Demografia: la bomba è al contrario, Un’intervista di Andrea Galli a Michel Schooyans

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 08 /12 /2013 - 14:29 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Avvenire del 19/10/2013 un’intervista di Andrea Galli a Michel Schooyans. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (8/12/2013)

Michel Schooyans non è sta­to solo un pioniere dello studio del pensiero neo­malthusiano nelle istituzioni inter­nazionali. È anche colui che ha ispi­rato Giovanni Paolo II a scrivere l’E­vangelium Vitae, come ha rivelato in una recente intervista il cardinale Elio Sgreccia. Sacerdote belga nato nel 1930, professore emerito all’Università di Lovanio, è membro del­la Pontificia Accademia per la vita. Le Edizioni Studio Domenicano hanno da poco pubblicato il suo E­voluzioni demografiche. Tra falsi miti e verità.

Monsignor Schooyans, come nasce il suo impegno a difesa della vita?

«Ricordo un episodio che fu decisi­vo. Era il 1972. Pranzavo con un a­mico e toccammo il tema dell’abor­to. A un certo punto dissi: “Una so­cietà che si ritiene democratica, ma che legalizza l’aborto si pone su u­na china totalitaria”. L’amico fu sor­preso. “Non c’è democrazia dove il legislatore può decidere che alcuni esseri umani possono vivere e altri no. L’aborto non è semplicemente una questione di etica sessuale e fa­miliare, è anche una questione di e­tica politica”. Fui invitato a scrivere queste riflessioni. Giovanni Paolo II ne venne a conoscenza e fece tra­durre in più lingue il mio L’aborto. Un approccio politico, del 1980. Re­dassi per lui dei testi di lavoro, che diedero origine a diverse conversa­zioni. Mi invitò quindi a mettere in evidenza il ruolo dell’aborto, della contraccezione e della sterilizzazio­ne nei programmi di controllo della popolazione nel mondo».

Nel suo libro lei critica il concetto di «capacità portante della Terra», spiegando che è l’uomo con la sua intelligenza a definire cosa sia una risorsa per lo sviluppo. Come pos­siamo essere certi che la scienza vada di pari passo con le necessità di u­na popolazione?

«Non deve essere l’avanzamento della scienza la prima preoccupa­zione, ma la diffusione delle cono­scenze scientifiche che abbiamo oggi a disposizione. Prendiamo l’e­sempio dei Paesi Bassi. Tradizional­mente il mare è percepito dagli o­landesi come un nemico. Può in­ghiottire infatti grandi porzioni di quel territorio, come è accaduto nel 1953. Tuttavia il Piano Delta, realiz­zato tra il 1958 e il 1997, ha mostra­to la formidabile capacità dell’uo­mo di canalizzare e dominare le forze della natura. Un altro esem­pio sempre dai Paesi Bassi: la molti­plicazione delle case galleggianti, che mostrano la capacità dell’uomo di fare di un nemico, l’acqua ap­punto, un alleato. Grazie alle loro capacità tecniche gli olandesi pos­sono ospitare comodamente una popolazione con una densità di 400 abitanti per chilometro quadrato. L’esempio di segno opposto è quel­lo del Bangladesh. Per il delta del Gange non si è stati capaci di pro­porre altro che crudeli campagne di controllo della popolazione. I ben­galesi e gli altri popoli poveri do­vrebbero avere accesso alle medesi­me conoscenze delle società ric­che».

In India siamo a più di 1,2 miliardi di abitanti, il Bangladesh ha un densità di 1.000 abitanti per chilo­metro quadrato. In questi casi sembra difficile non parlare di «so­vrappopolazione».

«Il suo dubbio ha bisogno di un tri­plice chiarimento. Partiamo dal nu­mero di figli per donna, quello che i demografi chiamano tasso di fe­condità. Questo numero è in dimi­nuzione ovunque nel mondo. Per­ché una popolazione si rinnovi ogni donna deve avere almeno 2,1 figli. Germania e Russia sono sulla via del collasso demografico. Italia e Spagna non stanno molto meglio. In secondo luogo va sottolineato che una popolazione può conti­nuare ad aumentare mentre il tasso di fecondità diminuisce. È quello che i demografi chiamano slancio demografico. Le giovani donne pos­sono avere una fecondità inferiore a quella delle loro madri, ma sono più numerose di loro e beneficiano di tassi di mortalità inferiori. Infine va tenuto presente che la principale causa della crescita della popola­zione è l’aumento della speranza di vita alla nascita. Gli uomini di oggi vivono di più dei loro nonni e occu­pano la Terra più a lungo. Quanto all’India, è un caso esemplare. La ri­voluzione verde in questo Paese de­ve molto alle scoperte agronomiche di Norman Borlaug. Grazie a politi­che adeguate, i contributi di questo premio Nobel per la pace hanno permesso all’India di poter nutrire più di un miliardo di abitanti e di poter esportare cereali. Una cin­quantina di anni fa l’India soffriva di carestie e faticava a nutrire circa 300 milioni di persone. Oggi le care­stie sono causate dall’incompeten­za, dalla corruzione e dalle guerre. Detto questo, per chi non ha acces­so all’acqua potabile, ai servizi sani­tari e all’istruzione di base, avere fi­gli è la condizione per sopravvivere: sono la prima risorsa per far fronte alla malattia e alla vecchiaia. Quan­do migliorano le condizioni di vita diminuisce il tasso di fecondità».

L’ecologia ha trovato grande spazio anche all’interno del mondo catto­lico. Come distinguere tra un’eco­logia “buona” e ciò che lei chiama “ecologismo”?

«La questione dell’ambiente inter­pella i cristiani. Che sono invitati a rivisitare la teoria della creazione: la meraviglia di fronte al creato, la cooperazione dell’uomo all’opera creatrice di Dio, l’antropocentri­smo, ovvero il posto unico dell’uo­mo immagine di Dio nella creazio­ne. Oggi la centralità dell’uomo è contestata da diverse correnti di pensiero. Gli autori della Carta del­la Terra, per esempio, hanno l’am­bizione di riscrivere la Bibbia, il De­calogo e di instaurare il culto della Terra-Madre, cioè di Gaia. C’è una “élite” che punta in particolare a cambiare il paradigma della medi­cina, per mettere al primo posto la salute della Terra, in seguito quella del corpo sociale e in ultimo quella dell’individuo. Individuo che, in questa visione, dovrà rispondere a criteri di selezione applicati in pro­grammi di salute riproduttiva a for­te connotazione eugenetica, oltre che in programmi di liberalizzazio­ne dell’eutanasia».