghiera della diocesi di Roma per la giornata mondiale per le vocazioni, tenutasi il 23 aprile 2009 nella basilica di S. Paolo fuori le mura. Ovviamente, trattandosi di appunti, non sono stati minimamente rivisti dall’autore e sono solo ricordi soggettivi dello scrivente.

La veglia ha come titolo: «Perché fidarmi di Dio?». Ma ci si può domandare anche: «Di chi mi fido?». Cioè: «Su cosa poggio la mia vita? Dove ha fondamento la mia vita? In cosa consiste la mia vita?»

Ripeto spesso che la parola “ateo” può essere presa in due significati. Se “ateo” significa colui che non ritiene che ci sia un fondamento trascendente, atei ce ne sono. Se “ateo”, vuol dire, invece, colui che non ha un altro fondamento, che non mette in luogo di Dio, nessun altro fondamento, questi non esistono!

Potremmo domandarci, infatti: “Su cosa ti poggi?” “Cosa ti manda in crisi se te lo toccano?” “Se lo criticano?”

Quante poche persone veramente libere ci sono. Che hanno un fondamento così forte da non avere paura di essere giudicate, di perdere la vita per esso.

Gesù dice: “Non vi chiamo più servi, ma amici”. Non servi, ma amici. Egli è amico, perché ci ha svelato il suo segreto, che è la sua relazione con Dio, il suo essere Figlio. Ci ha rivelato il “mistero” della sua vita. Anche noi ci esprimiamo così: “No, quello tu non lo conosci. Io sì che lo conosco, a me ha rivelato il suo segreto, chi è veramente. Tu lo vedi solo da fuori, ma non lo conosci veramente”.

Non dobbiamo dare la vita per cose piccole. Non dobbiamo dare la vita per di meno che per Gesù. Non dobbiamo dare la vita per meno della croce di Cristo: questa è la questione. Non dare la tua vita per di meno di questo.

Quando sono diventato prete, qualcuno scioccamente mi diceva: “Che bravo che sei stato! Hai dato la vita per Cristo!” Ma è esattamente il contrario: È lui che ha dato la vita per me ed io ho preso la sua vita. Ho colto la grande occasione di poter prendere la sua vita! Io ho preso la vita, non io ho dato la vita!

Ecco che nessuno ha il diritto di disprezzare se stesso. Cristo ha dato la sua vita per la mia. Dio ha dato il suo sangue perché la mia vita era preziosa.

C’è gente che si sente sempre la temperatura: “Come sto?” “Come sono andato?” “Come mi sono comportato in quella situazione?” “Come mi vedono?” “Che impressione faccio?” “Quanto mi amano?”

Si tratta, invece, di smettere di guardare noi stessi e come stiamo. Si tratta di guardare Cristo. Come uno che è innamorato. Non gli importa se è bello o brutto. Gli importa che l’altro sia bello. E lo guarda. È preso dall’altro e dalla sua bellezza e non più da se stesso.