Libertà religiosa. Islam, «cambiare religione è reato in 20 Paesi»
Riprendiamo un articolo da Avvenire del 28/11/2012. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti sulla libertà religiosa, vedi su questo stesso sito la sezione Cristianesimo, ecumenismo e religioni.
Il Centro culturale Gli scritti (20/12/2012)
Nelle foto due pannelli che ricordano come l'ingresso alla città
della Mecca sia interdetto agli infedeli e punito con la morte.
Sono almeno venti i Paesi che considerano un reato la conversione dall’islam a un’altra religione, e che arrivano a punire anche con la pena di morte. Lo dice una ricerca appena pubblicata dal centro di ricerca americano Pew Forum, e divulgata in Italia dall'Osservatorio della libertà religiosa promosso dal ministero degli Esteri e diretto dal sociologo Massimo Introvigne.
I Paesi in questione sono Egitto, Iraq, Giordania, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Sudan, Siria, Emirati Arabi Uniti, Yemen, Afghanistan, Iran, Malaysia, Maldive, Pakistan, Isole Comore, Mauritania, Nigeria (per la parte del Paese a maggioranza islamica), Somalia . «La ricerca – afferma Introvigne – ha punti di forza e di debolezza. È tipicamente americana, nel senso che critica anche trentadue Paesi che hanno norme, alcune delle quali comportano sanzioni solo amministrative, contro la blasfemia o la bestemmia, Italia compresa, e ottantasette Paesi che puniscono la diffamazione della religione. Finiscono così nel mirino dell’istituto di ricerca americano anche Paesi dove la libertà religiosa è pienamente garantita, ma che hanno un tradizionale divieto della bestemmia e dell’offesa a intere comunità che è estraneo al diritto statunitense, il quale insiste sulla libertà di espressione più assoluta».
«Bisogna distinguere – spiega Introvigne – fra le leggi sulla blasfemia che puniscono, fino alla pena di morte, qualunque critica alla religione dominante, come avviene in Pakistan o in Somalia, e la semplice sanzione, nella maggior parte dei casi abbastanza blanda, delle vere e proprie bestemmie». «La ricerca del Pew comunque ha ragione, e conferma i nostri dati, quando attira l’attenzione sul fatto che in molti Paesi la libertà di religione è intesa al massimo come libertà di culto – quando anche questa non è negata –: libertà di dire Messa nelle chiese, ma non libertà di cambiare religione e convertirsi, anzi chi si converte commette un reato. Questa non è vera libertà religiosa».