La Pietà di Michelangelo ed il suo restauro nella teoria di Cesare Brandi (di A.L.)
L’8 aprile si sono chiuse le celebrazioni del centenario della nascita di Cesare Brandi (1906-1988), autore de La teoria del restauro, edita nel 1963, testo cardine del restauro moderno che sceglie di rispettare assolutamente l’antico, senza pretendere di ricostruirlo con il rischio che ciò che è originale e ciò che è ricostituito non siano più distinguibili.
Antonio Paolucci, nel presentare il convegno su L’osservatore romano del 7-8 aprile 2008, nell’articolo che titolava Si concludono in Vaticano le celebrazioni per il centenario della nascita di Cesare Brandi. Un idealista pragmatico che ha fatto scuola, indica come anche nelle eccezioni volute dallo stesso maestro alla sua teoria, sempre l’opera d’arte debba essere colei che è “signora”. Di seguito riportiamo il passaggio dell’articolo del Paolucci relativo al restauro della Pietà di Michelangelo.
Quando nel 1972 un pazzo sfregiò la Pietà di Michelangelo in San Pietro, Cesare Brandi vigilò sul restauro di quel capolavoro sublime con dedizione totale, con una specie di passione amorosa. Disposto anche a rettificare, in quella occasione, uno dei punti fondanti della sua Teoria. Come è noto, la ricomposizione delle lesioni nel volto della Vergine richiese la messa in opera di piccole protesi tratte dal calco in gesso. Tale operazione di raffinata microchirurgia specialistica è invisibile a occhio nudo. "Questo - scrisse Brandi - non è nelle buone regole del restauro e tuttavia il fatto di poter restituire il levigato e lunare pallore di quella testa inobliabile ha un peso che non si può trascurare". Ecco un meraviglioso esempio di "idealismo pragmatico", l'ossimoro che ha ispirato la teoria di Brandi. Da una parte la percezione del restauro come "atto critico", dall'altra la flessibile "opportunistica" e coltissima attenzione alla vita e alla storia dell'opera d'arte nella sua realtà materica, nella sua vicenda temporale, nelle sue relazioni con il contesto. Il "lunare pallore" del volto della Vergine, quel marmo che "trasfigura in luce rappresa, come sorgendo dall'alone di un tramonto" fanno l'individualità di quella specifica opera d'arte e a quella deve piegarsi la teoria. Come il sabato è per l'uomo e non viceversa, così il metodo e la scienza sono al servizio dell'opera d'arte che è e deve rimanere 'domina' incontrastata. Così ragionava Cesare Brandi e per questo insegnamento tutti noi gli dobbiamo gratitudine.
Antonio Paolucci, nel presentare il convegno su L’osservatore romano del 7-8 aprile 2008, nell’articolo che titolava Si concludono in Vaticano le celebrazioni per il centenario della nascita di Cesare Brandi. Un idealista pragmatico che ha fatto scuola, indica come anche nelle eccezioni volute dallo stesso maestro alla sua teoria, sempre l’opera d’arte debba essere colei che è “signora”. Di seguito riportiamo il passaggio dell’articolo del Paolucci relativo al restauro della Pietà di Michelangelo.
Quando nel 1972 un pazzo sfregiò la Pietà di Michelangelo in San Pietro, Cesare Brandi vigilò sul restauro di quel capolavoro sublime con dedizione totale, con una specie di passione amorosa. Disposto anche a rettificare, in quella occasione, uno dei punti fondanti della sua Teoria. Come è noto, la ricomposizione delle lesioni nel volto della Vergine richiese la messa in opera di piccole protesi tratte dal calco in gesso. Tale operazione di raffinata microchirurgia specialistica è invisibile a occhio nudo. "Questo - scrisse Brandi - non è nelle buone regole del restauro e tuttavia il fatto di poter restituire il levigato e lunare pallore di quella testa inobliabile ha un peso che non si può trascurare". Ecco un meraviglioso esempio di "idealismo pragmatico", l'ossimoro che ha ispirato la teoria di Brandi. Da una parte la percezione del restauro come "atto critico", dall'altra la flessibile "opportunistica" e coltissima attenzione alla vita e alla storia dell'opera d'arte nella sua realtà materica, nella sua vicenda temporale, nelle sue relazioni con il contesto. Il "lunare pallore" del volto della Vergine, quel marmo che "trasfigura in luce rappresa, come sorgendo dall'alone di un tramonto" fanno l'individualità di quella specifica opera d'arte e a quella deve piegarsi la teoria. Come il sabato è per l'uomo e non viceversa, così il metodo e la scienza sono al servizio dell'opera d'arte che è e deve rimanere 'domina' incontrastata. Così ragionava Cesare Brandi e per questo insegnamento tutti noi gli dobbiamo gratitudine.