Yad Vashem: Bartali tra i Giusti tra le nazioni. Intervista al figlio Andrea: «Papà rischiò la vita per salvare centinaia di ebrei», di Emmanuele Michela
Riprendiamo dal sito della rivista Tempi un articolo di Emmanuele Michela pubblicato il 23/9/2013. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (29/9/2013)
Il ciclista aiutò a far fuggire all’estero i perseguitati: faceva il corriere nascondendo carte e documenti falsi nella sua bicicletta. «Ma non volle mai raccontare la storia»
Chissà come avrebbe accolto l’onorificenza Gino Bartali se fosse ancora in vita: «Papà era molto umile e non voleva raccontare mai quanto aveva fatto per gli ebrei: “Il bene si fa ma non si dice, se no che bene è?”». Andrea, figlio del grande ciclista, commenta la bella notizia diffusa questa mattina: Yad Vashem, il sacrario della Memoria di Gerusalemme, ha dichiarato il campione di ciclismo “Giusto tra le nazioni”, riconoscendo il suo grande impegno a favore degli ebrei perseguitati in Italia. «Ci siamo adoperati molto, sia noi famigliari che la comunità ebraica di Firenze. Ed è bello vedere che il riconoscimento arriva oggi, primo giorno dei Mondiali di ciclismo proprio qui a Firenze. Papà ha rischiato la vita per salvare tante persone».
CORRIERE PER UNA RETE DI SALVATAGGIO. Accadeva durante gli anni della seconda guerra Mondiale: Firenze era occupata, ma una rete di salvataggio messa in piedi dal rabbino Nathan Cassuto e dall’arcivescovo fiorentino Elia Angelo Dalla Costa permetteva a tanti ebrei di scappare verso la Francia o la Yugoslavia. Bartali faceva il corriere: all’interno delle canne della sua bicicletta nascondeva falsi documenti e carte da portare in verso Genova o Assisi, dove tanti fuggitivi si nascondevano. A chi lo fermava si serviva della scusa degli allenamenti, quando una volta tentarono di controllare a fondo la sua bicicletta lui si oppose fermamente, chiedendo che nessuno mettesse mano al suo mezzo costruito alla perfezione per andare alla velocità massima. Anche grazie a lui, gli ebrei salvati furono centinaia. «Pensate che ad Assisi, nel monastero di San Quirico, c’è ancora Suor Eleonora: 94 anni, si ricorda ancora dei viaggi di mio padre».
«CATTOLICO DEVOTO». «Papà ha sempre voluto tenere sotto silenzio questa storia», continua ancora Andrea Bartali. «Ogni tanto qualcuno ne accennava, ma lui metteva poi sempre a tacere le cose, minacciava denunce per i giornalisti: “Non è bene speculare sulle disgrazie degli altri”. E quindi questa storia è venuta fuori solo dopo la sua scomparsa».
Era un uomo di grandissima fede, Gino Bartali: anche Yad Vashem, nella descrizione che dà della sua opera, mette in luce come primo aspetto che era “cattolico devoto”. Fin da bambino legato all’Azione Cattolica, a 22 anni prese i voti da terziario carmelitano, «scelta che comportava una maggiore preghiera, ma anche una più grande propensione verso le opere di bene», ricorda Andrea.
«Era legatissimo a Santa Teresa del Bambin Gesù, anche lei carmelitana: quando anni dopo costruì la nostra casa si fece edificare all’interno una piccola cappellina dedicata a lei. Il cardinale Dalla Costa gli diede la possibilità di avere un altare consacrato per dire le messe: quando andava in chiesa, talvolta capitava che i fedeli erano più attenti a lui che al rito, e la cosa non gli piaceva. Allora rimaneva nella cappella: si metteva lì a dire le preghiere e ogni tanto ci faceva dire le messe».