Xu Guangqi, «buon christiano» e alter ego cinese di Matteo Ricci, di Agostino Giovagnoli
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Riprendiamo da Avvenire del 9/11/2013 una recensione di Agostino Giovagnoli al volume Elisa Giunipero (a cura), Un cristiano alla corte dei Ming. Xu Guangqi e il dialogo interculturale tra Cina e Occidente, Guerini e Associati. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la nota Cina: appunti.
Il Centro culturale Gli scritti (1/12/2013)
Negli ultimi anni Matteo Ricci, il missionario gesuita che all’inizio del XVII secolo ha portato il Vangelo in Cina, è stato oggetto di numerosi studi e convegni. Meno noti sono, invece, i suoi compagni cinesi. Ma, come ha detto Benedetto XVI, «l’ammirazione verso padre Ricci non deve far dimenticare il ruolo e l’influsso dei suoi interlocutori cinesi, specie i 4 celebri convertiti, 'pilastri della nascente Chiesa cinese'. Di questi il primo e più famoso è Xu Guangqi».
Nato a Shanghai nel 1562 e morto a Pechino nel 1633, letterato e scienziato, matematico e astronomo, esperto di ingegneria agricola e di strategia militare, giunto ai più alti gradi della burocrazia imperiale, credente di grande fede e di edificante vita cristiana, servitore appassionato del suo Paese, ha occupato un posto di rilievo nella storia: gli studenti in Cina imparano il suo nome già alle elementari.
La pubblicazione del volume curato da Elisa Giunipero apre ora la strada alla conoscenza, anche in Italia, di questa figura per molti versi fuori dal comune, raccogliendo gli atti del convegno organizzato dall’arcidiocesi di Napoli nel maggio 2011. Si va dai saggi di Li Tiangang (curatore dell’opera omnia di Xu Guangqi) e di Liu Guopeng (autore di un bilancio degli studi cinesi contemporanei su di lui) a quelli di Jerry Martinson – che ne ricostruisce la conversione al cattolicesimo – e di Zhu Xiaohong, che ne ricorda la carità.
Dai contributi di Ad Dudink (sui testi cristiani dell’illustre letterato) e di Matteo Nicolini Zani (i riferimenti al cristianesimo nestoriano) a quelli di Gianni Criveller (che esamina le testimonianze dei missionari gesuiti su di lui) e di Dong Shaoxin (che ne ricostruisce il coraggioso comportamento durante la persecuzione di Nanchino), mentre alla crisi del confucianesimo nel tardo periodo Ming è dedicato l’intervento di Donatella Guida. Gregory Blue, infine, ripercorre le quattro interpretazioni principali della biografia di Xu Guanqi: rappresentante di una cultura finalizzata all’arte di governo; cultore della ricerca scientifica moderna, soprattutto in astrofisica; fedele cattolico; cosmopolita a cavallo tra mondi diversi.
Tutte letture fondate, che tendono però a separare aspetti in realtà strettamente collegati. È sulla natura profonda di tale legame che s’interroga il volume, come chiarisce Giunipero non accontentandosi di noti cliché sull’incontro tra Ricci e i suoi discepoli cinesi. Indagando sull’esperienza di questi ultimi ci si allontana infatti dai luoghi comuni sull’«adattamento» alla cultura confuciana per mettere piuttosto in luce più complessi «passaggi tra mondi distanti che non si possono fare se non guidati dalla fede», come scrive Andrea Riccardi.
«C’è un genio nel cristianesimo, specie nella tradizione cattolica, che genera donne e uomini che, proprio perché credenti, si spingono avanti nell’avvicinare civiltà o religioni differenti, quasi sintetizzandole in se stessi, con esperienze che sono spesso dolorose, perché originali e di frontiera». Il terreno su cui si sviluppano tali passaggi è, spesso, l’amicizia: Ricci ha potuto lasciare un esempio di dialogo quale scelta di una Chiesa che esce da se stessa per diventare missionaria, secondo le parole di papa Francesco, perché ha incontrato un «sì buon christiano e amico», com’egli definisce Xu Guanqi. Una lezione ancora valida.