Si rottamano i nonni e anch’io mi sento poco bene. La scienza ci allunga la vita oltre 80 anni, i giovani ci considerano vecchi a sessanta, di Giacomo Poretti
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Riprendiamo da La stampa del 21/10/2012 un articolo scritto da Giacomo Poretti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (11/11/2012)
Non mi sento tanto bene in questo periodo, percepisco un vago malessere generalizzato. E non credo dipenda dai cambiamenti stagionali che inevitabilmente si portano appresso riniti, faringiti e reflussi esofagei, che, per inciso, sono la sindrome del decennio. Tutti in società ce l’hanno: se non hai un minimo di acidità di stomaco, non hai argomenti di conversazione, non puoi entrare nei consigli di amministrazione, e non potresti presentarti alle primarie.
I nemici giurati della medicina allopatica sostengono che, quando un medico è in difficoltà nel formulare una diagnosi, prescrive un antiacido o un inibitore della pompa protonica. Ogni epoca storica ha avuto la sua sindrome misteriosa: gli Anni 60 hanno conosciuto il linfatismo, gli Anni 80 la labirintite e nel 2000 la sindrome da reflusso esofageo. Forse avrò anche un pochino di reflusso, ma non è quella l’origine del male; più che un medico, forse avrei bisogno di uno psicologo, che mi spiegasse questa insinuante inquietudine che provo quando - lo confesso - sento la parola rottamazione.
Chissà perché, ma percepisco che tra un po’ mi riguarderà; eh sì, perché, se sei nei dintorni dei 60 anni, sappi che sei lì lì per essere accantonato, defenestrato, sostituito, rottamato; puoi farti da parte da solo o, se preferisci, tu 60enne continua pure ad ostinarti e noi ti facciamo una legge apposita che dopo un tot (l’unità di misura del Tot è indefinita ma sostanzialmente è la brevità) devi rottamarti per legge.
Oddio! Se mai passasse in Parlamento una legge che, dopo quattro film te ne devi andare in pensione, io con i miei soci avremmo smesso di lavorare 10 anni fa! Non oso pensare un’estensione della legge sul numero di spot pubblicitari realizzati: in questo caso rischieremmo la galera.
Hanno fatto tanto la scienza, la medicina, la biologia per prolungarci la vita e spingerla fino ad una media, 84 anni, che neanche Noè se la immaginava, ed ora, quando uno ha compiuto i 60, è da buttare nel camino.
Che farò tra quattro anni? Ecco il motivo della mia inquietudine, altro che reflusso! Se il buon Dio lo vorrà e mi farà arrivare sino alla media nazionale, a partire dall’aprile 2016, mi rimarranno 24 anni, in cui potrò sostare incuriosito tra scavi e cantieri in costruzione, vigilare gli incroci delle strade e fermare le auto per far passare scolaresche di bambini, o a vagare tra case di riposo, su carrozzine, trepiedi e bastoni: quasi immortali, ma totalmente insopportabili.
La dinamica tra le generazioni è sempre stata aspra e nessun anziano ha mai lasciato il proprio ruolo con assoluta felicità. Il nonno di un mio amico, quando è andato in pensione dalla fabbrica metalmeccanica dove ha lavorato per 50 anni, per due mesi ha parlato solo con una bottiglia di vino; poi si è fatto una ragione e, finché è stato in vita, ha continuato ad occuparsi di rubinetti che perdevano, lavatrici che non funzionavano, abat-jour che non funzionavano, sempre con la sua fida cassetta zeppa di chiavi a brugola e cacciaviti a stella: perché tutti nel cortile dove abitava, se non c’era il nonno Giulio, sai quante lavatrici avrebbero dovuto cambiare!
Sarà che prima non c’era Internet e. quando avevi un dubbio, o volevi sapere qualche cosa di importante. ti rivolgevi al nonno Giulio e a tutti gli altri nonni: se volevi sapere quando seminare la lattuga, chiedevi al nonno: adesso digiti «leverduredelmiorto.it»; se vuoi sapere come sarà il tempo atmosferico, «3Bmeteo» si sbilancia al massimo fino a cinque giorni.
