I monasteri come faro sulla costa, approdo alle domande degli umani, di Emanuela Ghini (dalla rassegna stampa)
Riprendiamo per il progetto Portaparola, da Avvenire del 21/11/2008 un articolo scritto da sr. Emanuela Ghini, monaca carmelitana scalza del Carmelo di Savona.
La giornata dedicata alle comunità di clausura del mondo intero induce tutti, noi per prime, a riflettere sulla grazia di una vita che è dono per un servizio. Servizio di fede e nella fede, entro la grande Presenza che ci contiene. In essa il battezzato riconosce lo Spirito di Cristo volto al Padre per tutta l’umanità.
Nel nostro mondo affascinante ma dispersivo, dove mille richiami distraggono dalle radici che ci costituiscono, i monasteri possono rappresentare punti di riferimento per chiunque.
Paradossali, a volte ritenuti assurdi, nel loro tacito esistere possono essere richiamo, domanda, sfida. L’urgenza di una vita animata da tante sollecitazioni e spesso frenetica, che non dà spazio alla sosta, alla quiete, può avere dal silenzio monastico una discreta ma forte risposta.
Scandita dalla sola preghiera che zampilla dall’unica Parola che salva, la giornata monastica, nel suo ritmo intenso ma fondo e pacato, accoglie nel suo grembo le domande, le ansie, le angosce, i drammi di un’umanità tanto spesso tormentata e dolorante.
Ogni sorella ne è parte e la porta in sé ma la apre allo Spirito che fa nuove le cose, le rigenera nel Verbo fatto uomo per dare un senso agli enigmi della storia. Un senso salvifico, la redenzione dal limite umano, l’apertura al compimento, alla pienezza di umanità alla quale ciascuno, consapevolmente o meno, tende.
Donna dell’ascolto, la monaca vive nell’accoglienza della Parola che in Gesù è divenuta persona, amico, compagno di viaggio, fratello, sposo. Ma vive anche nell’ascolto delle voci di un’umanità inquieta che cerca risposte anche dove non pone domande, che anela al silenzio anche dove vive nel chiasso, alla sosta dove corre.
Donna dallo sguardo fisso, su Colui che amiamo pur senza averlo visto, la monaca vede in Lui ogni fratello-sorella in umanità soprattutto il più povero, piccolo, sofferente, piagato da una vicenda umana spesso lacerante.
Donna ritta come Maria sotto la croce dove Cristo è in agonia fino alla fine del mondo, insieme a questa umanità angosciata, la monaca, come ogni cristiano – ma nello stile particolare della sua vita appartata – accoglie per tutti la gioia ineffabile del Risorto.
Invito ad annunciare a tutti, con la intera esistenza, oltre la labile caducità di ogni parola, la bellezza della vita nuova che da Risorto, il vivente per sempre, irradia sul mondo e lo apre alla speranza.
La giornata dedicata alle comunità di clausura del mondo intero induce tutti, noi per prime, a riflettere sulla grazia di una vita che è dono per un servizio. Servizio di fede e nella fede, entro la grande Presenza che ci contiene. In essa il battezzato riconosce lo Spirito di Cristo volto al Padre per tutta l’umanità.
Nel nostro mondo affascinante ma dispersivo, dove mille richiami distraggono dalle radici che ci costituiscono, i monasteri possono rappresentare punti di riferimento per chiunque.
Paradossali, a volte ritenuti assurdi, nel loro tacito esistere possono essere richiamo, domanda, sfida. L’urgenza di una vita animata da tante sollecitazioni e spesso frenetica, che non dà spazio alla sosta, alla quiete, può avere dal silenzio monastico una discreta ma forte risposta.
Scandita dalla sola preghiera che zampilla dall’unica Parola che salva, la giornata monastica, nel suo ritmo intenso ma fondo e pacato, accoglie nel suo grembo le domande, le ansie, le angosce, i drammi di un’umanità tanto spesso tormentata e dolorante.
Ogni sorella ne è parte e la porta in sé ma la apre allo Spirito che fa nuove le cose, le rigenera nel Verbo fatto uomo per dare un senso agli enigmi della storia. Un senso salvifico, la redenzione dal limite umano, l’apertura al compimento, alla pienezza di umanità alla quale ciascuno, consapevolmente o meno, tende.
Donna dell’ascolto, la monaca vive nell’accoglienza della Parola che in Gesù è divenuta persona, amico, compagno di viaggio, fratello, sposo. Ma vive anche nell’ascolto delle voci di un’umanità inquieta che cerca risposte anche dove non pone domande, che anela al silenzio anche dove vive nel chiasso, alla sosta dove corre.
Donna dallo sguardo fisso, su Colui che amiamo pur senza averlo visto, la monaca vede in Lui ogni fratello-sorella in umanità soprattutto il più povero, piccolo, sofferente, piagato da una vicenda umana spesso lacerante.
Donna ritta come Maria sotto la croce dove Cristo è in agonia fino alla fine del mondo, insieme a questa umanità angosciata, la monaca, come ogni cristiano – ma nello stile particolare della sua vita appartata – accoglie per tutti la gioia ineffabile del Risorto.
Invito ad annunciare a tutti, con la intera esistenza, oltre la labile caducità di ogni parola, la bellezza della vita nuova che da Risorto, il vivente per sempre, irradia sul mondo e lo apre alla speranza.