La rivoluzione europea che investe il mondo musulmano, di Philip Jenkins
Riprendiamo da Vita e pensiero, rivista dell'Università Cattolica di Milano, n. 3 del 2013 un articolo scritto da Philip Jenkins e ripresentato sul sito di Sandro Magister l'8/7/2013. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (14/7/2013)
C’è una rivoluzione che sta sconvolgendo il Nord Africa e il Medio Oriente. No, non è quella di cui si è sentito parlare sui media, ovvero le proteste contro le dittature e le oppressioni avvenute in Egitto, Tunisia e, in maniera più violenta, in Libia. La rivoluzione cui mi riferisco certamente interessa tutti questi paesi, ma i suoi effetti promettono di superare ogni cambiamento di regime o anche qualsivoglia nuova Costituzione. Mentre l’Occidente vi presta poca attenzione, molte società musulmane stanno sperimentando una trasformazione demografica che le sta per rendere molto più europee: più stabili, più aperte ai diritti delle donne e, soprattutto, più “laiche”. Questo cambiamento sottosta a tutte le ribellioni politiche.
In questa storia il numero magico è 2,1, la cifra che rappresenta il tasso di fertilità di cui ha bisogno una società per mantenere costante la propria popolazione. Se ogni donna ha un numero di figli maggiore, in media, di 2,1 durante la sua vita, la popolazione della società cui appartiene potrà espandersi e vi potrà essere una comunità piena di gioventù. Se il tasso scende sotto i 2,1, queste popolazioni subiranno una stagnazione prima e un declino poi, e l’età media crescerà.
Secondo uno stereotipo diffuso, gli europei hanno perso la visione a lungo termine che avrebbe permesso loro di avere famiglie numerose, e la religione non necessariamente procura loro un incentivo: più una donna vive vicino a Roma, meno ha figli. Quando gli analisti guardano all’Europa moderna, si preoccupano delle prospettive a lungo termine per la bassa fertilità in nazioni come l’Italia (1,39), la Germania (1,41) e la Spagna (1,47). Gli esperti sono per lo più preoccupati quando paragonano questi tassi europei con i profili demografici notoriamente alti del terzo mondo che hanno anche contagiato il Medio Oriente. Non è difficile immaginare uno scenario nel quale i musulmani mediorientali sopravanzerebbero gli statici europei, creando un’Eurabia islamizzata.
Ma c’è un problema. Negli ultimi trent'anni, quei paesi mediorientali che erano soliti avere grandi numeri di bambini e adolescenti hanno iniziato a subire un’impressionante trasformazione demografica. Da metà degli anni Settanta, il tasso di fertilità dell’Algeria è crollato dal 7 all’1,75, quello della Tunisia dal 6 al 2,03, quello del Marocco dal 6,5 al 2,21, quello della Libia dal 7,5 al 2,96. Oggi il tasso dell’Algeria è più o meno equivalente a quello della Danimarca o della Norvegia; quello della Tunisia è paragonabile con quello della Francia.
Cosa è successo? Tutto dipende dai cambiamenti nei comportamenti e nelle aspettative delle donne in queste società un tempo molto tradizionali. In tutta la regione le donne sono sempre più coinvolte in attività educative di livello elevato e impegnate in lavori full-time. Questo cambiamento rende alle donne semplicemente impensabile aver a che fare con una tribù di sette, otto figli. Inoltre, spesso le immagini che le donne hanno del proprio ruolo nella vita sono state mutate dai contatti con l’Europa. I migranti in Francia o in Italia sono tornati a casa con attitudini cambiate, mentre le famiglie che stavano a casa hanno fatto fatica a evitare i ritratti mediatici della vita all’occidentale visti sui canali via cavo o via satellite. Forse l’Europa e il Medio Oriente stanno emergendo come una sola Eurabia, ma si è ancora lungi dal chiarire quale lato del Mediterraneo stia facendo il lavoro migliore per imporre la propria opinione sull’altro. Al momento, sembra che il Maghreb stia diventando europeo.
Un cambiamento così profondo non può non avere implicazioni politiche. In un Paese con un tasso di fertilità da terzo mondo è abbastanza improbabile che le donne cercheranno o verrà loro concessa una qualche forma di educazione: è decisamente chiaro che il cammino della loro carriera sarà quello di madri. Nel frattempo gli adolescenti e i giovani proliferano e diventano un ampio bacino da utilizzare per eserciti e milizie, visto che la loro vita è particolarmente poco costosa (vedi lo Yemen e la Somalia, dove la fertilità è rispettivamente del 5 e del 6,4).
Ma proviamo a immaginare una società che potremmo chiamare più “europea”, nella quale gli uomini e le donne siano intensamente preoccupati per i loro nuclei familiari e abbiano investito il loro amore e la loro attenzione in uno o due figli soltanto. Come cittadini sempre più istruiti, essi saranno preparati a non accettare più la corruzione demagogica e sistematica che è stata praticata dai governi in quelle aree. Essi vedranno se stessi come membri responsabili di una società civile; con aspirazioni che domanderanno di essere riconosciute: sentiranno di voler una piena partecipazione democratica. Di qui, ecco le ribellioni, iniziate ad esempio in Tunisia, paese che ha un tasso di fertilità basso e profondi legami con la Francia.
Sembra che cambiamenti demografici così rapidi siano anche legati alla secolarizzazione, un aspetto potenzialmente molto significativo in Medio Oriente. Una forma di famiglia più piccola può essere il risultato di un declino delle ideologie religiose, ma può viceversa accadere che una fertilità declinante conduca a tale declino, come è avvenuto nell’Europa cristiana. Quando i bambini abbondavano, come negli anni Cinquanta, pressioni di una certa rilevanza tenevano le famiglie vicine alle istituzioni religiose, dal momento che esse cercavano un’educazione religiosa comune e riti religiosi comuni. Il prestigio della Chiesa cresceva notevolmente quando i preti si curavano di centinaia di bambini ogni anno per le cresime. Ma quando i bambini hanno iniziato a scarseggiare, a partire dagli anni Settanta, le chiese hanno iniziato a svuotarsi. Allo stesso tempo, le coppie che erano fortemente preoccupate della propria realizzazione personale e affettiva hanno incominciato a essere molto impazienti rispetto a ogni tentativo clericale di far rispettare le leggi morali. Le donne, in particolare, hanno iniziato a disaffezionarsi alle chiese.
Se un precedente da parte europea può fungere da modello, questo potrebbe servire come ipotesi per gli sviluppi religiosi nel Maghreb nei prossimi 10 o 20 anni. Una società così dipendente dalle donne nella scuola e nel mondo del lavoro come quella europea semplicemente non può sopportare quel tipo di ortodossie intransigenti offerte dagli islamisti in tema di famiglia. Gli estremisti non possono sparire nell’arco di una notte, ma dovranno adattare in maniera sostanziale al presente il loro messaggio in una società civile che possiede un potente senso per i valori democratici e l’uguaglianza tra uomo e donna.
La demografia non spiega tutta la questione, naturalmente, ma ha un ruolo importante in qualunque tentativo di comprendere le attuali rivoluzioni politiche in Medio Oriente.
(Traduzione dall'originale inglese di Lorenzo Fazzini)