Il nonno, invece, era in grado di predirti, in base al comportamento dei moschini in estate, e con minor coefficiente di errore, come sarebbe stato tutto l’inverno; taluni si spingevano sino a consigliarti come vestirsi a Pasqua. I nonni sapevano che taglio di carne chiedere al macellaio, perché sapevano la differenza tra filetto e biancostato; i nonni non avrebbero mai comprato i mandarini in luglio; i nonni, anche quelli che non avevano studiato, non avrebbero mai investito in «Cds» («Credit default swap»), ti avrebbero consigliato di comprare una casa. E, se per caso la banca ti offriva il 98% del mutuo, ti avrebbe suggerito di non fidarsi di chi si mostra esageratamente generoso e che i soldi te li avrebbe prestati lui.
Una volta, se si litigava con un parente, chiedevi al nonno cosa fare per riappacificarti; se bucavi la ruota della bicicletta, il nonno aveva il mastice per ripararla; se ti innamoravi, mostravi al nonno la tua morosa e, se ti strizzava l’occhio, capivi che quella biondina andava bene per te.
Senza il consenso e il parere del nonno era difficile fare qualche cosa di importante e, tranne qualche eccezione, il nonno trovava la sua ragione d’essere nell’accompagnare il figlio e soprattutto nel riversare sul nipote tutto lo scrigno del suo sapere, e i figli e i nipoti sapevano che ci sarebbe stato il loro spazio.
Il mondo è cambiato e ora i nonni li abbiamo messi davanti alla tv e, se per caso abbiamo bisogno di aiuto, chiediamo a Wikipedia: è una specie di nonno saccente, che sa fastidiosamente tutto di tutto, è veloce nelle risposte e soprattutto, quando gli hai chiesto «come agisce un inibitore della pompa protonica», non sei costretto a sorbirti l’ennesimo racconto di quando il nonno si lavava in un mastello; Wikipedia sa un sacco di cose: quando si semina la lattuga, cosa sono i «Cds», quando maturano i mandarini, ma Wikipedia non dà consigli.
Non deve essere facile per il vorace impeto giovanile che anela di prendersi il mondo, conquistarlo, e finalmente manovrarlo, non deve essere facile comprendere quanto sia difficile per un anziano lasciare il proprio lavoro a cui ci si è dedicati per tutta la vita, o sentir venir meno l’autorevolezza di un padre verso un figlio che si è fatto uomo, o rendersi conto che non puoi più sollevare la propria moglie in un abbraccio come a 20 anni, o insieme al caffè, fare colazione con un set di compresse colorate più numerose dei biscotti.
Forse non dovrei preoccuparmi tanto, perché, probabilmente, queste aspre contese di questi tempi riguardano solo la politica e, forse, sono soltanto clamori che hanno lo scopo di assicurarsi la stanza del potere. E invece io mi preoccupo ancora di più, perché la politica è lo specchio fedele di quel che è il suo corpo elettorale: padri che si comportano come adolescenti, figli che non sanno che significa essere padre.
O forse è solo la brutale necessità che il cambiamento porta con sé. Forse è per questo che la sindrome della nostra epoca è il reflusso: un processo digestivo che fatica a compiersi, che ritorna continuamente indietro, che si oppone, che brucia.
Così come negli Anni 80 si soffriva di labirintite: di vago sbandamento, di paura di svenire, di non riuscire a stare in piedi, di non riuscire più ad andare diritti verso dove si vorrebbe andare. E per finire il linfatismo degli Anni 60: quell’incerta astenia che stava per sopraggiungere e sarebbe arrivata fin dentro alla nostra acidità di stomaco. Io le ho avute tutte e tre, quelle sindromi: come vorrei chiedere a mio nonno che pastiglia prendere!