E se i veri liberali fossero cristiani?, di Dario Antiseri
Riprendiamo da Avvenire del 26/10/2013 una recensione di Dario Antiseri a Carlo Lottieri, Liberali e non. Percorsi di storia del pensiero,La Scuola. Restiamoa disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (8/12/2013)
Carlo Lottieri, Liberali e non. Percorsi di storia del pensiero,La Scuola
«Non c’è dubbio che nel corso della modernità la riflessione politica sia stata egemonizzata più dagli avversari della libertà individuale che non dai suoi difensori. Dal diciassettesimo secolo in poi, la grande speculazione teorica è stata dominata da Hobbes più che da Locke, da Marx più che da Tocqueville, da John Stuart Mill più che da Spencer, da Keynes più che da Hayek. Eppure non si può ignorare l’azione di resistenza che la linea di pensiero autenticamente liberale ha saputo interpretare». Questo scrive Carlo Lottieri all’inizio di questo suo prezioso lavoro, prezioso sia per la chiarezza espositiva che per la ricchezza di informazioni.
Certo, è ben vero che ai nostri giorni sono pochi coloro che non si dichiarano 'liberali', ma è anche altrettanto vero, precisa Lottieri, che con ciò è cresciuta a dismisura la confusione attorno al termine-concetto di 'liberalismo'. Scriveva Luigi Einaudi: «Liberalismo è quella politica che concepisce l’uomo come fine. Si oppone al socialismo il quale concepisce l’uomo come un mezzo per raggiungere fini voluti da qualcuno che sta al di sopra dell’uomo stesso, sia esso la società, lo Stato, il capo». E, sulla medesima linea di Einaudi, Karl Popper: «Per liberale non intendo una persona che simpatizzi per un qualche partito politico, ma semplicemente un uomo che dà importanza alla libertà individuale ed è consapevole dei pericoli inerenti a tutte le forme di potere e di autorità».
Tutto parrebbe, dunque, chiaro. Sennonché le cose non stanno affatto così. Difatti, fa presente Lottieri, pur tralasciando tra altre le polemiche di casa nostra come quella tra Croce ed Einaudi, nel corso del Novecento, soprattutto negli Stati Uniti hanno iniziato a chiamarsi liberal i politici e i pensatori più impegnati ad accrescere il potere dello Stato e la presenza del governo nella vita sociale ed economica.
Ebbene, a una simile tendenza Lottieri contrappone un’idea di libertà politica di derivazione sostanzialmente lockiana, tesa a proteggere l’autonomia della persona, i diritti di proprietà e la libertà contrattuale. Di conseguenza, in questo orizzonte, vanno riconosciuti come autentici liberali quanti valorizzano la dignità del singolo contro le pretese della collettività, la società civile contro lo Stato, il diritto contro l’arbitrio della classe politica.
Da qui l’originale progetto di Lottieri, il quale in ogni singolo capitolo del suo libro prende in considerazione un interprete della prospettiva liberale classica e un autore che a quella tradizione si è contrapposto. Esempi di queste coppie: Hobbes e Locke; Colbert e Smith; Hegel e Rosmini; Bastiat e Proudhon; Marx e Tocqueville; Weber e Mises; Keynes ed Hayek; Schmitt e Leoni; Rawls e Rothbard.
E diversamente da quanto spesso accade in trattazioni della storia del pensiero liberale, Lottieri ha giustamente posto attenzione al ruolo che la fede religiosa ha giocato e gioca all’interno della tradizione liberale. Così, contro Hegel, per il quale «lo Stato è un gran Dio organizzato », fu Rosmini a sostenere che i costruttori della statualità moderna «distruggendo la religione e la moralità, che sono le naturali moderatrici del potere civile (ed è il medesimo che si distruggono col negarle, come gli hegeliani, o collo astrarre pienamente da esse) abbandonano i popoli alla mercé dell’arbitrio dei governanti».
In Rosmini, commenta Lottieri, «in questo beato cattolico che rappresenta uno degli interpreti del liberalismo classico, la difesa della libertà umana e la consapevolezza dei limiti della ragione vanno di pari passo». E insieme a Rosmini non possono venir dimenticati cattolici liberali come Tocqueville e la sua difesa delle comunità volontarie e delle organizzazioni spontanee; o come Bastiat la cui difesa della libertà della persona umana giunge a fargli sostenere che «lo Stato è la grande finzione in virtù della quale ognuno cerca di vivere alle spalle del prossimo».
In La democrazia in America Tocqueville confessa di «essere portato a pensare che l’uomo che non ha fede, è necessario che serva; e, se è libero, che creda». La realtà è che il messaggio cristiano ha frantumato l’identificazione di religione e Stato: Kaýsar non è Kýrios , Cesare (cioè: il potere politico) non è il Signore (cioè: l’Assoluto).
Così nel 2003 l’allora cardinale Ratzinger: «Io penso che la visione liberaldemocratica non potesse nascere senza questo avvenimento cristiano che ha diviso i due mondi, così creando pure una nuova libertà. Lo Stato è importante, si deve ubbidire alle leggi, ma non è l’ultimo potere. La distinzione tra lo Stato e la realtà divina crea lo spazio di una libertà in cui una persona può anche opporsi allo Stato. I martiri sono una testimonianza... Così è nata una storia di libertà. Anche se poi il pensiero liberaldemocratico ha preso le sue strade, l’origine è proprio questa».