Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenze dal 1931 al 1961, non volle incontrare Hitler. Il cardinale "giusto" allo Yad Vashem. Salvò centinaia di ebrei dallo sterminio nazista. Nel ’38 Hitler arrivò in visita a Firenze con Mussolini e il cardinale disertò tutte le celebrazioni ufficiali, di Gian Guido Vecchi
Riprendiamo dal Corriere della sera del 26/11/2012 un articolo scritto da Gian Guido Vecchi. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi su questo stesso sito la mostra Voci dalla Shoah.
Il Centro culturale Gli scritti (20/12/2012)
Lo Yad Vashem di Gerusalemme ha riconosciuto un cardinale, Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenze dal 1931 al 1961, come «Giusto fra le nazioni» per aver salvato «centinaia» di ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti. Per capire il personaggio, quando nel ’38 Adolf Hitler arrivò in visita a Firenze con Mussolini, il cardinale non solo non si sognò neppure di incrociarlo da lontano, disertando le celebrazioni ufficiali, ma a mo’ di benvenuto al Führer fece chiudere le imposte e spegnere le luci del Palazzo arcivescovile: riferendosi alla svastica, spiegò che non poteva accettare si venerassero «altre croci che non quella di Cristo».
IL PRECEDENTE - Nel mondo sono stati riconosciuti 24 mila Giusti e, cercando nel database del memoriale della Shoah, l’unico precedente di Giusto che era cardinale quando salvò degli ebrei è quello di Pierre-Marie Gerlier, arcivescovo di Lione. Altri cardinali, Joseph Höffner, Jules-Géraud Saliège, e gli italiani Pietro Palazzini e Vincenzo Fagiolo, si sono meritati il riconoscimento per ciò che avevano fatto quand’erano semplici sacerdoti e ricevettero la porpora più tardi, dopo la guerra.
GINO BARTALI, LA «STAFFETTA» - Lo Yad Vashem ricorda la rete clandestina di salvataggio organizzata a Firenze dal cardinale Dalla Costa durante la seconda guerra mondiale. Un’organizzazione della quale faceva parte anche Gino Bartali, il fuoriclasse che in quegli anni faceva da staffetta tra Firenze e Assisi, dove una tipografia stampava documenti falsi che nascondeva nella canna della bicicletta. A questo punto, tra l’altro, il riconoscimento al cardinale «apre la strada a Bartali, che da tempo si attende venga riconosciuto come Giusto», spiega Guido Vitale, direttore del mensile Pagine ebraiche, che segue da tempo la vicenda.
L’ORGANIZZAZIONE - L’Osservatore Romano ricorda come dopo il rastrellamento nel ghetto di Roma, il 16 ottobre del ’43, e la deportazione di 1.021 ebrei nei campi di sterminio (tornarono in 17), il vice del capitano Theodor Dannecker, Alvin Eisenkolb, aveva organizzato altri due rastrellamenti a Firenze, il 6 e il 26 novembre del ’43. Fu allora che il cardinale Dalla Costa «incaricò il parroco di Varlungo, don Leto Casini, e il padre domenicano Cipriano Ricotti di coadiuvare il Comitato di assistenza ebraico (che agiva da terminale degli aiuti internazionali forniti dalla Delegazione per l’assistenza degli emigranti ebrei, la Delasem) per mettere al sicuro i profughi ebrei nei vari monasteri e istituti religiosi della diocesi». Dell’organizzazione, tra gli altri, facevano parte anche monsignor Giacomo Meneghello, Gino Bartali e, dalla parte ebraica, Raffaele Cantoni, Giuliano Treves e Matilde Cassin. A Firenze e dintorni, su ordine diretto dell’arcivescovo, si aprirono le porte di almeno ventun conventi e istituti religiosi, più varie le parrocchie, per nascondere centinaia di ebrei braccati dai nazisti.