Vincere la sfiducia. La guerra si può «espellere», di Carlo Cardia
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Riprendiamo da Avvenire del 22/9/2013 un articolo scritto da Carlo Cardia. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (22/9/2013)
Forse una comunità così grande di uomini e donne, religiosi, politici e scienziati, accanto al Papa per la sua iniziativa di pace non s’era mai vista. Iniziato con l’appello di Francesco «mai più la guerra!», un movimento coinvolgente e travolgente s’è sviluppato in pochi giorni, e ha conquistato una trasversalità unica nel suo genere.
Quella Piazza San Pietro che all’unisono e, come si dice oggi in rete, con luoghi simbolo di tutto il mondo per ore ha pregato, ascoltato il Papa, cantato, e ancora pregato, ha sconfitto in primo luogo lo scetticismo amaro che da qualche tempo s’è impadronito della nostra Europa e di tanti pezzi del pianeta: uno scetticismo generato proprio dalle ultime guerre iniziate con baldanza e concluse con infinita amarezza, Paesi sconvolti, sconfitte di ogni parte in causa, improbabili mutamenti di strategie, in Medio Oriente, nel Mediterraneo d’Africa.
La sfiducia poteva spegnere l’animo, lasciare gli uomini in balìa di pochi che scelgono la guerra, offuscano il futuro, si consegnano al fato. Come tante volte nella storia cristiana, il successore di Pietro ha mutato scetticismo e sfiducia in speranza e impegno, ha indicato un orizzonte più alto dando voce a un mondo che vuole unirsi per resistere agli impulsi distruttivi. Papa Francesco ha superato ogni barriera, non ha ignorato le colpe che sono tanto gravi che gridano al cospetto di Dio, ha chiesto a tutti di costruire la pace, porre fine alle stragi di inermi, aprire un cammino nuovo.
Non sono mancate voci critiche, fondate su un presunto iper-realismo storicista, e di esse si è fatto interprete un editoriale sul 'Corriere della sera' dell’altro ieri, con il quale si è sminuita l’importanza di quanto avvenuto, perché, si è scritto, le guerre ci saranno sempre, non si possono 'espellere' dall’orizzonte della storia; alcune giungono anche a esiti positivi, come l’indipendenza degli Stati, la riduzione d’un problema, il suo allontanamento nel tempo, oppure, testualmente, la «sostituzione di un nemico più forte con uno meno forte»; quindi, l’iniziativa del Papa è generosa ma non ha rapporti con la realtà.
È del tutto legittimo il dibattito, ma proprio perciò si deve dire che con le motivazioni proposte si sono sempre giustificato le guerre, e s’è preso più di un abbaglio. La guerra per la libertà di un popolo è aperta dallo Stato oppressore che nega i diritti della popolazione sottomessa, e l’evoluzione ha portato ad ampliare l’uso della non violenza invece delle armi. Se si accetta poi, solo a elevarlo a principio, che si possa fare la guerra per sostituire un nemico più forte con uno meno forte, allora può davvero scoppiare il pianeta, ognuno sarebbe spinto ad aggredire i propri avversari, o antagonisti. Nel moltiplicarsi dissennato dei conflitti s’inseriscono poi facilmente, come ha ricordato domenica Papa Francesco, interessi oscuri che alimentano e sfruttano le guerre per produrre e vendere armamenti e lucrarne i profitti.
In realtà, dovremmo chiederci quante tragedie sarebbero state evitate, quali traguardi positivi si sarebbero raggiunti, evitando le più grandi guerre che conosciamo. Benedetto XV definì il primo conflitto mondiale «un’inutile strage»: oggi gli storici ammettono che in quella guerra sono i semi della distruzione d’Europa, i germi dei totalitarismi sanguinari del 'secolo di Caino', le origini della seconda carneficina mondiale. C’è la chiedersi da quale parte stia il realismo, anche nell’opera di altri pontefici della modernità. Pio XII durante il conflitto mette la Chiesa al servizio dell’umanità dolente, salvando vittime e perseguitati d’ogni fede e nazionalità, detta indicazioni, che saranno riprese di lì a poco per la costruzione dell’Onu, per una comunità internazionale meno ingiusta. Giovanni XXIII è stato decisivo in una crisi tra Usa e Urss che poteva sconvolgere il mondo; Giovanni Paolo II ha fatto l’impossibile, riuscendovi, per cambiare la storia d’Europa, porre fine al comunismo, senza che si usasse la violenza. È questo il punto su cui riflettere, l’azione di Francesco non solo ha dato voce a quanti nel mondo sono sfiduciati, scoraggiati, perché temono che la forza alla fine vince sempre, ma li ha uniti facendo sentire la loro forza morale che può essere base di una politica di pace, di nuove relazioni tra gli Stati.
Oggi c’è qualcosa di diverso rispetto al passato. Le grandi potenze sono esauste, sotto il profilo economico e morale, ragionano di interessi globali, regionali, o nazionali, ma sbagliano i calcoli: basti vedere gli errori compiuti nel periodo delle 'primavere arabe', con campagne militari scriteriate che hanno lasciato rovine e delusioni, Paesi a rischio di fondamentalismi che tutti temono, ma qualcuno contribuisce a rafforzare. L’iniziativa di Papa Francesco si sta rivelando come una delle più realistiche sulla scena internazionale – al punto che sembrano aumentare i dubbi nella stessa amministrazione americana – e si dimostra capace di raccogliere tutti quanti vogliono impegnarsi, comprese le grandi religioni, sino a renderli protagonisti di qualcosa che è esattamente ciò di cui il terzo millennio ha bisogno: la sconfitta della guerra e la sua 'espulsione' dall’orizzonte ordinario dell’umanità.