I predecessori di Roberto Benigni: la supplica dei cittadini di Firenze perché si legga e si spieghi pubblicamente El Dante (la Divina Commedia) per essere istruiti nel libro di Dante, dal quale tanto nella fuga dei vizi quanto nell’acquisizione delle virtù quanto nella bella eloquenza possono anche i non grammatici essere informati (1373). Breve nota di Andrea Lonardo
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Per ulteriori approfondimenti su Dante, vedi la sezione Letteratura ed, in particolare:
- Dante a settecento anni dal viaggio della “Commedia”, del Card. Carlo Maria Martini
- Inferno e Paradiso. Roberto Benigni recita Dante
- Roberto Benigni. L'ultimo del Paradiso
- Paolo VI, “Il signore dell'altissimo canto”: Dante Alighieri
- Il cristianesimo di Dante, di Guido Sacchi
- Dante, o della memoria appassionata, della prof.ssa Lina Bolzoni
Il Centro culturale Gli scritti (29/5/2013)
1/ La pubblica richiesta perché sia spiegato Dante ai cittadini di Firenze nell'anno 1373
Venne scelto Boccaccio, nel 1373, per commentare pubblicamente la Divina Commedia - che allora veniva ancora chiamata El Dante -, in risposta alla pubblica richiesta che era giunta al Comune di Firenze in merito, richiesta che si è conservata nel Libro delle Provvisioni[1].
Così recita la richiesta del popolo fiorentino:
«A favore della maggior parte dei cittadini della città di Firenze che desiderano, tanto per se stessi quanto per altri cittadini che desiderano aspirare alle virtù, quanto anche per i loro posteri e discendenti, essere istruiti nel libro di Dante, dal quale tanto nella fuga dei vizi quanto nell’acquisizione delle virtù quanto nella bella eloquenza possono anche i non grammatici essere informati, con reverenza si supplica voi, signori Priori delle Arti e signor Vessillifero della Giustizia del Popolo e del Comune di Firenze, che vi preoccupiate di provvedere opportunamente e di fare solennemente approvare che voi, signori Priori delle Arti e Vessillifero della Giustizia, possiate scegliere un uomo valente e sapiente, bene dotto nella scienza di questo tipo di poesia, per il tempo che volete, non maggiore di un anno, perché legga il libro che volgarmente è chiamato El Dante, nella città di Firenze, per tutti coloro che vogliono ascoltare, per tutti i giorni non festivi e in un ciclo di lezioni continuo, come di solito avviene in simili affari; e con i modi, le forme, gli articoli e le clausole che a voi, signori Priori e Vessillifero, sembreranno opportune»[2].
È evidente che tutti sapevano che quel libro parlava della vita ed insegnava a vivere bene.
«Facto diligenti et secreto scruptineo», con 186 «fabas nigras pro Sic» nel Consiglio del capitano e del popolo, e 114 presso il Consiglio del podestà e del comune di Firenze – si votava allora con fagioli neri per esprimere il “sì” e bianchi per esprimere il “no”, nello stesso giorno la petizione venne approvata[3]. Ci furono anche 18 voti contrari, probabilmente di membri delle famiglie che Dante aveva criticato nella Commedia.
L’incarico venne assegnato a Giovanni Boccaccio che aveva allora sessant’anni: egli tutti i giorni non festivi (eccetto la lezione inaugurale che si svolse di domenica) a partire dal 23 ottobre, nella chiesa di Santo Stefano di Badia, lesse i primi diciassette canti dell’Inferno, fermandosi attorno alla sessantesima lezione per motivi di salute.
2/ Per la lettura di Dante oggi
Roberto Benigni[4] ha un giorno confessato di aver avuto l’idea di leggere i Canti di Dante ascoltando Franco Nembrini che lo commenta pubblicamente da anni cercando di presentare la Commedia non solamente in ambiente scolastico, ma a beneficio di ogni categoria di persone[5].
Nembrini è giustamente convinto che Dante parli al cuore di ogni uomo, poiché la Commedia racconta della vita stessa. Egli insegna che Dante non può essere compreso se non a partire dalla ricerca di infinito che ha nel cuore, quell’infinito che egli coglie vedendo Beatrice sorridergli per la prima volta. È la realtà cristiana dell’incarnazione. Dante scopre Dio non in se stesso, ma guardando il sorriso della sua Beatrice: quel sorriso straordinario che egli inseguirà per tutta la vita è espressione della bellezza del suo amore, ma è anche segno di una promessa di bene più grande.
Così scrive Dante nella Vita nova (XXI):
«Ogne dolcezza, ogne pensero umile
nasce nel core a chi parlar la sente,
ond'è laudato chi prima la vide.
Quel ch'ella par quando un poco sorride,
non si pò dicer né tenere a mente,
sì è novo miracolo e gentile».
Il “miracolo” di Beatrice costringe però Dante ad un lungo viaggio, perché essa muore. Come è possibile che proprio colei che è promessa di infinito, di felicità, di amore, segno di Dio stesso, sia poi tolta dalla vita del Poeta da Colui che l’aveva donata? Perché Beatrice deve morire?
Dante smetterà di scrivere per dieci anni, per ritrovare la forza di scrivere con la Divina Commedia nella quale Beatrice, ritrovata, lo accompagnerà nel suo viaggio. Così scrive Dante nella Vita nova (XLIII):
«Appresso questo sonetto, apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dire più di questa benedetta, infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso, sì com'ella sae veracemente. Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d'alcuna. E poi piaccia a colui che è sire de la cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria de la sua donna: cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente mira ne la faccia di colui qui est per omnia secula benedictus».
