Ad ali spiegate sull’acqua. L’iconografia del battesimo di Cristo, dagli affreschi delle catacombe di San Callisto ai mosaici del V secolo, di Fabrizio Bisconti
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Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 13/1/2013 un articolo scritto da Fabrizio Bisconti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti sull'arte paleocristiana vedi le sezioni Roma e le sue basiliche e Arte e fede.
Il Centro culturale Gli scritti (26/5/2013)
Il battesimo del Cristo appare molto presto nell’arte cristiana ed anzi, a tutt’oggi, un affresco dell’area di Lucina del complesso callistiano con questo tema, datato ai primi decenni del III secolo, rappresenta la più antica espressione figurativa propriamente cristiana.
Di lì a qualche anno, la semplice scena che vede il Battista e il Cristo presso il Giordano quando la colomba dello Spirito sopraggiunge per connotare l’evento evangelico e per distinguerlo dal semplice battesimo dei neofiti, si diffonde nei cubicoli dei sacramenti, sempre nell’area callistiana, ma anche nei sarcofagi romani, sempre del secolo III, come in quelli della Lungara e di Santa Maria Antiqua.
In tutti questi casi, la scena viene associata a temi di intuitivo significato battesimale, con riguardo speciale per i prodigi del diluvio universale e dell’acqua che Mosè fa sgorgare per gli israeliti, secondo uno schema che verrà replicato con la rappresentazione del miraculum fontis, provocato da Pietro nel carcere mamertino.
Ma la scena si lega anche al dialogo del Cristo con la Samaritanaal pozzo o alla più semplice ma suggestiva figura del pescatore. Questo giro di esperienze figurative, tenute unite dal leitmotiv dell’elemento-acqua rimbalza anche negli edifici di culto e, in particolare, nella domus ecclesiae di Dura Europos sull’Eufrate, dove un elementare programma decorativo, riservato all’ambiente battesimale, oltre alle scene delle donne al sepolcro e dello scontro tra Davide e Golia, emerge un piccolo gruppo figurativo che associa la guarigione del paralitico di Bethesda e l’episodio di Pietro salvato dai flutti, mentre, nella lunetta di fondo il peccato dell’origine e la figura del buon pastore alludono direttamente al lavacrum dell’iniziazione.
Spostiamoci a Ravenna, nel complesso della cattedrale voluto nella città altoadriatica dal vescovo Ursus tra il IV e il V secolo: l’episcopio ursiano fu presumibilmente dotato subito di un battistero, poi rinnovato, secondo il Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis del protostorico d’Andrea Agnello (IX secolo) dal vescovo Neone (451-473). Al suo intervento vanno presumibilmente riferiti i mosaici che decorano la grande cupola costruita per mezzo di tubi fittili, che compongono una doppia fila di anelli concentrici e degradanti. Lo zenit della cupola è occupato da un medaglione che accoglie, su un fondo aureo, il battesimo del Cristo, attorniato da una fascia costellata dalla teoria dei dodici apostoli organizzati in un corteo solenne, mentre offrono le corone del trionfo con le mani velate.
In età teodoriana (493-526) presso la cattedrale ariana fu innalzato un battistero che, al tempo della riconquista bizantina, sarà di nuovo consacrato al culto ortodosso, secondo la stessa dinamica che interesserà la basilica palatina di Sant’Apollinare Nuovo. Il battistero degli Ariani appare più spoglio, in quanto privato dei marmi e di una porzione di mosaici, in parte recuperati durante gli scavi del secolo scorso. È rimasto intatto il decoro musivo della cupola, rappresentato da un clipeo centrale ancora con il battesimo del Cristo, attorniato dalla teoria dei dodici apostoli guidati da Pietro e Paolo che si dirigono ai lati del trono vuoto dell’Etimasia, scena che vuole sottolineare, da un lato, la sovranità del Cristo proiettata nella sua Resurrezione e, dall’altro, per paradosso, la fisicità di Gesù e della sua morte violenta, in perfetta coerenza con il pensiero ariano.