Guarda, di Annalisa Teggi
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Riprendiamo sul nostro sito un post dal blog di Annalisa Teggi, Capriole cosmiche, pubblicato il 28/12/2013. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (6/4/2014)
Lo duca mio, dicendo “Guarda, guarda!”
mi trasse a sé del loco dov’io stava.
(Inferno, canto 21)
Tutto è cominciato con un tweet.
Ho postato una citazione di Rilke, accompagnata dalla foto di un murales dell’artista polacca Natalia Rak. Così:
“Se il suo giorno le sembra povero non lo accusi; accusi sé, dica che non è così poeta da vederne le ricchezze”. R. M. Rilke, Lettere a un giovane poeta
Ne è seguita una catena di altre immagini, twittate da altre persone (a me sconosciute). Alcune eccole qua:
Quello che hanno in comune questi murales non è solo il gesto di un uomo che annaffia, ma l’interazione tra questa finzione artistica e la presenza reale di un oggetto da annaffiare o da cui prendere l’acqua: un albero tra le case, piantine cresciute tra le crepe di un muro, una conduttura di scolo.
La condivisione di queste foto è stata un’occasione semplice per ricordare il posto dell’arte nel mondo, anche grazie a disegni che stanno per strada e non nei musei.
In ogni caso, i veri capolavori degli artisti e scrittori – quelli che custodiamo gelosamente e giustamente nei musei o nelle biblioteche – abitano nella realtà e la annaffiano. Sono forme di fecondità del visibile e non pura astrazione.
Leopardi ha intinto la sua penna nella terra di quell’ermo colle, nella siepe e nel volto candido della luna. Van Gogh ha intinto il suo pennello nei cipressi e nei girasoli. Michelangelo si è sporcato di duro marmo, tirandone fuori la delicatezza dolorosa che ha la sua Madonna nella Pietà.
E la tanto sbandierata necessità di cultura è proprio questa coltura del mondo, che esce annaffiato e florido dopo essere passato dalle mani, dalle parole e dai pensieri degli artisti.
Alla fine, Shakespeare ha sempre ragione. “Ci son più cose in cielo e in terra, Orazio, che non sogni la tua filosofia” (da Amleto).
Alla fine – sia lecito far dialogare il genio con l’uomo comune – ha ragione il mio sconosciuto amico di Twitter, che ha commentato la nostra sfilza di immagini condivise scrivendo: – Forse alcune le ho anche viste camminando per strada. Ma vedi com’è la vita, occorre sempre qualcuno che ti dica ‘Guarda!’ -