Per Dante esiste qualcosa/qualcuno (segno di infinito) visto il quale non è più possibile tornare indietro. Così scrive sempre nella Vita Nova (cap. XIV):
«Io tenni li piedi in quella parte de la vita di là da la quale non si puote ire più per intendimento di ritornare».
Alessandro D’Avenia così parafrasa quel testo[6]:
«Ho messo i piedi nella vita vera, quella che voglio, quella che mi aspetta, quella che mi fa tremare e gioire, ho capito che lì c’è tutto e non voglio più tornare indietro».
E domanda ai suoi allievi:
«Quando (in queste settimane, mesi, anni…) vi è sembrato di mettere i piedi in quella vita da cui non volete fare ritorno. Cosa guardate, cosa vi appassiona, cosa vi fa vibrare il cuore, cosa colpisce il vostro interesse, cosa mette in moto le vostre risorse…? Insomma per cosa vi sembra che la vita fluisca potente dentro di voi».
Ecco, questo è Dante.
Note al testo
[1] Così Giovanni Gaye, Carteggio inedito d’artisti dei secoli XIV. XV. XVI, Firenze, 1839, I, p. 525, lo data al 12 agosto 1373. Franco Nembrini è solito iniziare la sua presentazione di Dante Alighieri proprio da questo testo; cfr. i DVD El Dante. Letto da Franco Nembrini, Distribuzione Itacalibri.
[2] Questa la richiesta nell’originale latino in Gaetano Milanesi, Il commento di Giovanni Boccaccio sopra La Commedia, I. pp. i-ii, Editore Le Monnier, 1863: «Pro parte quam plurium civium civitatis Florentie desiderantium, tam pro se ipsis quam pro aliis civibus aspirare desiderantibus ad virtutes, quam etiam pro eorum posteris et descendentibus, instrui in libro Dantis, ex quo tam in fuga vitiorum quam in acquisitione virtutum quam in ornate eloquentie possunt etiam non gramatici informati, reverenter supplicatur vobis, dominis Prioribus Artium et Vexillifero Iustitie Populi et Comunis Florentie, quatenus dignemini opportune providere et facere solempniter reformari, quod vos, domini Priores Artium et Vexillifer Iustitie, possitis eligere unum valentem et sapientem virum, in huiusmodi poesie scientia bene doctum, pro eo tempore quo voletis, non maiore unius anni, ad legendum librum qui vulgariter appelatur El Dante, in civitate Florentie, omnibus audire volentibus, continuatis diebus non feriatis et per continuatas lectiones, ut in similibus fieri solet; et cum eo salario quo voletis non maiore centum florenorum auri pro anno predicto; et cum modis, formis, articulis et tenoribus de quibus vobis dominis Prioribus et Vexillifero videbitur convenire». Essa venne presentata il 9 agosto 1373, anche se Giovanni Gaye, Carteggio inedito d’artisti dei secoli XIV. XV. XVI, Firenze, 1839, I, p. 525, la data al 12 agosto 1373.
[3] Questo il testo che riferisce l’approvazione: «Super qua quidem petitione...dicti domini Priores et Vexellifer habita invicem et cuna cum officio gonfaloneriorum Sotietatumpopuli et cum officio Duodecim bonorum virorum Comunis Florentie deliberatione solempni, et demum inter ipsos omnes in sufficienti numero congregatos in palatio populi Florentie, premisso et facto diligenti et secreto scruptineo et obtento partito ad fabas nigras et albas per vigintiocto ex eis pro utilitate Comunis eiusdem...deliberaverunt die VIIII mensis augusti anno dominice Incarnationis MCCCLXXIII, indictione XI, quod dicta petitio et omnia et singula in ea contanta, admictantur,...et observentur,...secundum petitionis eiusdem continentiam ettenorem...
Item supradicto Preposito, modo et forma predictis proponente et partitum faciente inter dictos omnes consiliarios dicti consilii in ipso consilio presentes, quod cui placet et videtur suprascriptam quartam provisionem disponentem pro eligendo unum ad legendum librum Dantis, que sic incipit: “Pro parte quamplurium civium etc.”...admicti et observvari...et executioni mandari posse et debere,...det fabam nigram pro sic; et quod cui contrarium seu aliud videretur, det fabam pro non. Et ipsis fabis datis, recollectis, segregatis et numeratis... et ipsorum consilia riorum voluntatibus exquisitis ad fabas nigras et albas, ut moris est, repertum fuit CLXXXVI ex ipsis consilia riis repertis dedisse fabas nigras pro sic. Et sic secundum formam provisionis eiusdem obtentum, firmatum et reformatum fuit, non obstantibus reliquis XVIIII ex ipsis consiliariis repertis dedisse fabas albas in contrarium pro non». (Gaetano Milanesi, Il commento di Giovanni Boccaccio sopra La Commedia, I. p. ii, Editore Le Monnier, 1863).
[4] Sulla lettura dantesca di Benigni, cfr. Roberto Benigni, Tutto Dante al Teatro Tenda di Roma. Con riconoscenza (di A.L.); Inferno e Paradiso. Roberto Benigni recita Dante. Paolo e Francesca, Il canto di Ulisse, Il conte Ugolino, Il canto XXXIII del Paradiso; Roberto Benigni. L’ultimo del Paradiso. Lettura e commento del XXXIII canto del Paradiso.
[5] Cfr. F. Nembrini, Dante, poeta del desiderio, Itacalibri, Castel Bolognese, 2012; F. Nembrini, Alla ricerca dell’io perduto, Itacalibri, Castel Bolognese, 2008-2009, voll. 1-3; F. Nembrini, El Dante. Letto da Franco Nembrini, Cofanetto con 4 DVD, Itacalibri, Castel Bolognese, 2012.
[6] In Lettera ai miei alunni per il 2011, di Alessandro D’Avenia.