Se non della vita e della morte di cos’altro può parlare la Chiesa? di Davide Rondoni (dalla rassegna stampa)
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(da Avvenire del 17 luglio 2008)
A volte ci si ritrova come viandanti intorno a un bivacco. Perché la vita è un viaggio pieno di imprevisti. E ogni tanto ci si ritrova, venendo da strade diverse, a conversare. Sono i momenti come questo, quando tutti colpiti da una vicenda come quella di Eluana si sente la necessità di parlarne. E sempre stato così, intorno a bivacchi antichi, e anche nelle soste della più frenetica vita moderna. Che ha sì ritmi diversi, ma è pur sempre un viaggio.
Durante il quale accade che gli uomini si trovino davanti a speciali eventi, che richiamano i grandi temi della vita e della morte. Allora in quei bivacchi, in quei ritrovi si parla anche di questo. Si cessa per un po’ di parlare di soldi, di amori, si smette di chiacchierare e si discorre del senso della vita, e della morte. Ognuno dei viandanti lo fa a modo suo, venendo dalla sua strada.
Portando i pensieri della vita che lo ha condotto fin lì. E vista la difficoltà, la serietà, la grandiosità del tema, sono ben accolti i suggerimenti, le proposte, le domande di tutti. Si parla piano, in genere, davanti a certe cose immense. In genere chi alza la voce lo fa per nascondere un disagio, o una insicurezza travestita da intolleranza.
Anche nel bivacco che si è costituito in questa circostanza della vita pubblica italiana, sotto le vaste stelle di un problema delicato che riguarda il confine tra la vita e la morte, ci sono state molte voci, quasi tutte discrete, attente. In molti hanno preso parola. Naturalmente i protagonisti principali. Che attorno al silenzio di Eluana hanno provato sinceramente a interpretare cosa sia meglio fare. Con discrezione e passione. Ma qua e là si è sentito, nel grande ritrovo di viandanti intorno a questo tema straziante e centrale, anche lo strano vociare di chi pretende che la Chiesa taccia, che non parli, che solo lei – mentre parlano giornalisti, scrittori, cantanti – non si azzardi a dire la sua.
E proprio perché, dicono qua e là queste voci, quando si parla di vita e di morte, dei fatti più 'propri' della vita di un uomo e di ciascuno, la Chiesa secondo costoro dovrebbe tacere. E ascoltano o riportano infastiditi, ad esempio, le parole misurate e pensose del cardinale Bagnasco. È strana questa volontà di esclusione dal bivacco e dalla conversazione. Uno strano, serpeggiante segno di nervosismo. Forse perché la Chiesa – che non è solo la voce di un ecclesiastico (per quanto significativo) ma anche la vita, la fede, la speranza di milioni di persone – ha proprio da dire qualcosa su vita e morte quando molti altri si fermano in vaniloqui o retoriche cascanti.
Vorrebbero che lei tacesse, che non 'si intromettesse' là dove molti si intromettono, proprio perché la Chiesa, che non è un sacro palazzo, ma la vita di una trafila interminabile di gente, la fede e la carità di una folla di ignoti e di illustri e soprattutto di gente normale, insomma, forse proprio perché la vita della Chiesa ha scoperto, guardando Gesù, delle cose che illuminano meglio di altro, più ragionevolmente di altro, il mistero della morte, e il mistero della esistenza. E chi la vorrebbe allontanare dal bivacco degli uomini, dai tavoli dove si conversa della vita e della morte, lo fa forse per nascondere una voce scomoda, una voce che non si accontenta del sentimentalismo né del razionalismo. Una voce così umana, che richiama gli uomini a essere se stessi. A non trasformarsi nella propria maschera.
Davvero se mancasse quella voce introno al bivacco, al ritrovo sotto le stelle di fronte alle grandi questioni dell’esistenza, saremmo più liberi, più attenti e più tesi a camminare secondo la nostra eretta statura? Davvero, senza la voce che viene da quel vento di secoli e di fede e carità, di arte e di pensiero, saremmo più umili e attenti in questo difficile viaggio?