Vincenzo Cerami: «Ero diventato muto, mi salvò il prof. Pasolini», di Antonio D'Orrico. Un'estate italiana. Quella prova che mi ha cambiato la vita

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 18 /07 /2013 - 16:30 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal Corriere della sera del 23/7/2009 un’intervista di Antonio D'Orrico a Vincenzo Cerami. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (18/7/2013)

N.B de Gli scritti (da Lucio Brunelli): uno degli ultimi atti di Benedetto XVI, dopo l'annuncio delle dimissioni, fu di nominare Cerami membro della Pontificia Accademia delle Belle Arti e delle Lettere al Pantheon, il 24/2/2013.

Vincenzo Cerami «Ero diventato muto, mi salvò il prof. Pasolini», di Antonio D'Orrico

Nel suo studio che affaccia su Castel Sant' Angelo a Roma, Vincenzo Cerami, scrittore, sceneggiatore e altro, giura che lui il twist lo balla meglio di quanto si possa pensare vedendolo accennarne qualche passo nello spettacolo Italia mia. «Sul palco mi prendo un po' in giro. Ma non sono così goffo in realtà. Sono stato un atleta, giocavo nel glorioso Frascati e sono stato convocato nella nazionale giovanile di rugby. Ero cattivissimo come tutti quelli del Frascati. Poi mi cadde uno di 200 chili proprio sul piede e la mia promettente carriera di rugbista finì. Ecco, uno che mi cambiò la vita è quel tipo di due quintali che mi franò addosso quel giorno all' Acqua Acetosa».

Mentre Cerami balla il twist sul ritmo di una canzone inconfondibilmente anni Sessanta («La radioattività un brivido mi dà. Ma tu, ma tu, ma tu di più»), scritta da Michelangelo Antonioni per il film L'Eclisse, bisogna fare un flashback. Tornare indietro di quasi 60 anni. Inquadrare (interno giorno) l'aula di una scuola di Ciampino e una donna, la mamma di Cerami, con il suo bambino per mano, che si raccomanda a un professorino giovane e magrissimo, occhiali neri, accento del Nord. Dice la donna: «Vincenzo è timidissimo. L'anno scorso l'hanno bocciato perché non rispondeva mai alle domande. Bisogna capirlo, è stato malato».

Il professore dà una bottarella affettuosa sulla testa di Vincenzo e lo fa accomodare in classe. Lui, ripetente di prima media, va a sedersi all'ultimo banco e non apre bocca. Succede così da quando si è trasferito da Roma a Ciampino per questioni di salute. «Avevo avuto la difterite. Ero diventato cieco a un certo momento. Stavo per morire. Mia madre andò a chiedere la grazia alla Madonna del Divino amore e avvenne il miracolo evidentemente. Guarii però mi chiusi in me stesso, non parlavo con nessuno. Per farmi compagnia, mi raccontavo da solo delle storie. Sognavo di essere un' altra persona, in un altro posto».

Però quel professorino nuovo, il 28enne Pier Paolo Pasolini, gli sta simpatico perché è un asso a giocare a pallone («partite interminabili nel giardinetto della scuola») e anche perché all'ultima mezz'ora di lezione legge alla classe un romanzo russo avvincente e interminabile: «Non vedevamo l'ora che ci leggesse la nuova puntata».

Cerami si spremeva le meningi per trovare un modo per poter parlare con quel professore così in gamba che se scrivevi «strazzio» non te lo segnava con la matita blu, in quanto errore grave. Per il prof Pasolini scrivere strazio con due zeta era un errore che veniva dalla lingua parlata e perciò non era grave. Gli errori da segnare in blu, per lui, erano altri. Erano i luoghi comuni, le ruffianerie.

A Cerami piaceva quel professore che per venire a scuola prendeva ogni mattina due autobus più la littorina. Doveva trovare la maniera per fargli capire che non era scemo. L'occasione venne quando Pasolini diede un tema libero: «Una domenica in montagna». Cerami capì che era la volta buona. «A ripensarci non era proprio la traccia giusta per dei ragazzi di Ciampino. Era un tema da friulani. Che ne sapevamo noi di montagne? Io ne avevo visto solo una, il Terminillo, e per giunta una domenica d' estate. Una montagna con ghiaccio e neve non sapevo come era fatta».

Gli tocca inventare, scrive con furia, a stento riesce a stare dietro alla penna. «Mi inventai un Terminillo con le valanghe di neve che precipitano a valle, dove a un certo punto mi perdo e mi trovo davanti allo Yeti. Allora scappo terrorizzato ma lui mi insegue...». Consegnato il foglio protocollo con il tema, Cerami torna a casa contento. Col passare delle ore, il suo umore cambia in peggio: «Avevo paura di aver esagerato. La notte non dormii. Mi dicevo: il professore penserà che sono davvero un matto, un mitomane. L'Abominevole Uomo delle Nevi al Terminillo. Ma dài!». In piena notte, preda dell' ansia, Cerami si alza, accende la luce e si mette a riscrivere il tema narrando come erano andate davvero le cose al Terminillo.

«Descrissi una gita di una noooia mortaaale. Invece che lo Yeti solo mucche e mosche e tafani e le cacche enormi delle mucche sui prati. Avevo scoperto il realismo, la mia futura poetica». L'indomani Cerami va a scuola. In cartella ha il tema nuovo pronto a proporre uno scambio al professorino («mi sono sbagliato, il mio tema vero è questo, l' altro è da buttare, non so cosa mi è preso»). Pasolini entra in classe. Aria severa, ufficiale. Dice: «Cerami Vincenzo, in piedi». Dio, è la fine, la pubblica ignominia.

Pasolini estrae un foglio dalla mazzetta dei temi corretti. E legge con la sua voce in falsetto la storia del ragazzo che incontra l'Abominevole Uomo delle Nevi sul Terminillo. È un successo incredibile. Oggi direbbero una standing ovation. «Mi fece un effetto. Non vedevo l'ora di scriverne un altro. Senza saperlo, avevo scoperto la letteratura. Mi cambiarono la vita quel professorino e quel tema. Da allora, in verità, io non ho fatto altro che continuare a scrivere temi liberi».

Con uno di quei temi liberi diventò autore di successo («Il borghese piccolo piccolo»). Con un altro di quei temi liberi ha vinto con Roberto Benigni l' Oscar per «La vita è bella». Ed è legata a quel tema anche la sua vita affettiva. Un giorno Pasolini gli presentò una sua cugina, venuta a studiare a Roma: «Vincenzo, per favore, portala in giro, falle conoscere la città». Quella ragazza è poi diventata la moglie di Cerami.