Trieste 1938, il duce profana la porta di Sion, di Anna Foa
Riprendiamo da Avvenire del 18/9/2013 un articolo scritto da Anna Foa. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (8/12/2013)
Settantacinque anni fa, il 18 settembre 1938, Mussolini annunciò in piazza dell’Unità a Trieste l’emanazione delle leggi razziali e l’inizio di un’attiva politica antiebraica da parte del regime. In realtà, già nei primissimi giorni di settembre erano state emanate le prime leggi, quelle rivolte contro gli ebrei stranieri e quelle che eliminavano gli ebrei dalla scuola.
L’annuncio di Mussolini a Trieste non coglieva di sorpresa gli ebrei, che avevano visto scatenarsi la tempesta già da alcune settimane e che erano bombardati da almeno un anno da una crescente propaganda antisemita. Nel luglio era apparso il “Manifesto della razza”, firmato da un gruppo di scienziati e ispirato direttamente da Mussolini, in cui si teorizzava, con non poca confusione, l’appartenenza degli italiani a una pura razza italiana a cui gli ebrei non appartenevano.
I giornali, le istituzioni, il mondo culturale non mostrarono nessuna opposizione alla svolta razzista e antisemita di Mussolini, che non mancava del resto di avere dietro di sé una lunga preparazione. A Trieste, l’annuncio dei provvedimenti fu accolto da grida di giubilo dell’immensa folla radunata a ricevere il Duce.
Non si ha proprio l’impressione, vedendo il filmato (che è online su YouTube) che quegli applausi della folla in delirio fossero indice di una qualche freddezza di fronte alle dure espressioni antiebraiche del Duce: «L’ebraismo mondiale è stato durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del fascismo… Il problema di scottante attualità è quello razziale. Anche in questo campo noi adotteremo le soluzioni necessarie».
La scelta di Trieste richiede però qualche parola di commento. Nel suo discorso, Mussolini legava strettamente l’adozione di una politica razziale allo sviluppo di una politica imperiale da parte del fascismo. Il viaggio di Mussolini a Trieste era solo la prima tappa di un percorso intrapreso con grande clamore propagandistico dal Duce nelle zone della Prima guerra mondiale, viste naturalmente in un’ottica fortemente nazionalista.
Forte era del resto l’adesione al nazionalismo fascista di Trieste, un’infausta trasformazione dell’antico spirito irredentista della città prima che divenisse italiana. Irredentisti erano stati in particolare gli ebrei di Trieste, un irredentismo che aveva facilitato in molti di loro l’adesione al fascismo, come del resto era avvenuto nel resto d’Italia, quando gli ebrei avevano visto nel fascismo l’esito naturale del nazionalismo.
Ora la politica razziale di Mussolini li tagliava fuori da ogni appartenenza nazionale, legando strettamente il nazionalismo fascista al razzismo antisemita. In questo senso, la scelta di Trieste non era casuale, dotata com’era di una forte carica simbolica.
Inoltre il Duce parlava in una città, Trieste, in cui la presenza ebraica era forte, radicata e ricca di cultura. Una città di confine, che era stata un ponte verso la Mitteleuropa. Ma era anche, più concretamente, il porto da cui partivano, fin dai primi anni del secolo, le navi cariche di ebrei dell’Est in fuga dai pogrom e dalle persecuzioni verso la terra d’Israele. La città che era per questo chiamata la Porta di Sion. E anche questo era ben presente nella mente di Mussolini quando il 18 settembre 1938 lanciò proprio da Trieste le leggi della vergogna.