L'Assunzione di Maria. 1/ Verdon: nell’arte la perfezione umana di Maria: un'intervista di Andrea Fagioli 2/ Rupnik «Icone e fede, lezione dall’Oriente»: un'intervista di Enrico Lenzi
Riprendiamo da Avvenire del 15/8/2012 due interviste a Timothy Verdon ed a Marco Ivan Rupnik. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (17/9/2012)
1/ Verdon: nell’arte la perfezione umana di Maria: un'intervista di Andrea Fagioli
Anche l’iconografia sacra fu posta a sostegno del dogma dell’Assunzione. Pio XII, nel 1950, la considerò al pari delle fonti tradizionali, alla stregua degli scritti dei Padri e dei Dottori della Chiesa. Un’attribuzione d’importanza ribadita ed elaborata nei decenni successivi da Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Ma in che modo l’arte della Chiesa illustra la millenaria fede dei cristiani nell’Assunzione al cielo della Vergine Maria? Lo abbiamo chiesto a monsignor Timothy Verdon, responsabile dell’Ufficio diocesano fiorentino per la catechesi attraverso l’arte e direttore del Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore.
«Innanzitutto bisogna precisare – spiega Verdon – che la fine della vita di Maria, come del resto l’inizio, non appartiene alle Scritture ma alla tradizione. Testi apocrifi d’origine cristiano-giudaica, risalenti al II secolo e diffusi entro il V-VI secolo, descrivono il suo 'addormentarsi' definitivo, la Dormitio Virginis, introducendo l’evento con visioni e visite premonitrici da parte di angeli e di Cristo stesso. Alcune di queste scene vengono anche rappresentate dagli artisti, ma assai raramente. Al momento supremo, poi, tornano gli Apostoli dalle terre lontane in cui erano impegnati nella predicazione, si ricompone l’originale nucleo pentecostale e Maria è di nuovo circondata dai più stretti collaboratori di suo Figlio. Nell’arte medievale viene raffigurato qualche volta anche Cristo, che prende tra le braccia l’anima di sua madre, presentata come una bambina, così creando una sorta di 'Madonna col bambino' rovesciata, dove il Figlio grande stringe a sé la mamma piccola, non viceversa».
Normalmente la «Dormizione» non veniva raffigurata senza un’indicazione chiara di ciò che viene dopo. Al proposito monsignor Verdon cita la monumentale vetrata di Duccio di Boninsegna, nel Duomo di Siena, dove sono raffigurate la Dormizione, l’Assunzione e l’Incoronazione.
«Con l’Assunzione e poi l’Incoronazione, il racconto della vita di Maria conclude, o meglio, viene trasferito ad un’altra dimensione. Questi momenti distinti – a giudizio del noto storico dell’arte – rappresentano in verità due fasi dell’unico processo di elevazione: l’equivalente, nella vicenda della madre, della Risurrezione del Figlio seguita dalla sua Ascensione alla destra del Padre».
L’evento fondamentale resta, dunque, l’assunzione corporea della Vergine, che, come accennato, fa parte del comune sentire della Chiesa sin dai primi secoli.
«Lo testimonia – dice ancora Verdon – un racconto apocrifo, il Transitus Mariae, conservato in più versioni medievali, ma d’origine antica, che descrive come 'gli Apostoli deposero il corpo di Maria nella tomba, piangendo e cantando pieni di amore e di dolcezza. Poi un’improvvisa luce celeste li circondò e caddero a terra, mentre il corpo santo fu assunto in cielo dagli angeli'. Nell’iconografia, l’evento visionario, almeno nel Medioevo, viene spesso suggerito dal clipeus, il cerchio simboleggiante il cielo, che più tardi diventerà una raggiera o fulgore luminoso. Mentre la normale posa di Maria mentre viene assunta, con le mani alzate verso il cielo, allude alla preghiera, al Magnificat, se vogliamo».
Il fatto dell’assunzione corporea di Maria assumeva particolare importanza nel contesto eucaristico e a questo proposito Verdon cita l’Assunzione lignea scolpita da Tilman Riemanschneider per l’altar maggiore della chiesa di Creglingen, in Germania:
«L’ostia consacrata ed innalzata sta appena sotto la figura di Maria, e così il corpo di Cristo realmente presente nel Sacramento diventa l’essenziale chiave di lettura dell’immagine, che invita i fedeli a vedere colei da cui il Verbo ha preso un corpo elevata nel suo corpo dalla terra al cielo. Chi partecipa alla liturgia davanti a questo altare capisce la fedeltà di Dio, il quale, avendo creato l’uomo con un corpo, l’ha anche salvato nel corpo e infine vuole tutto l’uomo, anima e corpo, con sé in cielo. O, in termini meno astratti, si capisce l’amore del Dio che, nato da Maria, non vuole essere separato dalla persona che l’ha dato alla luce, nutrito e amato».
Ma in termini di devozione popolare, anche nel nostro Paese, cos’è stato contemplato in Maria?
«In questa donna – risponde Verdon – gli italiani hanno contemplato la perfezione della natura umana, la bellezza della nostra condizione quand’è trasformata dalla grazia e riportata all’innocenza primordiale. Valori quali la misericordia, il soccorso, l’attentato e materna protezione dei singoli, delle comunità e di intere popolazioni hanno trovato in Maria una figura esemplare. Non c’è regione d’Italia che non sia costellata di Santuari mariani».
2/ Rupnik «Icone e fede, lezione dall’Oriente», di Enrico Lenzi
L’immagine di Maria «non può essere messa, secondo la tradizione ortodossa, allo stesso livello di qualsiasi altra donna». E per questo l’iconografia sacra ortodossa dedica grande attenzione alla sua figura. Padre Marko Ivan Rupnik, gesuita, direttore del Centro di studi e ricerche «Ezio Aletti» presso il Pontificio Istituto Orientale, è uno dei massimi esperti nel settore.
Quanto è presente la figura di Maria nell’iconografia ortodossa?
La figura di Maria nell’iconografia delle Chiese ortodosse cerca sempre di rispettare il dogma fondamentale che la riguarda, cioè che lei è Vergine e Madre di Dio. In questo senso non può essere messa allo stesso livello di qualsiasi altra donna, eppure deve trasmettere tutta la forza della femminilità e della maternità portate a compimento a causa della vocazione alla quale Dio l’ha chiamata. L’icona della Madre di Dio testimonia sempre l’umanità vista da Dio. In un certo senso possiamo dire che Maria rimane sempre, tanto più nell’icona della dormizione, l’immagine del compimento della visione antropologica cristiana.
Gli ortodossi non parlano dell’Assunzione in cielo di Maria, ma della sua «dormizione ». Come è trattato questo argomento nell’iconografia ortodossa?
Nell’icona della Dormizione gli Apostoli non guardano verso l’alto, dove potrebbero vedere Maria assunta tra le nuvole del cielo, ma guardano in giù, verso la Madre di Dio dormiente sul letto di morte. E, invece di compiere il rito delle lamentazioni, rimangono stupefatti e meravigliati. L’immagine non presenta quindi un movimento di ascensione, ma di discesa nella figura centrale di Cristo glorioso che viene in mezzo agli angeli, che accoglie tra le sue braccia Maria dandole la vita eterna.
Approccio ben diverso dal dogma cattolico dell’Assunzione.
L’iconografia bizantina vuole così sottolineare che non è possibile nessun passaggio, nessuna assunzione in cielo, se non per mezzo di Cristo e con Cristo. Cristo è l’Unico con il quale noi possiamo salire in cielo ed essere presentati al Padre.
Questa icona è spesso connessa all’icona della Discesa agli inferi e dell’Ascensione per sottolineare l’unità del mistero pasquale.
Per Cristo questo mistero si compie anche in un tempo ravvicinato, mentre qui si sottolinea che l’anima di Maria non scende negli inferi, ma viene immediatamente accolta e assunta da Cristo. E avviene una specie di scambio, come se Cristo dicesse alla Madre: 'Siccome tu mi hai dato la vita nel corpo, io ti do la vita eterna'.
L’iconografia sacra ha un posto importante nella trasmissione della fede. Per secoli è stato il «libro» dal quale attingere la tradizione. Quale ruolo ha nelle Chiese ortodosse
L’iconografia non è una decorazione, ma una dimensione essenziale dell’architettura sacra, come anche della liturgia e della teologia. Siccome il cristianesimo si è inculturato in una cultura con una forte accentuazione del pensiero, della filosofia, i cristiani avvertivano l’urgenza di sviluppare l’arte, cioè i colori, le immagini, per evitare che la fede venisse intesa prevalentemente come una teoria.
Un modo per rendere reale la fede?
Il pensiero diventa facilmente idolatrico e astratto, perciò l’immagine doveva avere una dimensione così spirituale ed essere così imbevuta di vita da impedire che diventasse idolatria, o semplicemente una nostra elaborazione. Perciò l’iconografia non è una illustrazione della fede, ma è molto di più: non deve rappresentare qualcosa, ma deve rivelare Qualcuno. Artisticamente l’iconografia affronta l’immagine in modo tale che si vede la realtà umana, creaturale, imperfetta, che invocando Dio e aprendosi all’azione dello Spirito Santo accoglie l’opera della salvezza, dell’amore di Dio. L’arte liturgica coglie questa relazione tra l’uomo che si apre a Dio e Dio che entra ed agisce, perciò contiene la presenza del mistero della salvezza, la presenza di Dio. Quest’arte non deve suscita ammirazione, ma venerazione e devozione.